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Repubblica Romana

Vedi anche Repubblica Romana (XIX secolo).


Questo articolo č parte della
serie Storia di Roma.
Fondazione di Roma
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Repubblica Romana
Impero Romano
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Impero Romano d'Oriente

La Repubblica Romana (Res Publica Romana) come governo di Roma e dei suoi territori viene datato a partire dal 509 a.C fino alla fondazione dell’Impero Romano nel 44 a.C o 27 a.C.

La cittĂ  di Roma sorge sul fiume Tevere molto vicino alla costa del Mare Tirreno. Marcava il confine settentrionale del territorio nel quale veniva parlato il latino, e quello meridionale dell'Etruria, il territorio nel quale si parlava la lingua Etrusca.

Table of contents
1 Istituzioni Governative
2 Storia della Repubblica
3 La fine della Repubblica - 133-27 AC
4 Riferimenti

Istituzioni Governative

I Romani osservavano due principi per i loro ufficiali: l' annualitĂ  ovvero l'osservanza di un mandato di un anno, e la collegialitĂ  ovvero l'assegnazione dello stesso incarico ad almeno due persone alla volta. Il supremo ufficio di console, ad esempio, era sempre retto da due uomini contemporaneamente, ognuno dei quali esercitava un potere di mutuo veto sulle azioni dell'altro. Se l'esercito romano scendeva in campo sotto il comando dei due consoli, questi alternavano i giorni di comando. Gran parte degli altri incarichi erano rette da piů di due uomini - nella tarda Repubblica c'erano 8 pretori all'anno e 20 questori.

I dittatori erano un'eccezione all'annualitĂ  e alla collegialitĂ , mentre i censori lo erano solo per l'annualitĂ . In periodi di emergenza (sempre militari) un singolo dittatore veniva eletto con un mandato di 6 mesi in cui aveva da solo la guida dello stato. Su base regolare, ma non annuale, venivano eletti due censori: ogni cinque anni per un termine di 18 mesi.

Le legioni formavano l'ossatura della potenza militare Romana.

Storia della Repubblica

La leggendaria fondazione di Roma - 753 AC

I Romani erano convinti che la loro cittĂ  venne fondata nel 753 AC, da Romolo e Remo. Venne in seguito, come vuole la tradizione governata da Re per diversi secoli.

La fondazione della Repubblica - 509 AC

GiĂ  nell'epoca dei re, Roma aveva acquistato nel Lazio una supremazia che le derivava dal fatto di essere il piů forte baluardo contro i tentativi d'invasione della valle del Tevere da parte delle popolazioni circostanti: gli Etruschi, gli Equi e i Volsci, che premevano sui confini attratti dalla fertile pianura. Ciò le aveva consentito di organizzare, sotto la sua direzione, una Lega Latina composta da varie cittadine laziali. Tale lega si estese al punto tale da incorporare una dietro l'altra, tutte le zone di confine, arrivando a conquistare così tutta l'Italia. Gli Etruschi riuscirono ad avere per un certo tempo il sopravvento ed a comandare su Roma e sul territorio circostante . La fine di questa dominazione č segnata dal tradizionale racconto della cacciata di Tarquinio il Superbo.

La versione di Livio della fondazione della Repubblica sostiene che l'ultimo Re di Roma, Lucio Tarquinio il Superbo (superbus, "il soraggioso") aveva un figlio particolarmente sgradevole, Sesto Tarquinio, che violentò una nobildonna Romana, Lucrezia. Lucrezia costrinse la sua famiglia a entrare in azione raccogliendo gli uomini, dicendogli cosa era accaduto e uccidendosi in seguito. Essi erano obbligati a vendicarla, e guidarono una rivolta che fece fuggire la casa reale, i Tarquini, che lasciarono Roma per l'Etruria.

La leggenda narra che il sovrano esule si rivolse a Porsenna, re della cittĂ  etrusca di Chiusi, per averne l'appoggio militare e rientrare, così, in Roma. Porsenna accolse la preghiera del monarca appartenente alla sua stessa stirpe, si mise personalmente alla testa delle truppe e marciò verso la cittĂ . Giunto nei pressi, pose l'assedio; ma gli atti di valore dei Romani - Orazio Coclite, Muzio Scevola, Clelia - furono tali che, dopo qualche tempo, il re di Chiusi giudicò piů utile abbandonare l'amico e l'impresa.

Le ostilità con gli Etruschi si protrassero poi per lunghi anni, specialmente per la conquista della città di Veio, il cui assedio rimase memorabile come quello di Troia. Esso durò dieci anni e per la prima volta i soldati romani ricevettero uno stipendio a compenso del prolungato abbandono dei campi e della conseguente perdita dei raccolti.

Il marito di Lucrezia, Lucio Tarquinio Collatino e Lucio Junio Bruto vinsero le elezioni come primi due Consoli, i principali ufficiali della Repubblica. (Il Marco Junio Bruto che assassinò Giulio Cesare sosteneva di discendere dal primo Bruto).

I primi Consoli assunsero il ruolo del Re con l'eccezione dell'alto sacerdozio nell'adorazione di Jupiter Optimus Maximus nel grande tempio sul colle Capitolino. Per quel comptio i Romani elessero un Rex sacrorum o "Re delle cose sacre". Fino alla fine della Repubblica l'accusa che un uomo potente volesse dichiararsi Re rimase una di quelle che rovinavano una carriera. (Gli assassini di Giulio Cesare sostennero che agirono in quel modo per prevenire che venisse ristabilita una monarchia esplicita).

Patrizi e Plebei

La popolazione di Roma era divisa in patrizi e plebei. Queste parole hanno preso una tale differente connotazione di benessere e oridinarietĂ , nella nostra lingua, che devono essere esaminate nel loro contesto Romano. Le due classi erano ancestrali ed ereditarie. L'appartenenza ad una classe era fissata dalla nascita piuttosto che dal benessere, e anche se i patrizi, all'inizio della Rpubblica, avevano monopolizzato i principali incarichi politicai e probabilmente gran parte del benessere, ci sono sempre segni di plebei benestanti nelle registrazioni storiche, e molte famiglie patrizie avevano perso sia il loro benessere che l'influenza politica, durante la tarda Repubblica. Era possibile passare da una classe all'altra tramite l'adozione, come fece il politico Clodio, che fece in mododi farsi adottare in un ramo plebeo della propria famiglia, per scopi politici, nella tarda repubblica, ma questo avveniva raramente. Per il II secolo AC la classificazione aveva un significato predominante delle funzioni religiose - molti sacerdozi eramno limitati ai patrizi.

Le relazioni tra patrizi e plebei arrivarono talvolta a punti di grande tensione, tali da portare i plebei a secedere dalla città - i plebei se ne andavano letteralmente dalla città, portandosi dietro famiglia e beni mobili, e accampandosi sulle colline fuori dalle mura. Queste secessioni avvennero nel 494 AC, 450 AC, e attorno al 287 BC. Il loro rifiuto di continuare a cooperare con i patrizi portò a cambiamenti sociali in ogni occasione. Nel 494 BC, a circa soli 15 anni dalla fondazione della Repubblica, i plebei per la prima volta elessero due capi, ai quali diedero il titolo di tribuno. la "plebe" fece giuramento di tenere i suoi capi 'sacrosanti' o inviolati, durante il mandato del loro incarico, e che la plebe avrebbe ucciso chiunque avesse fatto loro del male. La seconda secessione portò ad un ulteriore definizione legale dei loro diritti e doveri e portò il numero di tribuni a 10. L'ultima secessione diede il voto al Concilium Plebis o "Concilio dei plebei", la forza della legge - quello che oggi chiamiamo "plebiscito".

L'invasione dei Galli

La fortuna di Roma, che in quel periodo era diventata una delle piů grandi potenze, fu sul punto di tramontare per sempre nel 387 AC, quando orde di Galli Sčnoni oltrepassarono l'Appennino e si diressero sulla cittĂ . Invano i Romani cercarono di fermarli; atterriti da quelle barbe selvagge, da quegli elmi muniti di corna, vennero facilmente vinti e i Galli, entrati nella cittĂ , la devastarono. Solo pochi guerrieri romani, che si erano ritirati sul Campidoglio (a cui č legata la leggenda delle oche), continuarono a resistere. I Galli erano riusciti ad assediare la cittĂ . I difensori cominciarono ben presto a soffrire la fame. Piů volte, guardando le oche sacre che vivevano lassů, nel tempio di Giunone, avevano pensato che con quelle avrebbero potuto placare i tormenti del lungo digiuno. Ma le oche erano sacre alla Dea e ucciderle sarebbe stato un sacrilegio. Una notte un valoroso soldato, Marco Manlio, che dormiva presso il tempio di Giunone, sentì risuonare uno strano rumore che lo destò d'improvviso. Prontamente egli afferrò la spada e balzò in piedi. Subito capì che le oche stavano starnazzando. Manlio corse alle mura della rocca, guardò giů... e si trovò faccia a faccia con un Gallo. I nemici tentavano un assalto e in quel momento, appunto, un gruppo di essi si spingeva sopra il parapetto per entrare nella fortezza. In un istante Manlio afferrò il braccio teso del primo Gallo, gli strappò le dita dal parapetto e lo lanciò giů per la rocca. Iniziò a gridare e il clamore delle oche cresceva... cresceva.... In pochi minuti tutti i soldati si destarono ed afferrarono le armi, pronti alla difesa. Gridando, gli eroici difensori della rocca corsero alle mura. La sorpresa dei Galli fallì. In breve, essi furono sconfitti e ricacciati giů. Dopo qualche giorno, tuttavia, costretti dalla fame, i coraggiosi difensori del Campidoglio dovettero venire a patti con i Galli. E furono patti duri: Roma dovette pagare la propria libertĂ  con l'oro: molto, molto oro. Per di piů, pesato con le bilance false dei Galli, sulle quali il loro comandante, Brenno, aveva posato la sua spada. Per fortuna, proprio in quel momento, rientrava in Roma Furio Camillo, valoroso generale romano che aveva raccolto e radunato i guerrieri dispersi. Giunto come una furia sulla piazza, si arrestò di fronte a Brenno gridando che avrebbe liberato Roma con il ferro e non con l'oro. Fu il segno della riscossa. I Romani rianimati ripresero la lotta e i Galli furono cacciati dalla cittĂ  con enormi perdite. Benchč quasi totalmente distrutta, Roma era salva. Fu ricostruita piů bella per volere di Camillo, chiamato per questo: Secondo fondatore di Roma.

L’età delle conquiste

Alla fine della Seconda Guerra Punica, nel 201 AC, Roma si era liberata dell'unico avversario capace di contenderle il dominio del Mar Mediterraneo. Nel cinquantennio successivo, il potere di Roma si estese rapidamente. Dal 200 AC al 197 AC si svolge la seconda e guerra macedonica: sconfitto a Cinocefale, Filippo V di Macedonia deve rinunciare alla Grecia. Nel 196 AC il console Tito Quinzio Flaminino proclama l'indipendenza della Grecia. Dal 192 AC al 189 AC si svolge la guerra siriaca: Antioco III di Siria č sconfitto a Magnesia. Dal 171 AC al 168 AC si ha invece la terza guerra macedonica, Perseo di Macedonia č sconfitto a Pidna, la Grecia č in mano ai Romani, la ricchissima biblioteca reale e molti uomini di cultura giungono a Roma. Il processo durò fino al 133 AC, quando fu presa Numanzia, ultimo centro di resistenza antiromana in Spagna ma si era emblematicamente concluso nel 146 AC, l'anno in cui gli eserciti romani avevano raso al suolo Cartagine (terza guerra punica 149 AC - 146 AC) e Corinto (alleata di Cartagine ed a capo della lega achea con fini antiromani).

La progressiva crescita di Roma da piccola città-stato a potenza egemone dell'Italia e poi dei Paesi mediterranei, modificò profondamente il suo assetto sociale, economico e culturale. Tale processo, non del tutto erroneamente, fu interpretato dalla storiografia come uno snaturamento delle antiche idealità. Il fenomeno fu avvertito con preoccupazione anche dai contemporanei, infatti risale a quest'epoca l'insistenza, destinata a divenire luogo comune, sulla degenerazione dei costumi, sugli effetti corruttori del lusso e della ricchezza e sulla perdita degli antichi valori. La classe dirigente si arricchì enormemente con i proventi delle guerre di conquista, i ceti intermedi accumularono ingenti patrimoni e realizzarono una rapida ascesa sociale, mentre l'antico ceto di piccoli proprietari agricoltori, base dell'espansione romana in Italia, fu vittima della proletarizzazione, soprattutto a causa dell'abbandono dei poderi conseguente alla forzata permanenza all'estero durante le pluriennali campagne militari.

Le terre si concentrano in immensi latifondi sottoposti a sfruttamento intensivo mediante l'utilizzo delle immense masse di schiavi che le guerre di conquista avevano reso disponibili sul mercato. Gli antichi proprietari, ormai proletarizzati, o i loro discendenti, incrementarono il proletariato urbano, costituendo un perpetuo fattore di instabilitĂ  sociale. L'irrisolta questione agraria divenne una costante della scena politica romana.

La fine della Repubblica - 133-27 AC

Il periodo che va dalle agitazioni graccane alla dominazione di Silla, segnò l'inizio della crisi che, quasi un secolo dopo, portò la repubblica aristocratica al tracollo definitivo.

Dall'età dei Gracchi alla dittatura di Silla (131 AC – 79 AC)

A partire dalla riforma agraria di Tiberio Gracco nel 133 AC, le convulsioni politiche divennero sempre piů gravi, producendo una serie di dittature, guerre civili, e temporanee tregue armate, nel corso del secolo successivo. Gran parte delle registrazioni politiche del periodo sono sopravissute, e siamo quindi in grado di comprenderle in profonditĂ .

Gli intenti di Tiberio erano sostanzialmente conservatori. Preoccupato dalla penuria di uomini che aveva notato in varie parti d'Italia e dalla povertà di molti e convinto che in queste condizioni sarebbe stato impossibile mantenere l'ordinamento sociale che era l'ossatura dell'esercito, egli si proponeva, mediante nuove distribuzioni di terre, di dar nuovo vigore al ceto dei piccoli proprietari agricoli. L'aristocrazia senatoria, arroccandosi in una miope difesa dei propri interessi particolari, ostacolò Tiberio fino a provocarne la morte. La riforma di Gracco consisteva semplicemente nel mettere delle terre nelle mani dei veterani, ma malignamente, i suoi opponenti al senato risposero alle sue macchinazioni politiche uccidendolo in strada.

La vicenda si ripetĂ© nel 123, quando il fratello di Tiberio Gaio Gracco, anch'egli eletto al tribunato, continuò gli sforzi riformatori, promosse l'estensione delle concessioni a tutte le cittĂ  d'Italia, e stabilì le equites come una nuova forza della politica Romana. Nonostante il fallimento dei Gracchi, la questione agraria restò al centro della vicenda politica e sociale della tarda repubblica, la soluzione fu imposta assai piů tardi dai grandi capi militari, alla testa di milizie di proletari, per i quali l'assegnazione di terre rappresentava la ricompensa di lunghe campagne di guerra (41 AC circa).

I successi militari e diplomatici di Roma, attorno al Mediterraneo risultarono in una nuova e inusuale pressione sulle strutture della vecchia cittĂ -stato. Mentre la disputa tra fazioni era diventata una parte tradizionale della vita Romana, la posta in gioco era ora molto piů alta; un governatore provinciale corrotto poteca arricchirsi piů di quanto qualunque dei suoi predecessori potesse avere ritenuto possibile, e un comandante militare di successo aveva bisogno solo delle sue legioni per governare su un vasto territorio. Inoltre, i piccoli proprietari terrieri erano svantaggiati nei confronti delle grandi proprietĂ  mandate avanti dagli schiavi, producendo un grande numero di disoccupati urbani.

Una reazione conservatrice restituì potere al Senato, ma questo proseguì la Guerra Giugurtina del 112-105 AC in maniera deludente, oltre alla Guerra degli schiavi in Sicilia, e alle sconfitte da parte delle tribů germaniche, tra le quali i Cimbri, che distrussero le armate consolari ad Arausio nel 105 AC. Roma venne salvata da Gaio Mario, che ottenne diversi incarichi consolari 103-101 AC e sconfisse i Teutoni ad Aquae Sextiae (102) e i Cimbri vicino a Vercellae nell'anno seguente. Il partito democratico, nel 107 AC, portò al consolato Gaio Mario, che estese il reclutamento ai nullatenenti, sia romani, sia italici e provinciali, organizzando un esercito piů efficiente, ma la riforma dell’esercito si rivelò deleteria per la stabilitĂ  dello Stato, infatti i proletari arruolati, divennero soldati di mestiere, legati piů ai loro comandanti che alle istituzioni repubblicane. Mario, valendosi del proprio prestigio di generale e dell'appoggio dei suoi veterani, impose a Roma il proprio potere personale, concretatosi nell'elezione al consolato per sei anni di seguito. Ma le riforme militari di Mario erano risultate in un esercito di volontari proletari senza particolare amore per il Senato, e gli alleati politici di Mario usarono l'esercito per minacciare il Senato e far passare delle leggi che ne riducessero il potere. Mario mise un freno ai suoi alleati e si mise egli stesso in una posizione di inferioritĂ .

Ancora una volta il Senato si rivelò non all'altezza del suo ruolo, e fallì nel gestire il crescente malcontento degli alleati in Italia. Dopo che il riformatore Livio Druso, che aveva proposto di conceder loro la cittadinanza romana venne assassinato nel 91 AC, quasi tutti gli alleati italiani di Roma si ribellarono, in quelle che i romani chiamarono la Guerra Sociale (alleati = Socii,). I Romani furono in grado di porre fine alla guerra solo nell'88 AC garantendo la cittadinanza a tutti gli italiani che vivevano a sud del fiume Po.

Delle difficoltà create a Roma da questa guerra approfittò Mitridate VI del Ponto, per suscitare in Oriente una vasta insurrezione antiromana, l'invasione della Bitinia, fu l'ultima di diverse provocazioni che, questa volta, costrinsero Roma ad agire. La rivolta fu repressa da Silla, esponente del partito oligarchico senatoriale. Mario e Silla si contesero il comando dell'esercito, finendo con Silla che marciava su Roma con numerose legioni, mettendo fuori legge i suoi avversari e facendo passare leggi che favorivano il Senato. Silla andò quindi in Grecia, sconfisse Mitridate a Chaeronea nell'86 AC, e tornò nell'83 AC per rovesciare l'alleato di Mario, Cinna.

Mentre Silla era in Oriente, i democratici avevano ripreso il sopravvento in Italia, ma il generale, sconfitto Mitridate, rientrò, scatenando la guerra civile, al termine della quale (82 AC, battaglia di Porta Collina) Silla si fece nominare dittatore, eliminò gli avversari e attuò una riforma dello Stato volta a garantire l’autorità del senato e ridurre il potere dei tribuni e dell'esercito, (82 AC – 79 AC). Ritiratosi a vita privata, il dittatore morì nel 78 AC. I suoi cambiamenti non sopravvissero di molto al suo ritiro volontario. Mentre Mitridate si preparava a riprendere le ostilità contro Roma e nella penisola iberica la rivolta dei Lusitani trovava in Sertorio un capo prestigioso, in Italia divampava il malcontento di chi aveva subito le persecuzioni di Silla.

La rivolta spartachista: 73-71 AC

L'agricoltura su vasta scala nella penisola italiana iniziò a dipendere sulla schiavitů con il sistema dei latifundia, e venne minacciata da una grave rivolta degli schiavi, guidata da Spartaco che durò dal 73 AC al 71 BC. Allo stesso tempo Pompeo tentava di domare l'insurrezione iberica.

Spartaco era uno schiavo della Tracia, e venne addestrato come gladiatore. Nel 73 AC, assiemem ad alcuni compagni, si ribellò a Capua e fuggì verso il Vesuvio. Il numero di ribelli crebbe rapidamente fino a 70.000, composti principalmente di schiavi Traci, Galli e Germanici.

Inizialmente, Spartaco e il suo secondo in comando Crixus riuscirono a sconfiggere diverse legioni inviate contro di loro. Una volta che venne stabilito un comando unificato sotto Licinio Crasso, che aveva sei legioni, la ribellione venne schiacciata nel 71 AC. Circa 10.000 schiavi fuggirono dal campo di battaglia.

Gli schiavi in fuga vennero intercettati da Pompeo, che stava ritornando dalla Spagna, e 6.000 vennero crocifissi lungo la Via Appia, da Capua a Roma. Anche se Crasso svolse gran parte della lotta contro i ribelli, Pompeo reclamò la vittoria. Questa divenne una fonte di tensione tra i due uomini.

Grazie all'appoggio dei loro eserciti, Pompeo e Crasso, ristabilito l’ordine in Spagna e in Italia, si fecero eleggere al consolato e nel 70 abrogarono la costituzione sillana, della quale erano stati dieci anni prima fautori convinti.

In ultima analisi, una volta che i Romani trovarono la giusta guida, i ribelli vennero sconfitti rapidamente. Questo non toglie nulla alle conquiste di Spartaco, che fu in grado di unire una banda di schiavi in una forza combattente in grado di sconfiggere diverse legioni.

L'intero incidente mostrò la debolezza del Senato e del regime della tarda Repubblica Romana.

La fine della Repubblica 66-27 AC

Nel 66 AC, amplissimi poteri furono concessi a Pompeo perché concludesse la guerra contro Mitridate (Cicerone: pro Lege Manilia). Nel 62 AC, Pompeo tornò a Roma, dove, nel 63 AC, Cicerone aveva sventato la congiura di Catilina contro l'oligarchia senatoriale. Nell'estate del 60 AC, Pompeo formò con Cesare e Crasso il primo triumvirato (accordo privato) che decise le sorti della repubblica senza alcun riguardo per le leggi e le istituzioni.

Grazie agli accordi triumvirali, Cesare, fattosi assegnare il proconsolato della Gallia Cisalpina e della Provincia, conquistò in pochi anni la Gallia ancora indipendente procurandosi il prestigio, il danaro e le forze militari necessarie per imporre il proprio potere personale. Il senato temeva sia Cesare sia Pompeo, che però era piů incline al compromesso, pertanto questi, nel 52 AC, in occasione di violenti tumulti tra fazioni, fu nominato console senza collega (contraddizione in quanto il consolato era magistratura collegiale) e si alleò con il senato per ostacolare l'ascesa di Cesare. Nel 49 AC, all'intimazione del senato di sciogliere le legioni, Cesare rispose varcando il Rubicone che, secondo la costituzione sillana, doveva essere il confine della repubblica entro il quale era vietato ai generali di entrare con le proprie milizie. La guerra civile fu inevitabile. Sconfitto Pompeo nel 48 AC a FarsĂ lo e battuti gli eserciti dei suoi alleati Cesare, nel 45 AC, ormai padrone di Roma, conservò formalmente le istituzioni repubblicane, ma in realtĂ  le sostituì con un regime assolutistico.

Dal punto di vista giuridico, il potere di Cesare originava dal concentrarsi nella sua persona delle principali magistrature repubblicane, ma in realtĂ , esso si fondava sull'appoggio degli eserciti, dei veterani e della plebe di Roma. La riforma dello Stato attuata da Cesare fu caratterizzata da una politica piů equa nei confronti delle province, dal ridimensionamento del potere del senato, che fu rinnovato con l'immissione di nuovi membri, ma fu ridotto a funzioni prevalentemente consultive, e dallo scarso peso attribuito ai comizi tributi, utilizzati solo per ratificare provvedimenti giĂ  decisi dal dittatore. Nel 44 AC Bruto e Cassio, capi di una congiura senatoria, assassinarono Cesare. Antonio e Lepido tentarono di continuarne la linea politica, mentre il senato puntava sulla restaurazione della repubblica e in un primo tempo riuscì a servirsi di Ottaviano, nipote, erede e figlio adottivo di Cesare, per combattere contro Antonio. In un secondo tempo, però, il senato per liberarsi di Ottaviano si schierò con Bruto e Cassio che, in Oriente, reclutavano truppe e preparavano la rivalsa del partito repubblicano oligarchico.

Il comportamento ambiguo del senato indusse Ottaviano ad accordarsi con Antonio e Lepido e a costituire con loro il secondo triumvirato: una dittatura a tre, imposta con la forza ma formalmente ratificata dai comizi tributi. Il nuovo regime, sterminati gli avversari con le liste di proscrizione, batté a Filippi (42 AC) gli eserciti dei cesaricidi, stroncando ogni velleità di restaurazione repubblicana, ma la rivalità fra Ottaviano e Antonio, ormai legato alla regina egiziana Cleopatra, portò ad una nuova guerra civile. Sconfitto Antonio ad Azio nel 31 AC, Ottaviano restò padrone dello Stato, nel 27 AC, il potere era ormai concentrato nelle sue mani e la repubblica era stata sostituita dall'Impero Romano, anche se le istituzioni romane, formalmente, esistevano ancora.

  • Corpi politici della Repubblica
Senato Romano
altre Assemblee Romane

  • Istituzioni politiche della Repubblica
Dittatore
Console
Pretore
Edile
Questore
Tribuno
Censore
Pontefice massimo
Princeps Senatus
Lictor
Cursus honorum

  • Personaggi della Repubblica
Periodo iniziale della Repubblica
Lucrezia
Lucio Junio Brutuo
Cincinnato
Appio Claudio il Censore

Guerre sannite 327-290 AC

Guerre Puniche
Annibale - vedi Cartagine
Scipione l'Africano
Scipione Emiliano
Catone il Censore

Tarda Repubblica
Ahenobarbus family
Giulio Cesare
Tiberio Sempronio Gracco
Gaio Sempronio Gracco
C. Marius
Lucio Cornelio Silla
Gnaeus Pompeius Magnus
Marco Licinio Crasso
Marco Tullio Cicerone
Spartaco

Letteratura latina del periodo della Repubblica
Catullo
Cicerone
Ennio
Fabio Pittore
Lucrezio
Nevio
Plauto
Terenzio

Riferimenti

William G. Sinnigen & Arthur E. R. Boak, A History of Rome to 565 A.D. (Macmillan)


GNU Fdl - it.Wikipedia.org




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