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Assemblee Romane

La Repubblica Romana (Res Publica Romana) investiva i poteri formali di governo in tre separate assemblee, la Comitia Centuriata, la Comitia Populi Tributa, e il Concilium Plebis. Diversamente dalle camere moderne, questi organi combinavano assieme funzioni elettorali, legislative e giuridiche, e possedevano l'abilità di rendere una legge ex post facto retroattiva, rendendo illegale un determinato atto. Si noti che il Senato Romano era una camera deliberativa, e non possedeva poteri legislativi o giuridici.

La Comitia Centuriata (Comitato delle Centurie) comprendeva sia patrizi che plebei, organizzati in cinque classi economiche (cavalieri e senatori costituivano la prima) e distribuiti in suddivisioni interne chiamate Centurie. L'appartenenza al Comitato delle Centurie richiedeva un certo status economico, e il potere era pesantemente addossato alle prime diciotto Centurie; Il Comitato delle Centurie era dominato dalla prima e dalla seconda classi. Il Comitato delle Centurie si riuniva annualmente per eleggere i consoli e i pretori dell'anno successivo, e quinquennialmente per eleggere i censori; si riuniva anche per giudicare casi di alto tradimento (perduellio), anche se quest'ultima funzione decadde dopo che Lucio Apuleio Saturnino introdusse un formato più gestibile (maiestas).

Il voto di un cittadino non contava nel Comitato delle Centurie. Piuttosto, il voto individuale era contato all'interno della propria Centuria e determinava il voto finale della Centuria. Poichè solo le prime 18 Centurie erano mantenute alla loro dimensione nominale di 100 membri, i membri di queste Centurie esercitavano un influenza sproporzionata sul risultato del voto. Il Comitato delle Centurie, in origine un'assemblea militare di cavalieri, doveva riunirsi al di fuori del pomerium di Roma, nel Campo Marzio, ed era per questo problematico convocarla e gestirla. Non veniva di norma utilizzata, eccetto per l'elezione dei magistrati dell'anno successivo.

La Comitia Populi Tributa (Comitato delle Genti Tribali) comprendeva sia patrizi che plebei, distribuiti in trentacinque tribù, nelle quali tutti i cittadini Romani venivano collocati per scopi elettorali e amministrativi. La vasta maggioranza della popolazione di Roma era distribuita tra quattro tribù urbane, il che significava che i loro voti erano individualmente insignificanti; come per il Comitato delle Centurie, il voto era indiretto, con un voto asseganto ad ogni tribù. Il voto era quindi pesantemente sbilanciato a favore delle trentuno tribù rurali. Il Comitato delle Genti Tribali si riuniva alla Sorgente Domizia, nel Foro Romano, ed eleggeva gli Edili (solo quelli curulis), i questori e i tribuni dei soldati (tribuni militum). Conduceva gran parte dei processi, finchè il dittatore Lucio Cornelio Silla stabili le corti permanenti (quaestiones).

Il Concilium Plebis (Consiglio cel Popolo) era anch'esso un'assemblea tribale, ma escludeva tutti i patrizi, cui era vietato prendere parte ai propri raduni. Solo i tribuni del popolo (tribuni plebis) potevano convocare il Consiglio del Popolo, che si riuniva usualmente alla Sorgente Comizia (i senatori patrizi spesso osservavano dai gradini della Curia Hostilia e interrompevano i tribuni durante gli incontri -- i politici Romani erano considerevolmente più litigiosi di quelli moderni. Il Consiglio del Popolo era la legislatura favorita della repubblica, anche se tecnicamente le sue leggi erano chiamate plebisciti. Eleggeva gli Edili (solo quelli plebis) e i tribuni del popolo, e conduceva processi; l'ultima funzione cadde in disuso con la creazione delle corti permanenti.

Anche se il Senato passava i senatus consulta ("gli avvisi del senato") raccomandando leggi e misure, questi erano comparabili alle moderne risoluzioni delle Nazioni Unite, e non avevano nessun valore di legge (eccetto nel caso del senatus consultum de republica defendenda, il cosidetto decreto finale che stabliva un "dittatore tascabile" dirigendo i consoli a "prendersi cura che la Repubblica non corresse rischi"). Questo si può vedere nella condotta della Guerra Giugirtina, quando il Senato passo un senatus consultum estendendo il ruolo di comandante in capo di Quinto Cecilio Metello Numidico, ma il Consiglio del Popolo passò un plebiscito che nominava Gaio Mario al posto di Metello Numidico. Anche se Giulio Cesare venne nominato proconsole della Gallia Cisalpina e dell'Illiria da un senatus consultum, gli fu data la Gallia Transalpina per plebiscito.

Durante il suo consolato dell'88 AC, Lucio Cornelio Silla passò una serie di leges Corneliae che alterarono radicalmente la struttura della Repubblica. La sua terza legge proibiva al Comitato delle Genti Tribali e al Consiglio del Popolo di considerare qualsiasi legge a meno che non fosse spedita alle assemblee da un senatus consultum con una raccomandazione di valutazione favorevole. La sua quarta legge ristrutturava il Comitato delle Centurie in modo che la prima classe -- i senatori e i cavalieri più potenti -- avesse quasi il cinquanta percento del potere di voto. La quinta legge spogliò entrambe le assemblee tribali -- il Comitato delle Genti Tribali e il Consiglio del Popolo -- delle loro funzioni legislative, lasciando la legislazione nelle mani del ristrutturato Comitato delle Centurie (alle assemblee tribali rimasero l'elezione di certi magistrati e la conduzione dei processi, ma questi non potevano tenersi se non erano autirizzati da un senatus consultum).

Queste riforme furono rovesciate dai Populares guidati da Mario e Lucio Cornelio Cinna, ripristinate da Silla durante la sua dittatura rei publicae constituendae, e di nuovo rovesciate dopo la sua morte. Queste rappresentano uno dei più ampi e diretti cambiamenti della costituzione Romana sia durante il periodo della Repubblica che durante quello dell'Impero.


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