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Norma (diritto)

La norma ha fine prescrittivo ed è una proposizione - normativa, appunto - che tende a stabilire quello che sia un comportamento normale, quindi condiviso secondo il senso comune. Che sia o meno giuridica, una norma tende od induce sempre alla modificazione di un dato comportamento. Per fare questo questo si avvale principalmente di due modi: ostacolando un certo comportamento oppure sollecitando un comportamento necessario.

Con questo si può desumere che per le norme vengono distinti due grandi ambiti: le norme negative (o divieti) e le norme positive (i comandi). Secondo gli insegnamenti di Kant si possono distinguere quindi imperativi negativi e imperativi positivi: la più importante differenza tra divieti e obblighi sta nel fatto che i primi comportano uno sforzo minore ma continuo, mentre i secondi richiedono invece uno sforzo maggiore ma limitato nel tempo. Di conseguenza è possibile dire che il comando è esclusivo mentre il divieto è limitativo.

Il fine, inoltre, a cui mirano i divieti è quello di rendere possibile una coesistenza di persone con scopi individuali, mentre i comandi vogliono rendere possibile la collaborazione per un fine comune. Proprio per questo motivo una società con un numero più alto di comandi è ritenuta più avanzata dal punto di vista del controllo sociale.

Naturalmente la forza obbligante può cambiare di norma in norma ma le norme categoriche sono quelle con maggiore intensità, fino ad arrivare alle raccomandazioni, ai consigli che sono pur sempre considerate norme ma hanno una forza obbligante decisamente bassa.

La formula semplice della norma è "A deve B", làddove A rappresenta il destinatario della prescrizione, il soggetto passivo, mentre B è l'oggetto della prescrizione, il comportamento dovuto. Questa formula configura quindi l'identificazione tra la norma giuridica e il comando (imperativo). Gli studi del grande giurista Hans Kelsen invece, votati all'antimperativismo, ribaltano la concezione della norma e spostano la sanzione in una posizione centrale; la nuova formula risulta così: "se A deve essere B", A rappresenta l'azione illecita, mentre B configura proprio la sanzione. In questo modo Kelsen vuole asserire che il fatto illecito A è considerato tale solo perchè l'ordinamento giuridico dispone di una sanzione B per esso e ad esso conseguente. Come detto, questa formula stravolge le vecchie concezioni della norma e per questo è fra i temi principali di dibattito fra i giuristi.

Da un punto di vista prettamente giuridico il significato di norma si è allargato davvero molto, precisamente in due direzioni: attraverso l'abbandono del significato di "normativo" come prescrittivo (precettivo, imperativo) e attraverso la rinuncia al carattere della normalità. Oramai nel linguaggio giuridico "norma" non viene utilizzato per indicare proposizioni solamente prescrittive, ma anche permissive e attributive; tant'è che sono state "scoperte" nuove norme chiamate appunto permissive (negano gli effetti di norme imperative precedenti, quindi danno il permesso esclusivo e momentaneo di fare una cosa prima impedita da un'altra norma), attributive (attribuiscono poteri), privative (tolgono poteri).

Una volta chiuso il discorso sui vari significati di norma è necessario soffermarsi sul significato principale, quello appunto di norma come prescrizione e dobbiamo riconoscere che spesso la funzione prescrittiva non è esercitata con uguale intensità da tutte le norme giuridiche: esistono infatti norme incondiziate, poichè l'obbligo a cui è sottoposto il destinatario non è subordinato al verificarsi o meno di una condizione, norme condizionate, nelle quali l'obbligo è invece subordinato ad una condizione, norme strumentali che prevedono un comportamento non buono in se stesso ma buon al raggiungimento di un dato scopo. Arriviamo poi alle norme finali, che stabiliscono il fine che deve essere raggiunto ma non i mezzi, che sono quindi lasciati al libero arbitrio e alla discrezione del destinatario. Continuiamo ancora con le direttive, norme non obbliganti, ma soltanto accompagnate dall'obbligo di tenerle presenti e di non discostarsene se non per motivi plausibili. Necessario è anche aggiungere le norme dispositive, che integrano o sostituiscono una volontà che sia stata dichiarata in modo incompleto o insufficiente. Un discorso a parte meritano le raccomandazioni, che non sono vere e proprie norme in quanto non danno origine ad un obbligo di uniformarsi ad una statuizione ma, più propriamente, ad un obbligo secondario, cioè quello di prendere le misure necessarie all'attuazione di un obbligo primario. Le raccomandazioni sono tipiche del diritto internazionale.


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