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Cucina marchigiana

Cucina marchigiana. Piuttosto che una cucina, quella delle Marche č una confederazione di cucine. Gli usi alimentari e gastronomici del Pesarese e del Montefeltro sono strettamente imparentati con quelli della confinante Romagna; così pure i piatti dell’ultimo lembo meridionale sono largamente influenzati da quelli dell’Abruzzo. La cucina di Ancona e soprattutto quella di Macerata (č del 1783 Il cuoco maceratese di Antonio Nebbia) hanno senza dubbio un’identitĂ  piů precisa e marcata, anche se condividono non poco delle altre cucine centroitaliane.

D’ascendenza contadina come quella romagnola, la cucina pesarese e feretrana č, al pari di quella, incentrata sulle minestre. Piatti comuni ad entrambe sono i cappelletti, i passatelli e i tagliolini in brodo, nonchĂ© gli «strozzapreti»; anche le lumachelle urbinati rimandano ai garganelli ravennati. Schiettamente pesaresi sono i granetti al mosto cotto e i «patacůc» (quadrettoni di farina di grano e mais) coi fagioli; con un robusto sugo di fagioli si condiscono anche le tagliatelle e la polenta. Fra i secondi piatti merita di essere citato il coniglio in porchetta, meglio se accompagnato da pomodori e melanzane in graticola. Ha piena cittadinanza nel pesarese anche la piada, della quale la crescia urbinate - alta, morbida e stillante strutto - č variante ricca: accoppiata alla lonza, č uno spuntino regale. I dolci denunciano la loro origine popolare: sono il ciambellone, la «ciaramilla», il migliaccio di sangue di maiale, la «beccuta» di farina di frumentone, il «miacetto».

Sovrani dei primi piatti anconetani sono i «vincisgrassi», capostipiti di tutte le lasagne al forno della penisola; si suole far risalire il nome a una storpiatura di quello del generale austriaco Windisch-Graetz, che combattč contro Napoleone: č però un fatto che il piatto č giĂ  presente nel citato ricettario del Nebbia, dov’č chiamato «princisgrassi». Assai meno opulente sono le altre minestre tradizionali dell’anconetano e dell’ascolano: i quadrucci con le patate (o con le fave, o con fagioli e cotiche), le «pecianelle» di Sassoferrato (grossi spaghetti lievitati conditi col pomodoro), i «frescarelli» (grumi di farina cotti nell’acqua e conditi con aglio e pecorino). La «bruschetta» e la «panzanella» sono piatti a base di pane diffusi nelle Marche come anche in Toscana e in Umbria.

Tra i secondi piatti del centro della regione vanno ricordati il profumatissimo maiale in porchetta, la trippa, il pollo arrosto «co’ lu pilotto» (cioč insaporito da una spessa fetta di lardo), il pollo coi peperoni, l’agnello marinato, la corata d’agnello e la frittata con la mentuccia (piatti canonici - questi ultimi tre - del periodo pasquale). NĂ© vanno dimenticati l’anguilla in umido e lo stoccafisso «in potacchio» d’Ancona, con pomodoro, acciughe e peperoncino, o le deliziose olive ascolane ripiene e fritte. I dolci sono in parte gli stessi del pesarese; sapori e tecniche rinascimentali conserva il cosiddetto «sanguinaccio», una miscela di pan grattato, miele, rum, cannella, sapa e scorza d’arancio stipata nel budello di maiale e bollita per mezz’ora; anche il torrone ha qui una lunga e illustre tradizione.

Sia vera o no la diceria che vuole il brodetto nato da queste parti, č fuori discussione che il brodetto marchigiano - piů delicato di quelli veneti e romagnoli e piů vigoroso di quelli abruzzesi e pugliesi - č il principe delle zuppe di pesce adriatiche. La versione «rossa» del pesarese e dell’anconetano, al pomodoro, diverge da quella «gialla» dell’ascolano, allo zafferano. Le «capitali» del brodetto sono Fano, Porto Recanati e Porto San Giorgio.

Il piů noto dei vini delle Marche č il Verdicchio dei Castelli di Jesi, di rigore col pesce; eccellenti vini bianchi sono il Trebbiano, il Falerio dei colli ascolani e il Bianchello del Metauro. Tra i vini rossi figurano il Sangiovese, il Rosso Conero e il Rosso Piceno. Un eccellente vino da dessert č la Vernaccia rossa di Serrapetrona.


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