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Incendio del Reichstag

Alle 21:14 della sera del 27 febbraio 1933, una stazione dei pompieri di Berlino ricevette l'allarme che il Palazzo del Reichstag, sede del Parlamento tedesco, stava bruciando. L'incendio sembrò essersi originato in diversi punti, e per il momento in cui polizia e pompieri arrivarono, una grossa esplosione aveva mandato in fiamme l'aula dei deputati. Alla ricerca di indizi, la polizia trovò Marinus van der Lubbe, mezzo nudo, che si nascondeva dietro l'edificio.

Adolf Hitler e Hermann Göring arrivarono poco dopo, e quando gli venne mostrato van der Lubbe, un noto agitatore comunista, Göring dichiarò immediatamente che il fuoco era stato appiccato dai comunisti e fece arrestare i capi del partito. Hitler si avvantaggiò della situazione per dichiarare lo stato d'emergenza e incoraggiare il vecchio Presidente Paul von Hindenburg a firmare il Decreto dell'Incendio del Reichstag, che aboliva la maggior parte dei diritti civili forniti dalla costituzione del 1919 della Repubblica di Weimar.

Secondo la polizia, van der Lubbe sostenne di aver appiccato il fuoco per protestare contro il sempre maggiore potere dei nazisti. Sotto tortura, egli confessò ancora, e venne portato a giudizio, assieme ai leader del Partito Comunista all'opposizione. Con i propri capi in prigione e senza accesso alla stampa, i comunisti vennero pesantemente sconfitti alle successive elezioni, e a quei deputati comunisti (e alcuni socialdemocratici) che furono eletti al Reichstag non venne permesso, dalle SA, di prendere il loro posto in parlamento. Hitler venne sospinto al potere con il 44% dei voti e costrinse i partiti minori a dargli la maggioranza dei due terzi per il suo Decreto dei pieni poteri, che gli diede il diritto di governare per decreto e sospendere molte libertà civili.

Al suo processo, van der Lubbe venne trovato colpevole e condannato a morte. Venne decapitato il 10 luglio 1934, tre giorni prima del suo venticinquesimo compleanno.

D'altra parte, in uno degli ultimi atti di uno stato costituzionale, la corte del Reichsgericht assolse la leadership del partito comunista. Questo fece infuriare Hitler, che decretò quindi che da quel momento in poi, il tradimento, assieme ad altri reati, sarebbe stato giudicato solamente dalla neocostituita Volksgerichtshof ("Corte del popolo"), che divenne tristemente nota per l'enorme numero di condanne a morte inflitte sotto la guida di Roland Freisler.

Gli storici generalmente concordano che van der Lubbe, talvolta descritto come un mezzo matto, fu in qualche modo coinvolto nell'incendio del Reichstag. L'estensione del danno, comunque, ha portato a un considerevole dibattito sul fatto se agì da solo o meno. Al processo i comunisti vennero assolti, rendendo difficile credere che fossero stati coinvolti. Considerando la velocità con cui il fuoco invase l'edificio, la reputazione di van der Lubbe di essere uno sciocco assetato di fama, e i commenti oscuri di alcuni ufficiali nazisti, si ritiene in genere che la gerarchia nazista fu coinvolta, al fine di ottenere un guadagno politico (cosa che in effetti avvenne). Cionondimeno, non esistono prove definitive per nessuna ipotesi.


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