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Didone

Didone, o Elissa. Regina fenicia, fondatrice di Cartagine (c. 840-760 a.C.). La sua figura appartiene alla mitologia romana.

Table of contents
1 Biografia
2 Culto di Tanit
3 Significato anti-italiano
4 Principali fonti classiche
5 Bibliografia scelta
6 Vedi anche
7 Risorse web

Biografia

Primogenita di Belo, re di Tiro, era sposa Sicharbas (Sicheo o Sychaeus in Virgilio).
La sua successione al trono fu contrastata dal fratello, Pigmalione, che ne uccise il marito e si insediò sul trono, imponendo la propria tirannia. Probabilmente con lo scopo di evitare la guerra civile, Didone lasciò Tiro con un largo seguito e cominciò una lunga peregrinazione, le cui tappe principali furono Cipro e Malta. Approdata infine sulle coste libiche, intorno all'814 AC, Didone ottenne da re Iarba, il permesso di stabilirvisi, prendendo tanto terreno <>. Didone scelse una penisola, taglio la pelle di bue in tante striscioline e le mise in fila, in modo da delimitare quello che sarebbe stato il futuro territorio della città di Cartagine.

Durante la propria vedovanza, Didone venne insistentemente richiesta da re e principi locali; tuttavia ella sposò in seconde nozze un fedele seguace di Tiro, probabilmente di nome Barca. Dopo un lungo e prospero regno, Didone favorì il passaggio ad una forma repubblicana, e venne divinizzata dal proprio popolo con il nome di Tanit e quale ipostasi della Grande dea Astarte (la Giunone romana).

Il massimo scrittore latino, Virgilio, introdusse la sua figura all'interno della cultura "occidentale", attraverso il proprio sistema della "doppia scrittura" (il primo superficiale livello di scrittura era destinato al pubblico nazionale ed alle esigenze della propaganda augustea, mentre il secondo livello, quello più profondo e nascosto, riflette l'autentico punto di vista dell'Autore e la sua ricostruzione storica).

Culto di Tanit

Il culto di Tanit sopravvisse alla distruzione di Cartagine e fu introdotto nella stessa Roma dall'Imperatore Settimio Severo. Esso si estinse definitivamente con le invasioni barbariche. Annibale Barca fu probabilmente un diretto discendente di Didone, ed anche la Regina Zenobia di Palmira, 1.000 anni più tardi, si proclamò discendente ed erede politico di Didone.

Significato anti-italiano

Didone fu tradizionalmente considerata il nemico "numero uno" di Roma, nonostante Roma non esistesse ancora ai suoi tempi. In Italia, durante il Regime fascista, la sua figura venne demonizzata, poiché ella rappresentava congiuntamente almeno tre "spiacevoli" qualità: virtù femminile, etnia semita, e civiltà africana. Il suo nome e la sua memoria erano molto temuti. Quale innocua esemplificazione, possiamo ricordare che quando il Regime di Mussolini denominò le strade dei nuovi quartieri di Roma con i personaggi dell'Eneide di Virgilio, il nome di Didone fu il solo mancante. Quale tragica compensazione (ed in modo tristemente curioso), la Regia Marina Britannica, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, impiegò incrociatori di "classe Didone" contro obiettivi italiani. I devastanti risultati sembrarono giustificare i timori di Mussolini.

Principali fonti classiche

(secondo la dottrina della "doppia scrittura" di Maleuvre/Schmitz, dove richiesto)
  • Publius Vergilius Maro, Aeneis;
  • Publius Ovidius Naso, Epistulae heroidum, Metamorphoseon libri, Fasti;
  • Silius Italicus, Punica;
  • Trebellius Pollio (et alii), Historia Augusta.

Bibliografia scelta

  • H. Akbar Khan, "Doctissima Dido": Etymology, Hospitality and the Construction of a Civilized Identity, 2002;
  • E.B. Atwood, Two Alterations of Virgil in Chaucer’s Dido, 1938;
  • P. Bono/M.V. Tessitore, Il mito di Didone, 1998;
  • R.S. Conway, The Place of Dido in History, 1920;
  • F. Della Corte, La Iuno-Astarte virgiliana, 1983;
  • G. De Sanctis, Storia dei Romani, 1916;
  • M. Fantar, Carthage, la prestigieuse cité d’Elissa, 1970;
  • L. Foucher, Les Phéniciens à Carthage ou la geste d’Elissa, 1978;
  • M. Gras/P. Rouillard/J. Teixidor, L’univers phénicien, 1995;
  • H.D. Gray, Did Shakespeare write a tragedy of Dido?, 1920;
  • G. Herm, Die Phönizier, 1974;
  • R.C. Ketterer, The perils of Dido: sorcery and melodrama in Vergil’s Aeneid IV and Purcell’s Dido and Aeneas, 1992;
  • R.H. Klausen, Aeneas und die Penaten, 1839;
  • G. Kowalski, De Didone graeca et latina, 1929;
  • F.N. Lees, Dido Queen of Carthage and The Tempest, 1964;
  • J.-Y. Maleuvre, Contre-Enquête sur la mort de Didon, 2003;
  • J.-Y. Maleuvre, La mort de Virgile d’après Horace et Ovide, 1993;
  • L. Mangiacapre, Didone non è morta, 1990;
  • P.E. McLane, The Death of a Queen: Spencer’s Dido as Elizabeth, 1954;
  • O. Meltzer, Geschichte der Karthager, 1879;
  • A. Michel, Virgile et la politique impériale: un courtisan ou un philosophe?, 1971;
  • S. Moscati, Chi furono i Fenici. Identità storica e culturale di un popolo protagonista dell’antico mondo mediterraneo, 1992;
  • R. Neuse, Book VI as Conclusion to The Faerie Queene, 1968;
  • A. Parry, The Two Voices of Virgil’s Aeneid, 1963;
  • G.K. Paster, Montaigne, Dido and The Tempest: "How Came That Widow In?", 1984;
  • B. Schmitz, Ovide, In Ibin: un oiseau impérial, 2003;
  • E. Stampini, Alcune osservazioni sulla leggenda di Enea e Didone nella letteratura romana, 1893.

Vedi anche

Risorse web


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