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CANTO TRENTASETTESIMO


1
Se, come in acquistar qualch'altro dono che senza industria non può dar Natura, affaticate notte e dì si sono con somma diligenza e lunga cura le valorose donne, e se con buono successo n'è uscit'opra non oscura; così si fosson poste a quelli studi ch'immortal fanno le mortal virtudi;

2
e che per sé medesime potuto avesson dar memoria alle sue lode, non mendicar dagli scrittori aiuto, ai quali astio ed invidia il cor sì rode, che 'l ben che ne puon dir, spesso è taciuto, e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode; tanto il lor nome sorgeria, che forse viril fama a tal grado unqua non sorse.

3
Non basta a molti di prestarsi l'opra in far l'un l'altro glorioso al mondo, ch'anco studian di far che si discuopra ciò che le donne hanno fra lor d'immondo. Non le vorrian lasciar venir di sopra, e quanto puon, fan per cacciarle al fondo: dico gli antiqui; quasi l'onor debbia d'esse il lor oscurar, come il sol nebbia.

4
Ma non ebbe e non ha mano né lingua, formando in voce o discrivendo in carte (quantunque il mal, quanto può, accresce e impingua, e minuendo il ben va con ogni arte), poter però, che de le donne estingua la gloria sì, che non ne resti parte; ma non già tal, che presso al segno giunga, né ch'anco se gli accosti di gran lunga:

5
ch'Arpalice non fu, non fu Tomiri, non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse; non chi seguita da Sidoni e Tiri andò per lungo mare in Libia a porse; non Zenobia, non quella che gli Assiri, i Persi e gl'Indi con vittoria scorse: non fur queste e poch'altre degne sole, di cui per arme eterna fama vole.

6
E di fedeli e caste e sagge e forti stato ne son, non pur in Grecia e in Roma, ma in ogni parte ove fra gl'Indi e gli Orti de le Esperide il Sol spiega la chioma: de le quai sono i pregi agli onor morti, sì ch'a pena di mille una si noma; e questo, perché avuto hanno ai lor tempi gli scrittori bugiardi, invidi ed empi.

7
Non restate però, donne, a cui giova il bene oprar, di seguir vostra via; né da vostra alta impresa vi rimuova tema che degno onor non vi si dia: che, come cosa buona non si trova che duri sempre, così ancor né ria. Se le carte sin qui state e gl'inchiostri per voi non sono, or sono a' tempi nostri.

8
Dianzi Marullo ed il Pontan per vui sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati: c'è il Bembo, c'è il Capel, c'è chi, qual lui vediamo, ha tali i cortigian formati: c'è un Luigi Alaman: ce ne son dui, di par da Marte e da le Muse amati, ambi del sangue che regge la terra che 'l Menzo fende e d'alti stagni serra.

9
Di questi l'uno, oltre che 'l proprio istinto ad onorarvi e a riverirvi inchina, e far Parnasso risonare e Cinto di vostra laude, e porla al ciel vicina; l'amor, la fede, il saldo e non mai vinto per minacciar di strazi e di ruina, animo ch'Issabella gli ha dimostro, lo fa, assai più che di se stesso, vostro:

10
sì che non è per mai trovarsi stanco di farvi onor nei suoi vivaci carmi: e s'altri vi dà biasmo, non è ch'anco sia più pronto di lui per pigliar l'armi: e non ha il mondo cavallier che manco la vita sua per la virtù rispiarmi. Dà insieme egli materia ond'altri scriva, e fa la gloria altrui, scrivendo, viva.

11
Ed è ben degno che sì ricca donna, ricca di tutto quel valor che possa esser fra quante al mondo portin gonna, mai non si sia di sua costanza mossa; e sia stata per lui vera colonna, sprezzando di Fortuna ogni percossa: di lei degno egli, e degna ella di lui; né meglio s'accoppiaro unque altri dui.

12
Nuovi trofei pon su la riva d'Oglio; ch'in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote ha sparso alcun tanto ben scritto foglio, che 'l vicin fiume invidia aver gli puote. Appresso a questo un Ercol Bentivoglio fa chiaro il vostro onor con chiare note, e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto, e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto.

13
C'è 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo del duca mio, che spiega l'ali come canoro cigno, e va cantando a volo, e fin al cielo udir fa il vostro nome. C'è il mio signor del Vasto, a cui non solo di dare a mille Atene e a mille Rome di sé materia basta, ch'anco accenna volervi eterne far con la sua penna.

14
Ed oltre a questi ed altri ch'oggi avete, che v'hanno dato gloria e ve la danno, voi per voi stesse dar ve la potete; poi che molte, lasciando l'ago e 'l panno, son con le Muse a spegnersi la sete al fonte d'Aganippe andate, e vanno; e ne ritornan tai, che l'opra vostra è più bisogno a noi, ch'a voi la nostra.

15
Se chi sian queste, e di ciascuna voglio render buon conto, e degno pregio darle, bisognerà ch'io verghi più d'un foglio, e ch'oggi il canto mio d'altro non parle: e s'a lodarne cinque o sei ne toglio, io potrei l'altre offendere e sdegnarle. Che farò dunque? Ho da tacer d'ognuna,

16
Sceglieronne una; e sceglierolla tale, che superato avrà l'invidia in modo, che nessun'altra potrà avere a male, se l'altre taccio, e se lei sola lodo. Quest'una ha non pur sé fatta immortale col dolce stil di che il meglior non odo; ma può qualunque di cui parli o scriva, trar del sepolcro, e far ch'eterno viva.

17
Come Febo la candida sorella fa più di luce adorna, e più la mira, che Venere o che Maia o ch'altra stella che va col cielo o che da sé si gira: così facundia, più ch'all'altre, a quella di ch'io vi parlo, e più dolcezza spira; e dà tal forza all'alte sue parole, ch'orna a' dì nostri il ciel d'un altro sole.

18
Vittoria è 'l nome; e ben conviensi a nata fra le vittorie, ed a chi, o vada o stanzi, di trofei sempre e di trionfi ornata, la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi. Questa è un'altra Artemisia, che lodata fu di pietà verso il suo Mausolo; anzi tanto maggior, quanto è più assai bell'opra, che por sotterra un uom, trarlo di sopra.

19
Se Laodamìa se la moglier di Bruto, s'Arria, s'Argia, s'Evadne, e s'altre molte meritar laude per aver voluto, morti i mariti, esser con lor sepolte; quanto onore a Vittoria è più dovuto, che di Lete e del rio che nove volte l'ombre circonda, ha tratto il suo consorte, mal grado de le Parche e de la Morte!

20
S'al fiero Achille invidia de la chiara meonia tromba il Macedonico ebbe, quanto, invitto Francesco di Pescara, maggior a te, se vivesse or, l'avrebbe! che sì casta mogliere e a te sì cara canti l'eterno onor che ti si debbe, e che per lei sì 'l nome tuo rimbombe, che da bramar non hai più chiare trombe.

21
Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto io n'ho desir, volessi porre in carte, ne direi lungamente; ma non tanto, ch'a dir non ne restasse anco gran parte: e di Marfisa e dei compagni intanto la bella istoria rimarria da parte, la quale io vi promisi di seguire, s'in questo canto mi verreste a udire.

22
Ora essendo voi qui per ascoltarmi, ed io per non mancar de la promessa, serberò a maggior ozio di provarmi ch'ogni laude di lei sia da me espressa; non perch'io creda bisognar miei carmi a chi se ne fa copia da se stessa; ma sol per satisfare a questo mio. c'ho d'onorarla e di lodar, disio.

23
Donne, io conchiudo in somma, ch'ogni etate molte ha di voi degne d'istoria avute; ma per invidia di scrittori state non sete dopo morte conosciute: il che più non sarà, poi che voi fate per voi stesse immortal vostra virtute. Se far le due cognate sapean questo, si sapria meglio ogni lor degno gesto.

24
Di Bradamante e di Marfisa dico, le cui vittoriose inclite prove di ritornare in luce m'affatico; ma de le diece mancanmi le nove. Queste ch'io so, ben volentieri esplìco; sì perché ogni bell'opra si de', dove occulta sia, scoprir, sì perché bramo a voi, donne, aggradir, ch'onoro ed amo.

25
Stava Ruggier, com'io vi dissi, in atto di partirsi, ed avea commiato preso, e dall'arbore il brando già ritratto, che, come dianzi, non gli fu conteso; quando un gran pianto, che non lungo tratto era lontan, lo fe' restar sospeso; e con le donne a quella via si mosse, per aiutar, dove bisogno fosse.

26
Spingonsi inanzi, e via più chiaro il suon ne viene, e via più son le parole intese. Giunti ne la vallea, trovan tre donne che fan quel duolo, assai strane in arnese; che fin all'ombilico ha lor le gonne scorciate non so chi poco cortese: e per non saper meglio elle celarsi, sedeano in terra, e non ardian levarsi.

27
Come quel figlio di Vulcan, che venne fuor de la polve senza madre in vita, e Pallade nutrir fe' con solenne cura d'Aglauro, al veder troppo ardita, sedendo, ascosi i brutti piedi tenne su la quadriga da lui prima ordita; così quelle tre giovani le cose secrete lor tenean, sedendo, ascose.

28
Lo spettacolo enorme e disonesto l'una e l'altra magnanima guerriera fe' del color che nei giardin di Pesto esser la rosa suol da primavera. Riguardò Bradamante, e manifesto tosto le fu ch'Ullania una d'esse era, Ullania che da l'Isola Perduta in Francia messaggera era venuta:

29
e riconobbe non men l'altre due; che dove vide lei, vide esse ancora. Ma se n'andaron le parole sue a quella de le tre ch'ella più onora; e le domanda chi sì iniquo fue, e sì di legge e di costumi fuora, che quei segreti agli occhi altrui riveli, che, quanto può, par che Natura celi.

30
Ullania che conosce Bradamante, non meno ch'alle insegne, alla favella, esser colei che pochi giorni inante avea gittati i tre guerrier di sella, narra che ad un castel poco distante una ria gente e di pietà ribella, oltre all'ingiuria di scorciarle i panni, l'avea battuta e fattol'altri danni.

31
Né le sa dir che de lo scudo sia, né dei tre re che per tanti paesi fatto le avean sì lunga compagnia: non sa se morti, o sian restati presi; e dice c'ha pigliata questa via, ancor ch'andare a piè molto le pesi, per richiamarsi de l'oltraggio a Carlo, sperando che non sia per tolerarlo.

32
Alle guerriere ed a Ruggier, che meno non han pietosi i cor, ch'audaci e forti, de' bei visi turbò l'aer sereno l'udire, e più il veder sì gravi torti: et obliando ogn'altro affar che avieno, e senza che li prieghi o che gli esorti la donna afflitta a far la sua vendetta, piglian la via verso quel luogo in fretta.

33
Di commune parer le sopraveste, mosse da gran bontà, s'aveano tratte, cha' ricoprir le parti meno oneste di quelle sventurate assai furo atte. Bradamante non vuol ch'Ullania peste le strade a piè, ch'avea a piede anco fatte, e se la leva in groppa del destriero; l'altra Marfisa, l'altra il buon Ruggiero.

34
Ullania a Bradamante che la porta, mostra la via che va al castel più dritta: Bradamante all'incontro lei conforta, che la vendicherà di chi l'ha afflitta. Lascian la valle, e per via lunga e torta sagliono un colle or a man manca or ritta; e prima il sol fu dentro il mare ascoso, che volesser tra via prender riposo.

35
Trovaro una villetta che la schena d'un erto colle, aspro a salir, tenea; ove ebbon buono albergo e buona cena, quale avere in quel loco si potea. Si mirano d'intorno, e quivi piena ogni parte di donne si vedea, quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo faccia non v'apparia d'un uomo solo.

36
Non più a Iason di maraviglia denno, né agli Argonauti che venian con lui, le donne che i mariti morir fenno e i figli e i padri coi fratelli sui, sì che per tutta l'isola di Lenno di viril faccia non si vider dui; che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era maraviglia ebbe all'alloggiar la sera.

37
Fero ad Ullania ed alle damigelle che venivan con lei, le due guerriere la sera proveder di tre gonnelle, se non così polite, almeno intere. A sé chiama Ruggiero una di quelle donne ch'abitan quivi, e vuol sapere ove gli uomini sian, ch'un non ne vede; ed ella a lui questa risposta diede:

38

39
Da le sue terre, le quai son vicine a noi due leghe, e dove noi siàn nate, qui ci ha mandato il barbaro in confine, prima di mille scorni ingiuriate; ed ha gli uomini nostri e noi meschine di morte e d'ogni strazio minacciate, se quelli a noi verranno, o gli fia detto che noi diàn lor, venendoci, ricetto.

40
Nimico è sì costui del nostro nome, che non ci vuol, più ch'io vi dico, appresso, né ch'a noi venga alcun de' nostri, come l'odor l'ammorbi del femineo sesso. Già due volte l'onor de le lor chiome s'hanno spogliato gli alberi e rimesso, da indi in qua che 'l rio signor vaneggia in furor tanto: e non è chi 'l correggia;

41
che 'l populo ha di lui quella paura che maggior aver può l'uom de la morte; ch'aggiunto al mal voler gli ha la natura una possanza fuor d'umana sorte. Il corpo suo di gigantea statura è più, che di cent'altri insieme, forte. Né pure a noi sue suddite è molesto, ma fa alle strane ancor peggio di questo.

42
Se l'onor vostro, e queste tre vi sono punto care, ch'avete in compagnia, più vi sarà sicuro, utile e buono non gir più inanzi, e trovar altra via. Questa al castel de l'uom di ch'io ragiono, a provar mena la costuma ria che v'ha posta il crudel con scorno e danno di donne e di guerrier che di là vanno.

43
Marganor il fellon (così si chiama il signore, il tiran di quel castello), del qual Nerone, o s'altri è ch'abbia fama di crudeltà, non fu più iniquo e fello, il sangue uman, ma 'l feminil più brama, che 'l lupo non lo brama de l'agnello. Fa con onta scacciar le donne tutte da lor ria sorte a quel castel condutte. -

44
Perché quell'empio in tal furor venisse, volson le donne intendere e Ruggiero: pregar colei, ch'in cortesia seguisse, anzi che cominciasse il conto intero.

45
che mentre duo suoi figli erano vivi, molto diversi dai paterni stili, ch'amavan forestieri, ed eran schivi di crudeltade e degli altri atti vili; quivi le cortesie fiorivan, quivi i bei costumi e l'opere gentili: che 'l padre mai, quantunque avaro fosse, da quel che lor piacea non li rimosse.

46
Le donne e i cavallier che questa via facean talor, venian sì ben raccolti, che si partian de l'alta cortesia dei duo germani inamorati molti. Amendui questi di cavalleria parimente i santi ordini avean tolti: Cilandro l'un, l'altro Tanacro detto, gagliardi, arditi e di reale aspetto.

47
Ed eran veramente, e sarian stati sempre di laude degni e d'ogni onore, s'in preda non si fossino sì dati a quel desir che nominiamo amore; per cui dal buon sentier fur traviati al labirinto ed al camin d'errore; e ciò che mai di buono aveano fatto, restò contaminato e brutto a un tratto.

48
Capitò quivi un cavallier di corte del greco imperator, che seco avea una sua donna di maniere accorte, bella quanto bramar più si potea. Cilandro in lei s'inamorò sì forte, che morir, non l'avendo, gli parea: gli parea che dovesse, alla partita di lei, partire insieme la sua vita.

49
E perché i prieghi non v'avriano loco, di volerla per forza si dispose. Armossi, e dal castel lontano un poco, ove passar dovean, cheto s'ascose. L'usata audacia e l'amoroso fuoco non gli lasciò pensar troppo le cose: sì che vedendo il cavallier venire, l'andò lancia per lancia ad assalire.

50
Al primo incontro credea porlo in terra, portar la donna e la vittoria indietro: ma 'l cavallier, che mastro era di guerra, l'osbergo gli spezzò come di vetro. Venne la nuova al padre ne la terra, che lo fe' riportar sopra un ferètro; e ritrovandol morto, con gran pianto gli diè sepulcro agli antiqui avi a canto.

51
Né più però né manco si contese l'albergo e l'accoglienza a questo e a quello, perché non men Tanacro era cortese, né meno era gentil di suo fratello. L'anno medesmo di lontan paese con la moglie un baron venne al castello, a maraviglia egli gagliardo, ed ella, quanto si possa dir, leggiadra e bella;

52
né men che bella, onesta e valorosa, e degna veramente d'ogni loda: il cavallier, di stirpe generosa, di tanto ardir, quanto più d'altri s'oda. E ben conviensi a tal valor, che cosa di tanto prezzo e sì eccellente goda. Olindro il cavallier da Lungavilla, la donna nominata era Drusilla.

53
Non men di questa il giovene Tanacro arse, che 'l suo fratel di quella ardesse, che gli fe' gustar fine acerbo ed acro del desiderio ingiusto ch'in lei messe. Non men di lui di violar del sacro e santo ospizio ogni ragione ellesse, più tosto che patir che 'l duro e forte nuovo desir lo conducesse a morte.

54
Ma perch'avea dinanzi agli occhi il tema del suo fratel che n'era stato morto, pensa di torla in guisa, che non tema ch'Olindro s'abbia a vendicar del torto. Tosto s'estingue in lui, non pur si scema quella virtù su che solea star sorto; ché non lo sommergean dei vizi l'acque, de le quai sempre al fondo il padre giacque.

55
Con gran silenzio fece quella notte seco raccor da vent'uomini armati; e lontan dal castel, fra certe grotte che si trovan tra via, messe gli aguati. Quivi ad Olindro il dì le strade rotte, e chiusi i passi fur da tutti i lati; e ben che fe' lunga difesa e molta, pur la moglie e la vita gli fu tolta.

56
Ucciso Olindro, ne menò captiva la bella donna, addolorata in guisa, ch'a patto alcun restar non volea viva, e di grazia chiedea d'essere uccisa. Per morir si gittò giù d'una riva che vi trovò sopra un vallone assisa; e non poté morir, ma con la testa rotta rimase, e tutta fiacca e pesta.

57
Altrimente Tanacro riportarla a casa non poté che s'una bara. Fece con diligenza medicarla; che perder non volea preda sì cara. E mentre che s'indugia a risanarla, di celebrar le nozze si prepara: ch'aver sì bella donna e sì pudica debbe nome di moglie, e non d'amica.

58
Non pensa altro Tanacro, altro non brama, d'altro non cura, e d'altro mai non parla. Si vede averla offesa, e se ne chiama in colpa, e ciò che può, fa d'emendarla. Ma tutto è invano: quanto egli più l'ama, quanto più s'affatica di placarla, tant'ella odia più lui, tanto è più forte, tanto è più ferma in voler porlo a morte.

59
Ma non però quest'odio così ammorza la conoscenza in lei, che non comprenda che, se vuol far quanto disegna, è forza che simuli, ed occulte insidie tenda; e che 'l desir sotto contraria scorza (il quale è sol come Tanacro offenda) veder gli faccia; e che si mostri tolta dal primo amore, e tutto a lui rivolta.

60
Simula il viso pace; ma vendetta chiama il cor dentro, e ad altro non attende. Molte cose rivolge, alcune accetta, altre ne lascia, ed altre in dubbio appende. Le par che quando essa a morir si metta, avrà il suo intento; e quivi al fin s'apprende. E dove meglio può morire, o quando, che 'l suo caro marito vendicando?

61
Ella si mostra tutta lieta, e finge di queste nozze aver sommo disio; e ciò che può indugiarle, a dietro spinge, non ch'ella mostri averne il cor restio. Più de l'altre s'adorna e si dipinge: Olindro al tutto par messo in oblio. Ma che sian fatte queste nozze vuole, come ne la sua patria far si suole.

62
Non era però ver che questa usanza che dir volea, ne la sua patria fosse: ma, perché in lei pensier mai non avanza, che spender possa altrove, imaginosse una bugia, la qual le diè speranza di far morir chi 'l suo signor percosse: e disse di voler le nozze a guisa de la sua patria, e 'l modo gli devisa.

63

64
ma ch'abbia in questo mezzo il sacerdote sul vino ivi portato a tale effetto appropriate orazion devote, sempre il liquor benedicendo, detto; indi che 'l fiasco in una coppa vote, e dia alli sposi il vino benedetto: ma portare alla sposa il vino tocca, ed esser prima a porvi su la bocca. -

65
Tanacro, che non mira quanto importe ch'ella le nozze alla sua usanza faccia, le dice: - Pur che 'l termine si scorte d'essere insieme, in questo si compiaccia. - Né s'avede il meschin ch'essa la morte d'Olindro vendicar così procaccia, e sì la voglia ha in uno oggetto intensa, che sol di quello, e mai d'altro non pensa.

66
Avea seco Drusilla una sua vecchia, che seco presa, seco era rimasa. A sé chiamolla, e le disse all'orecchia, sì che non poté udire uomo di casa:

67
E me so come, e te salvar non meno: ma diferisco a dirtelo più ad agio. - Andò la vecchia, e apparecchiò il veneno, ed acconciollo, e ritornò al palagio. Di vin dolce di Candia un fiasco pieno trovò da por con quel succo malvagio, e lo serbò pel giorno de le nozze; ch'omai tutte l'indugie erano mozze.

68
Lo statuito giorno al tempio venne, di gemme ornata e di leggiadre gonne, ove d'Olindro, come gli convenne, fatto avea l'arca alzar su due colonne. Quivi l'officio si cantò solenne: trasseno a udirlo tutti, uomini e donne, e lieto Marganor più de l'usato, venne col figlio e con gli amici a lato.

69
Tosto ch'al fin le sante esequie foro, e fu col tosco il vino benedetto, il sacerdote in una coppa d'oro lo versò, come avea Drusilla detto. Ella ne bebbe quanto al suo decoro si conveniva, e potea far l'effetto: poi diè allo sposo con viso giocondo il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo.

70
Renduto il nappo al sacerdote, lieto per abbracciar Drusilla apre le braccia. Or quivi il dolce stile e mansueto in lei si cangia e quella gran bonaccia. Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto, e par ch'arda negli occhi e ne la faccia; e con voce terribile e incomposta gli grida: - Traditor, da me ti scosta!

71
Tu dunque avrai da me solazzo e gioia, io lagrime da te, martìri e guai? Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia: questo è stato venen, se tu nol sai. Ben mi duol c'hai troppo onorato boia, che troppo lieve e facil morte fai;

che mani e pene io non so sì nefande,
che fosson pari al tuo peccato grande.


72
Mi duol di non vedere in questa morte il sacrificio mio tutto perfetto: che s'io 'l poteva far di quella sorte ch'era il disio, non avria alcun difetto. Di ciò mi scusi il dolce mio consorte: riguardi al buon volere, e l'abbia accetto; che non potendo come avrei voluto, io t'ho fatto morir come ho potuto.

73
E la punizion che qui, secondo il desiderio mio, non posso darti, spero l'anima tua ne l'altro mondo veder patire; ed io starò a mirarti. - Poi disse, alzando con viso giocondo i turbidi occhi alle superne parti:

74
ed impetra per me dal Signor nostro grazia, ch'in paradiso oggi io sia teco. Se ti dirà che senza merto al vostro regno anima non vien, di' ch'io l'ho meco; che di questo empio e scelerato mostro le spoglie opime al santo tempio arreco. E che merti esser puon maggior di questi, spegner sì brutte e abominose pesti? -

75
Finì il parlare insieme con la vita; e morta anco parea lieta nel volto d'aver la crudeltà così punita di chi il caro marito le avea tolto. Non so se prevenuta, o se seguita fu da lo spirto di Tanacro sciolto: fu prevenuta, credo; ch'effetto ebbe prima il veneno in lui, perché più bebbe.

76
Marganor che cader vede il figliuolo, e poi restar ne le sue braccia estinto, fu per morir con lui, dal grave duolo ch'alla sprovista lo trafisse, vinto. Duo n'ebbe un tempo, or si ritrova solo: due femine a quel termine l'han spinto. La morte a l'un da l'una fu causata; e l'altra all'altro di sua man l'ha data.

77
Amor, pietà, sdegno, dolore ed ira, disio di morte e di vendetta insieme quell'infelice ed orbo padre aggira, che, come il mar che turbi il vento, freme. Per vendicarsi va a Drusilla, e mira che di sua vita ha chiuse l'ore estreme; e come il punge e sferza l'odio ardente, cerca offendere il corpo che non sente.

78
Qual serpe che ne l'asta ch'alla sabbia la tenga fissa, indarno i denti metta;

79
E poi che per stracciarlo e farne scempio non si sfoga il fellon né disacerba, vien fra le donne di che è pieno il tempio, né più l'una de l'altra ci riserba; ma di noi fa col brando crudo ed empio quel che fa con la falce il villan d'erba. Non vi fu alcun ripar, ch'in un momento trenta n'uccise, e ne ferì ben cento.

80
Egli da la sua gente è sì temuto, ch'uomo non fu ch'ardisse alzar la testa. Fuggon le donne col popul minuto fuor de la chiesa, e chi può uscir, non resta. Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto dagli amici con prieghi e forza onesta, e lasciando ogni cosa in pianto al basso, fatto entrar ne la rocca in cima al sasso.

81
E tuttavia la colera durando, di cacciar tutte per partito prese; poi che gli amici e 'l populo pregando, che non ci uccise a fatto, gli contese: e quel medesmo dì fe' andare un bando, che tutte gli sgombrassimo il paese; e darci qui gli piacque le confine. Misera chi al castel più s'avvicine!

82
Da le mogli così furo i mariti, da le madri così i figli divisi. S'alcuni sono a noi venire arditi, nol sappia già chi Marganor n'avisi; che di multe gravissime puniti n'ha molti, e molti crudelmente uccisi. Al suo castello ha poi fatto una legge, di cui peggior non s'ode né si legge.

83
Ogni donna che trovin ne la valle, la legge vuol (ch'alcuna pur vi cade) che percuotan con vimini alle spalle, e la faccian sgombrar queste contrade: ma scorciar prima i panni, e mostrar falle quel che Natura asconde ed Onestade; e s'alcuna vi va, ch'armata scorta abbia di cavallier, vi resta morta.

84
Quelle c'hanno per scorta cavallieri, son da questo nimico di pietate, come vittime, tratte ai cimiteri dei morti figli, e di sua man scannate. Leva con ignominia arme e destrieri, e poi caccia in prigion chi l'ha guidate: e lo può far; che sempre notte e giorno si trova più di mille uomini intorno.

85
E dir di più vi voglio ancora, ch'esso, s'alcun ne lascia, vuol che prima giuri su l'ostia sacra, che 'l femineo sesso in odio avrà fin che la vita duri. Se perder queste donne e voi appresso dunque vi pare, ite a veder quei muri ove alberga il fellone, e fate prova s'in lui più forza o crudeltà si trova. -

86
Così dicendo, le guerriere mosse prima a pietade, e poscia a tanto sdegno, che se, come era notte, giorno fosse, sarian corse al castel senza ritegno. La bella compagnia quivi pososse; e tosto che l'Aurora fece segno che dar dovesse al Sol loco ogni stella, ripigliò l'arme e si rimesse in sella.

87
Già sendo in atto di partir, s'udiro le strade risonar dietro le spalle d'un lungo calpestio, che gli occhi in giro fece a tutti voltar giù ne la valle. E lungi quanto esser potrebbe un tiro di mano, andar per uno istretto calle vider da forse venti armati in schiera, di che parte in arcion, parte a pied'era;

88
e che traean con lor sopra un cavallo donna ch'al viso aver parea molt'anni, a guisa che si mena un che per fallo a fuoco o a ceppo o a laccio si condanni: la qual fu, non ostante l'intervallo, tosto riconosciuta al viso e ai panni. La riconobber queste de la villa esser la cameriera di Drusilla:

89
la cameriera che con lei fu presa dal rapace Tanacro, come ho detto, ed a chi fu dipoi data l'impresa di quel venen che fe' 'l crudele effetto. Non era entrata ella con l'altre in chiesa; che di quel che seguì stava in sospetto: anzi in quel tempo, de la villa uscita, ove esser sperò salva, era fugita.

90
Avuto Marganor poi di lei spia, la qual s'era ridotta in Ostericche, non ha cessato mai di cercar via come in man l'abbia, acciò l'abruci o impicche: e finalmente l'Avarizia ria, mossa da doni e da proferte ricche, ha fatto ch'un baron, ch'assicurata l'avea in sua terra, a Marganor l'ha data:

91
e mandata glie l'ha fin a Costanza sopra un somier, come la merce s'usa, legata e stretta, e toltole possanza di far parole, e in una cassa chiusa: onde poi questa gente l'ha ad istanza de l'uom ch'ogni pietade ha da sé esclusa, quivi condotta con disegno ch'abbia l'empio a sfogar sopra di lei sua rabbia.

92
Come il gran fiume che di Vesulo esce, quanto più inanzi e verso il mar discende, e che con lui Lambra e Ticin si mesce, ed Ada e gli altri onde tributo prende, tanto più altiero e impetuoso cresce; così Ruggier, quante più colpe intende di Marganor, così le due guerriere se gli fan contra più sdegnose e fiere.

93
Elle fur d'odio, elle fur d'ira tanta contra il crudel, per tante colpe, accese, che di punirlo, mal grado di quanta gente egli avea, conclusion si prese. Ma dargli presta morte troppo santa pena lor parve e indegna a tante offese; ed era meglio fargliela sentire, fra strazio prolungandola e martìre.

94
Ma prima liberar la donna è onesto, che sia condotta da quei birri a morte. Lentar di briglia col calcagno presto fece a' presti destrier far le vie corte. Non ebbon gli assaliti mai di questo uno incontro più acerbo né più forte; sì che han di grazia di lasciar gli scudi e la donna e l'arnese, e fuggir nudi:

95
sì come il lupo che di preda vada carco alla tana, e quando più si crede d'esser sicur, dal cacciator la strada e da' suoi cani attraversar si vede, getta la soma, e dove appar men rada la scura macchia inanzi, affretta il piede. Già men presti non fur quelli a fuggire, che li fusson quest'altri ad assalire.

96
Non pur la donna e l'arme vi lasciaro, ma de' cavalli ancor lasciaron molti, e da rive e da grotte si lanciaro, parendo lor così d'esser più sciolti. Il che alle donne ed a Ruggier fu caro; che tre di quei cavalli ebbono tolti per portar quelle tre che 'l giorno d'ieri feron sudar le groppe ai tre destrieri.

97
Quindi espediti segueno la strada verso l'infame e dispietata villa. Voglion che seco quella vecchia vada, per veder la vendetta di Drusilla. Ella che teme che non ben le accada, lo niega indarno, e piange e grida e strilla; ma per forza Ruggier la leva in groppa del buon Frontino, e via con lei galoppa.

98
Giunseno in somma onde vedeano al basso di molte case un ricco borgo e grosso, che non serrava d'alcun lato il passo, perché né muro intorno avea né fosso. Avea nel mezzo un rilevato sasso ch'un'alta rocca sostenea sul dosso. A quella si drizzar con gran baldanza, ch'esser sapean di Marganor la stanza.

99
Tosto che son nel borgo, alcuni fanti che v'erano alla guardia de l'entrata, dietro chiudon la sbarra, e già davanti veggion che l'altra uscita era serrata: ed ecco Marganorre, e seco alquanti a piè e a cavallo, e tutta gente armata; che con brevi parole, ma orgogliose, la ria costuma di sua terra espose.

100
Marfisa, la qual prima avea composta con Bradamante e con Ruggier la cosa, gli spronò incontro in cambio di risposta; e com'era possente e valorosa, senza ch'abbassi lancia, o che sia posta in opra quella spada sì famosa, col pugno in guisa l'elmo gli martella, che lo fa tramortir sopra la sella.

101
Con Marfisa la giovane di Francia spinge a un tempo il destrier, né Ruggier resta ma con tanto valor corre la lancia, che sei, senza levarsela di resta, n'uccide, uno ferito ne la pancia, duo nel petto, un nel collo, un ne la testa: nel sesto che fuggia l'asta si roppe, ch'entrò alle schene e riuscì alle poppe.

102
La figliuola d'Amon quanti ne tocca con la sua lancia d'or, tanti n'atterra: fulmine par, che 'l cielo ardendo scocca, che ciò ch'incontra, spezza e getta a terra. Il popul sgombra, chi verso la rocca, chi verso il piano; altri si chiude e serra, chi ne le chiese e chi ne le sue case; né, fuor che morti, in piazza uomo rimase.

103
Marfisa Marganorre avea legato intanto con le man dietro alle rene, ed alla vecchia di Drusilla dato, ch'appagata e contenta se ne tiene. D'arder quel borgo poi fu ragionato, s'a penitenza del suo error non viene: levi la legge ria di Marganorre, e questa accetti, ch'essa vi vuol porre.

104
Non fu già d'ottener questo fatica; con quella gente, oltre al timor ch'avea che più faccia Marfisa che non dica, ch'uccider tutti ed abbruciar volea, di Marganorre affatto era nimica e de la legge sua crudele e rea. Ma 'l populo facea come i più fanno, ch'ubbidiscon più a quei che più in odio hanno.

105
Però che l'un de l'altro non si fida, e non ardisce conferir sua voglia, lo lascian ch'un bandisca, un altro uccida, a quel l'avere, a questo l'onor toglia. Ma il cor che tace qui, su nel ciel grida, fin che Dio e santi alla vendetta invoglia; la qual, se ben tarda a venir, compensa l'indugio poi con punizione immensa.

106
Or quella turba d'ira e d'odio pregna con fatti e con mal dir cerca vendetta: com'è in proverbio, ognun corre a far legna all'arbore che 'l vento in terra getta. Sia Marganorre esempio di chi regna; che chi mal opra, male al fine aspetta. Di vederlo punir de' suoi nefandi peccati, avean piacer piccioli e grandi.

107
Molti a chi fur le mogli o le sorelle

108
A quella vecchia che l'odiava quanto femina odiare alcun nimico possa, nudo in mano lo dier, legato tanto, che non si scioglierà per una scossa; ed ella, per vendetta del suo pianto, gli andò facendo la persona rossa con un stimulo aguzzo ch'un villano, che quivi si trovò, le pose in mano.

109
La messaggera e le sue giovani anco, che quell'onta non son mai per scordarsi, non s'hanno più a tener le mani al fianco, né meno che la vecchia, a vendicarsi; ma sì è il desir d'offenderlo, che manco viene il potere, e pur vorrian sfogarsi: chi con sassi il percuote, chi con l'unge; altra lo morde, altra cogli aghi il punge.

110
Come torrente che superbo faccia lunga pioggia talvolta o nievi sciolte, va ruinoso, e giù da' monti caccia gli arbori e i sassi e i campi e le ricolte; vien tempo poi, che l'orgogliosa faccia gli cade, e sì le forze gli son tolte, ch'un fanciullo, una femina per tutto passar lo puote, e spesso a piede asciutto:

111
così già fu che Marganorre intorno fece tremar, dovunque udiasi il nome; or venuto è chi gli ha spezzato il corno di tanto orgoglio, e sì le forze dome, che gli puon far sin a' bambini scorno, chi pelargli la barba e chi le chiome. Quindi Ruggiero e le donzelle il passo alla rocca voltar, ch'era sul sasso.

112
La diè senza contrasto in poter loro chi v'era dentro, e così i ricchi arnesi, ch'in parte messi a sacco, in parte foro dati ad Ullania ed a' compagni offesi. Ricovrato vi fu lo scudo d'oro, e quei tre re ch'avea il tiranno presi, li quai venendo quivi, come parmi d'avervi detto, erano a piè senz'armi;

113
perché dal dì che fur tolti di sella da Bradamante, a piè sempre eran iti senz'arme, in compagnia de la donzella la qual venìa da sì lontani liti. Non so se meglio o peggio fu di quella, che di lor armi non fusson guerniti. Era ben meglio esser da lor difesa; ma peggio assai, se ne perdean l'impresa:

114
perché stata saria, com'eran tutte quelle ch'armate avean seco le scorte, al cimitero misere condutte dei due fratelli, e in sacrificio morte. Gli è pur men che morir, mostrar le brutte e disoneste parti, duro e forte; e sempre questo e ogn'altro obbrobrio amorza il poter dir che le sia fatto a forza.

115
Prima ch'indi si partan le guerriere, fan venir gli abitanti a giuramento, che daranno i mariti alle mogliere de la terra e del tutto il reggimento; e castigato con pene severe sarà chi contrastare abbia ardimento. In somma quel ch'altrove è del marito, che sia qui de la moglie è statuito.

116
Poi si feccion promettere ch'a quanti mai verrian quivi, non darian ricetto,

117
e s'avranno in quel tempo, e se saranno, tardi o più tosto, mai per aver moglie, che sempre a quelle sudditi saranno, e ubbidienti a tutte le lor voglie. Tornar Marfisa, prima ch'esca l'anno, disse, e che perdan gli arbori le foglie; e se la legge in uso non trovasse, fuoco e ruina il borgo s'aspettasse.

118
Né quindi si partir, che de l'immondo luogo dov'era, fer Drusilla torre, e col marito in uno avel, secondo ch'ivi potean più riccamente porre. La vecchia facea intanto rubicondo con lo stimulo il dosso a Marganorre: sol si dolea di non aver tal lena, che potesse non dar triegua alla pena.

119
L'animose guerriere a lato un tempio videno quivi una colonna in piazza, ne la qual fatt'avea quel tiranno empio scriver la legge sua crudele e pazza. Elle, imitando d'un trofeo l'esempio, lo scudo v'attaccaro e la corazza di Marganorre e l'elmo; e scriver fenno la legge appresso, ch'esse al loco denno.

120
Quivi s'indugiar tanto, che Marfisa fe' por la legge sua ne la colonna, contraria a quella che già v'era incisa a morte ed ignominia d'ogni donna. Da questa compagnia restò divisa quella d'Islanda, per rifar la gonna; che comparire in corte obbrobrio stima, se non si veste ed orna come prima.

121
Quivi rimase Ullania; e Marganorre di lei restò in potere: ed essa poi, perché non s'abbia in qualche modo a sciorre, e le donzelle un'altra volta annoi, lo fe' un giorno saltar giù d'una torre, che non fe' il maggior salto a' giorni suoi. Non più di lei, né più dei suoi si parli, ma de la compagnia che va verso Arli.

122
Tutto quel giorno, e l'altro fin appresso l'ora di terza andaro; e poi che furo giunti dove in due strade è il camin fesso (l'una va al campo, e l'altra d'Arli al muro), tornar gli amanti ad abbracciarsi, e spesso a tor commiato, e sempre acerbo e duro. Al fin le donne in campo, e in Arli è gito Ruggiero; ed io il mio canto ho qui finito.



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