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Presa della Bastiglia di Parigi

Per comprendere a pieno gli eventi della rivoluzione francese passati alla storia come Presa della Bastiglia (prigione-fortezza parigina caduta in mano ai rivoluzionari il 14 luglio 1789), occorre fare un passo indietro di alcuni giorni.
L'11 luglio di quell'anno - data che segnerĂ  un punto fermo nella storia francese ma non solo - mentre le sue truppe controllavano Versailles e Sčvres, i Campi di Marte e Saint-Denis, il Re Luigi XVI, agendo sotto l'influenza dei nobili conservatori del suo consiglio privato, bandì il ministro delle Finanze Necker (che si ritirò a Bruxelles), e ricostruì completamente il ministero. Il maresciallo Victor François, Duc de Broglie, la Galissonničre, il Duca di la Vauguyon, il Barone Louis de Breteuil, e l'intendente Foulon, vennero nominati per sostituire PuysĂ©gur, Armand Marc, Conte di Montmorin, La Luzerne, Saint Priest, e Necker.

Le notizie della dimissione di Necker raggiunsero Parigi nel pomeriggio di domenica, 12 luglio 1789, dove vennero generalmente interpretate come l'inizio di un colpo da parte degli elementi conservatori. La folla si raccolse in tutta la cittĂ , compresi piů di diecimila al Palais Royal. Camille Desmoulins, secondo Mignet, aizzò la folla "salendo su un tavolo, pistola in mano, ed esclamando: <>". (vedi)

Una folla crescente, che brandiva busti di Necker e del Duca d'Orleans, passò attraverso le strade fino a Place Vendôme, dove misero in fuga un distaccamento dei soldati tedeschi del Re, con una pioggia di pietre. Nella Piazza Luigi XV, i dragoni del Principe di Lambesc spararono al portatore di uno dei busti; anche un soldato venne ucciso. Lambesc e i suoi soldati caricarono, attaccando non solo i dimostranti ma chiunque fosse sulla loro strada.

Il 13 luglio i reggimenti della Guardia Francese disposti in favore della causa popolare vennero confinati nelle loro caserme. Con Parigi in rivolta generale, de Lambesc, non fidandosi che il reggimento avrebbe obbedito all'ordine, pose sessanta dragoni a stazionare davanti al suo deposito in Chaussée-d'Antin. Ancora una volta, una misura intesa solo a contenere servì a provocare ulteriori reazioni. Il reggimento francese assaltò le proprie guardie, uccidendone due, ferendone tre, e mettendo in fuga le altre. La cittadinanza ribelle aveva acquisito un contingente militare addestrato, come si sparse la voce, anche le truppe straniere si rifiutarono di combattere in quella che sembrava una guerra civile con un esercito diviso.

I ribelli si radunarono attorno all'Hôtel de Ville. La sfiducia tra la dirigenza cittadina radunata all'interno dell'edificio e le masse all'esterno venne esacerbata dall'incapacità o dal fallimento dei primi di fornire armi ai secondi. Tra insurrezione politica e saccheggi opportunistici, Parigi era ormai nel caos. A Versailles, l'Assemblea resistette ed entrò in seduta continua in modo da non poter essere, ancora una volta, privata di soppiatto del suo spazio di incontro.

L'assalto alla Bastiglia - che viene commemorato ancor oggi come il Giorno della Bastiglia - avvenne il giorno successivo, 14 luglio, quando gli insorti invasero l'Hôtel des Invalides per raccogliere armi e, dopo quattro ore di combattimenti, riuscirono ad espugnare la prigione-fortezza uccidendo il Marchese Bernard de Launay e diverse delle sue guardie. Anche se solo sette prigionieri vennero rilasciati - quattro falsari, due lunatici e un pericoloso maniaco sessuale - divenne un potente simbolo di tutto ciò che era odiato dell'ancien régime. Ritornando all'Hôtel de Ville, la folla accusò il prévôt des marchands (carica corrispondente a quella di un sindaco) Jacques de Flesselles di tradimento; condotto sulla strada di un apparente processo al Palazzo Reale, venne assassinato.

Fu creata una Guardia Nazionale, affidata al comando di La Fayette, con il compito di reprimere ogni eventuale tentativo antirivoluzionario, molti aristocratici fuggirono all'estero. Parecchie città, imitando la capitale, crearono nuove municipalità borghesi e scacciarono i rappresentanti del vecchio regime. In tal modo il centralismo regio era spezzato, perché le nuove municipalità borghesi guardavano all'Assemblea Nazionale Costituente come all'unica fonte di autorità.


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