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Insetti sociali

Gli Insetti sociali vivono in comunità altamente organizzate, caratterizzate dall'appartenenza congenita degli individui ad una casta.

Un esempio notissimo è quello delle api sociali. La regina è l'unica femmina fertile dell'alveare. Le altre femmine, dette operaie, eseguono tutti i lavori necessari per la sopravvivenza della comunità: cura delle larve e della regina, costruzione e riparazione dell'alveare, raccolta di nettare e polline (api bottinatrici), produzione di miele, cera e pappa reale, difesa. La regina, più grossa, ha anche una vita più lunga di quella delle operaie (alcuni anni anziché pochi mesi). La sua unica occupazione è la deposizione delle uova. Essa produce un feromone che inibisce lo sviluppo degli organi riproduttori delle operaie. In caso di morte della regina, una delle operaie sviluppa gli organi riproduttori e la sostituisce. Per quasi tutto l'anno, la regina depone uova da cui si ottengono operaie. Nella stagione adatta, alcune uova di sesso femminile sono poste in celle più grandi, le celle reali, e le larve che ne nascono sono nutrite con pappa reale. Nel frattempo vengono deposte uova che produrranno i maschi, le cui larve si sviluppano in celle apposite. La regina che sfarfalla per prima uccide le larve "concorrenti" e prende il posto della vecchia regina. Quest'ultima, con parte delle operaie, sciama per costruire un nuovo alveare. La nuova regina esegue il volo nuziale, con i maschi con cui si accoppia. Essa accumula gli spermatozoi in un organo apposito, che li mantiene vitali e le permette di fecondare le uova che man mano produce nel corso della sua vita. I maschi vengono abbandonati.

Le api sono insetti evoluti, olometaboli e con appendici specializzate, come il pungiglione addominale. Hanno un comportamento complesso, in cui spicca la danza con la quale un'ape bottinatrice comunica alle compagne direzione e distanza di una fonte di cibo che ha trovato.

Altri insetti sociali molto noti sono le formiche. La loro organizzazione è simile a quella delle api. Le formiche sono onnivore. Le operaie sono prive di ali, e anche la regina se le strappa dopo il volo nuziale. Vi sono specie di formiche che coltivano funghi nei formicai, altre che accudiscono piccoli insetti, gli afidi, per ricavarne una secrezione zuccherina che "mungono". Vi sono pure formiche schiaviste che rapiscono larve di altre specie di formiche e utilizzano come operaie gli adulti che si sviluppano da esse. Sono abbastanza note anche le termiti, che si nutrono di legno e costruiscono nidi con la consistenza del cemento.

Una "sfida" al concetto di selezione naturale

Chiamiamo selezione naturale il processo, determinato dall'ambiente, per cui individui con caratteristiche diverse hanno un diverso successo riproduttivo. In questo modo, le caratteristiche ereditarie favorite dalla selezione naturale si conservano o, se inizialmente rare, divengono sempre più comuni nella popolazione. Se effettivamente la selezione naturale ha un ruolo essenziale nell'evoluzione, ci dobbiamo aspettare che proprietà importanti delle specie viventi, o di gruppi di livello superiore, siano spiegabili come adattamenti che aumentano il successo riproduttivo di chi le possiede, o almeno che non siano dannose in questo senso.

Gli insetti sociali mostrano una caratteristica che, di primo acchito, sembra incompatibile con il ragionamento precedente. Infatti, le femmine sono predisposte a "rinunciare" alla riproduzione se si sviluppano in celle normali e sono esposte al feromone della regina. Tale caratteristica ereditaria porta, nella stragrande maggioranza dei casi, ad un successo riproduttivo nullo. Sappiamo inoltre che gli insetti sociali discendono da specie solitarie, in cui ogni individuo sviluppa la capacità riproduttiva. Com'è possibile allora che in certe specie si sia affermata, ossia sia stata trasmessa alle nuove generazioni, una caratteristica che annulla quasi del tutto la speranza di riprodursi? Si tratta di un caso particolarmente eclatante di altruismo, ossia di comportamenti che riducono il successo riproduttivo di chi li mette in atto, a vantaggio di cospecifici.

Per capirlo dobbiamo considerare che un organismo, tranne che nel caso della riproduzione asessuale, non produce individui identici a sé. La forma più frequente di riproduzione sessuale, quella anfigonica, implica che ognuno dei genitori dia ad ogni figlio metà dei propri geni. Il nuovo nato riceve metà del proprio patrimonio ereditario dal padre e metà dalla madre. Ogni figlio fornisce continuità a metà del patrimonio ereditario del genitore per cui, se un individuo ha due figli che sopravvivono è come se egli fosse ancora in vita. Queste caratteristiche dell'individuo che si è riprodotto, nelle generazioni successive si rimescolano e si diluiscono nella popolazione, quelli che mantengono continuità, salvo mutazioni, sono i geni. Un organismo non è però l'unico possessore dei suoi geni: quelli che ha ricevuto dai genitori saranno stati dati in parte anche a fratelli e sorelle. In media, due fratelli hanno 1/2 dei geni in comune, proprio come genitore e figlio. Tra zio e nipote i geni in comune saranno 1/4, tra cugini 1/8 etc. Ne consegue che, dal punto di vista della sopravvivenza dei geni, avere un figlio o un fratello è esattamente la stessa cosa, avere due nipoti è lo stesso che avere un figlio, e così via.

La rinuncia a prolificare, per permettere ad uno stretto consanguineo di avere molti discendenti, è quindi una "strategia" premiata dalla selezione naturale se la quantità di propri geni che un individuo trasmette "indirettamente" è maggiore di quella che trasmetterebbe riproducendosi da sé. Nel caso delle api, la regina che si riproduce è madre o sorella delle operaie che la aiutano, e produce molti più discendenti di quanti potrebbe produrne un'ape solitaria.

Occorre anche considerare che tutti gli insetti sociali, ad eccezione delle termiti, appartengo all'ordine degli Imenotteri. In tale gruppo, i maschi vengono prodotti per partenogenesi da uova non fecondate. Come risultato, i maschi sono aploidi, e producono spermatozoi che contengono tutti i loro geni, e sono quindi tutti uguali tra loro. Due api femmine con lo stesso padre, hanno la metà del genoma di origine paterna identica e la metà di origine materna per metà uguale e per metà diversa. Il risultato è che due sorelle hanno 3/4 di geni in comune, mentre madre e figlia ne hanno solo 1/2 . All'operaia risulta quindi più "conveniente" farsi generare sorelle dalla regina che fare figlie "in proprio".


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