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Guido Gozzano

Guido Gustavo Gozzano (19 dicembre 1883, Torino - 9 agosto 1916, Torino), poeta italiano.

Gozzano si iscrisse nel 1904 alla facoltà di giurisprudenza, preferendo, però, ai corsi dei giuristi quelli storico-letterari di Arturo Graf. Entrato in contatto con vari scrittori, si distinse presto in società per l'eleganza della persona e la raffinatezza dei versi che cominciava a pubblicare su giornali e riviste. La sua vita si svolgeva fra Torino e Agli Canavese, nella villa Al Meleto, dove sua madre organizzava recite cui egli partecipava. Nel 1906, lo scrittore scrisse i componimenti di La via del rifugio, opera che dopo un attentissimo lavoro di limatura fu pubblicata con successo nel 1907. Le Lettere, pubblicate postume sono testimonianza dell'amore per la poetessa Amalia Guglielminetti. Dopo aver rinunciato a proseguire gli studi giuridici, nel 1909, anno di enorme felicità creativa, raccolse il corpo di poesie che compongono I colloqui (1911), dove contenuto il suo componimento pi celebre, La signorina Felicita, e diede inizio al poemetto Le farfalle.

Gozzano continuò a scrivere e a pubblicare in rivista poesie e prose e a lavorare alle Epistole entomologiche, frutto di un'osservazione sistematica dell'evoluzione dei bruchi da lui allevati, ma in realtà materiale poetico quanto le incompiute “Farfalle” in cui esse dovevano confluire. Il suo stato di salute, minato dalla tisi, si fece preoccupante, effimero fu il beneficio ricavato da una lunga crociera in India (1912-1913), su cui al ritorno scrisse alcuni articoli raccolti postumi nel volume Verso la cuna del mondo. Gozzano totalmente estraneo a ogni posa letteraria: un distacco ironico e il rigore con cui svolge i suoi delicati ricami "di sillabe e di rime" governano sempre la sua malinconia e il suo sentimento della morte.

Gli esordi di Gozzano sono dannunziani, ma ben presto trova toni e forme originali, nei versi di Gozzano si trovano tutte le situazioni ed i luoghi comuni della poesia crepuscolare, ciò che contraddistingue il poeta la consapevolezza ironica che la trascrizione poetica della sua mancata adesione sentimentale a tale mondo, filtrato dalla consapevolezza che quel mondo ingenuamente provinciale gli , in realtà, alieno. Le malinconiche immagini tipiche dei crepuscolari, che per tutti gli altri sono simbolo di luoghi e momenti ideali del ripiegamento esistenziale, sono per Gozzano uno strumento per dissolvere la mitologia dannunziana, contrapponendole la mediocrità piccolo-borghese, provinciale, utilizzando situazioni ed immagini tipiche dei crepuscolari, ma a quel mondo sonnolento guarda con un difficile equilibrio tra rievocazione, affetto, ironia (dopo essersi atteggiato, di fronte a quel mondo ad un << buono sentimentale giovane romantico>> aggiunge: <>). Lo spirito demistificante investe la funzione stessa del poetare, demitizzando l’idea di gloria poetica e di poeta–vate (D’Annunzio) in auge in quegli anni. Gozzano inaugura una stagione in cui il poeta il primo a dichiarare la precarietà della poesia e la sua incapacità di dare risposte definitive (Montale non chiedere la parola). Sul piano formale, Gozzano il primo che fa cozzare aulico e prosastico ribaltando la tecnica dannunziana e realizzando con ironico virtuosismo modelli stilistici apparentemente colloquiali e prosastici, ma, in realtà assai raffinati.


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