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Cause della Rivoluzione francese

Durante il '700, grazie alla laboriosità e all'avvedutezza negli affari, i ceti borghesi si procurarono una prosperità e un prestigio che li contrapposero nettamente alla vecchia aristocrazia, chiusa nei suoi privilegi. L'imponente aumento demografico, verificatosi in Francia intorno alla metà del secolo, fece aumentare la richiesta di prodotti agricoli, di materie prime, di abitazioni e di tessuti, mentre le città diventavano sempre più popolose. La borghesia commerciale e imprenditoriale era la classe che traeva i maggiori vantaggi da tale situazione, mirava a partecipare al potere politico ed era sempre più insofferente dei privilegi dell'aristocrazia conservatrice.

Nella seconda metà del secolo, però, il capitalismo industriale, bruscamente introdotto nelle arcaiche economie rurali europee causò gravi inconvenienti, quali l'aumento del costo della vita, la crisi delle prime attività industriali l'estendersi della disoccupazione. Tali fenomeni colpirono più duramente i ceti popolari, ossia i contadini, i braccianti, i piccoli proprietari, gli operai delle botteghe artigianali ed il basso clero.

Le carestie determinate per lo più dal cattivo andamento stagionale aggravarono la situazione, e, dopo il 1780, si verificarono disordini in diverse parti d'Europa, ispirati alla vittoriosa rivoluzione americana. In Svizzera i ceti borghesi si ribellarono alla tradizionale autorità delle vecchie aristocrazie, in Belgio borghesi e contadini lottarono contro l'assolutismo asburgico e contro i privilegi nobiliari, in Irlanda i contadini si ribellarono con violenza contro lo strapotere politico-economico dei proprietari terrieri inglesi di religione anglicana.

La Francia del tempo, nonostante le notevoli risorse agricole ed industriali, era un Paese ancora molto arretrato, che fondava la propria economia su un'agricoltura sostanzialmente arcaica. Era ancora diffuso l'antico aratro di legno, che penetrava nel terreno in maniera superficiale e vaste aree agricole erano lasciate alternativamente incolte per far riposare la terra e per raccogliere il fieno necessario al bestiame. L'industria non era molto sviluppata, almeno in rapporto a quella sviluppatasi in Inghilterra, dove il capitalismo industriale era in piena espansione. In Francia le poche industrie, sparse un po' dovunque, erano per lo più industrie metallurgiche che usavano procedimenti antiquati e poco economici, o industrie tessili che, specialmente in provincia, sfruttavano il lavoro di operai-contadini, legati parzialmente alla terra. L'impiego di macchine industriali era ancora del tutto marginale e la produzione dipendeva in gran parte dal lavoro manuale.

Le attività economicamente più importanti erano quelle commerciali, che avevano il loro centro o in città marinare, come Nantes, Bordeaux e Marsiglia, o nelle campagne, dove i commercianti-imprenditori facevano largo uso di manodopera femminile contadina. La Francia del '700, culla dell'illuminismo era, paradossalmente, il Paese dove, per l'inerzia della monarchia, l'attività riformatrice era mancata quasi completamente, e dove la società era ancora divisa in caste secondo criteri medievali ormai privi di ogni giustificazione. La popolazione era, infatti, suddivisa in tre stati: Clero, Nobiltà e Terzo Stato (borghesia e proletariato). La classe dominante era costituita dalla grande nobiltà, che viveva delle rendite della terra, garantite dagli antichi diritti feudali.

L'aristocrazia aveva definitivamente abbandonato l'amministrazione delle sue vaste tenute e preferiva, solitamente, vivere a corte, disdegnando i pubblici impieghi e il lavoro produttivo commerciale e imprenditoriale, considerati come attività poco onorevoli, da riservare a borghesi di oscure origini. Tale scelta era stata incoraggiata dal governo per evitare un’eccessiva autonomia. La piccola nobiltà, pur essendo in condizioni di parità formale con la grande aristocrazia, era in parte coinvolta nei commerci, e in parte viveva in provincia, amministrando direttamente modeste proprietà che le consentivano una vita a malapena dignitosa. Questi piccoli nobili, assillati dalle necessità economiche, si dimostravano esosi e intransigenti nei confronti dei contadini, e difendevano i propri privilegi con un accanimento anche maggiore di quello dei grandi nobili.

L'alto clero, come la nobiltà, godeva di molti privilegi ed era esentato da ogni tributo fiscale, benché controllasse vasti territori agricoli ed un consistente patrimonio immobiliare urbano, inoltre percepiva la decima, consistente, secondo la tradizione feudale, nel prelievo di una parte (variabile a seconda dei luoghi) dei redditi agrari dei nobili, dei borghesi, dei contadini e quindi, di tutte le categorie legate alle attività agricole. Il basso clero viveva invece modestamente, soprattutto nelle campagne, dove, molto spesso, si dimostrava sensibile ai problemi dei ceti più modesti fino a schierarsi apertamente dalla parte di coloro che sostenevano la necessità di profonde riforme.

Il 90% della popolazione era, però, costituito dal Terzo Stato che comprendeva tutti i Francesi non appartenenti agli ordini privilegiati e includeva sia la grande borghesia imprenditoriale e commerciale, sia la media e piccola borghesia delle professioni, i padroni e i lavoranti delle modeste botteghe artigianali cittadine, sia i più poveri pastori e i braccianti a giornata delle campagne. La massa urbana, formata da modestissimi imprenditori, da padroni di bottega, da piccoli artigiani o da lavoranti a giornata, nel periodo prerivoluzionario, sembrava ancora omogenea e compatta, ma, in realtà, era attraversata da divisioni e da contrasti. Gli artigiani, proprietari di piccole botteghe, si sentivano partecipi di quella borghesia imprenditoriale che ammiravano e invidiavano, tuttavia la loro concezione produttiva era ancora antiquata perché si fondava su una produzione ristretta e sulla vendita diretta del prodotto finito. Da ciò derivava un insanabile contrasto con i grandi produttori.

Il proletariato vero e proprio, costituito da garzoni, apprendisti, facchini e salariati in genere, non aveva ancora maturato una coscienza politica, i lavoratori della bottega artigiana vivevano di solito in un rapporto di stretta familiarità con il padrone, con gli interessi del quale finivano con l'identificarsi. Le precarie condizioni economiche di questi ceti erano determinate dall'inadeguatezza del salario rispetto al costo della vita calcolato sul prezzo del pane, ossia dell'alimento fondamentale. Dai tempi di Luigi XIV i nobili, preferendo vivere a corte, avevano cominciato a trascurare i propri possedimenti, spesso affidandoli a grandi fittavoli che sfruttavano senza scrupoli i braccianti più poveri e gli stessi contadini proprietari di piccoli poderi. Accanto ai contadini più poveri legati alle antiche consuetudini ed ostili alle innovazioni che avrebbero potuto danneggiarli (es. la recinzione dei terreni), esisteva però un ceto di contadini benestanti che, producendo per il commercio, sentivano la necessità di adottare nuove tecniche e di introdurre coltivazioni che richiedono la recinzione dei campi.

La Francia della seconda metà del '700 era sull'orlo del collasso finanziario a causa di una cattiva amministrazione e di un sistema fiscale assurdo, che colpiva soprattutto i contadini e privilegiava la grande proprietà terriera, laica ed ecclesiastica. Luigi XVI, salito al trono nel 1774, chiamò a dirigere le finanze un abile economista, il Turgot che tentò di liberare il paese dalle più pesanti eredità feudali, proponendo di far pagare le tasse anche agli aristocratici e all'alto clero. Quest'ultimo progetto scatenò però una violenta reazione nobiliare che costrinse il sovrano ad allontanare il ministro, ma il deficit dello Stato era ormai diventato enorme e il nuovo ministro, il ginevrino Necker, pur falsando i bilanci, (sperando in prestiti da parte di banche estere aveva ridotto le spese belliche, ma lasciato invariate le spese per la corte per far risultare il bilancio in attivo), fece comprendere all'opinione pubblica quanto costasse mantenere l'aristocrazia cortigiana. Al Necker successe il Calonne, che rendendosi conto del disastro finanziario-amministrativo del Paese, dopo essere ricorso alla solita politica dei prestiti, decise di far pagare le tasse a tutti, nobili ed ecclesiastici compresi. La nobiltà si irrigidi ancora una volta, spalleggiata dal Parlamento di Parigi e dall'alto clero, e nel biennio 1787-88 i ceti aristocratici tentarono di riconquistare del tutto gli antichi privilegi che i monarchi avevano loro tolto fra il '600 e il '700.

Nel corso del 1788 la situazione peggiorò, anche perché il sovrano si era ormai urtato sia con il Parlamento di Parigi sia con gli altri Parlamenti delle città di provincia, che in sostanza appoggiavano la grande nobiltà. Mentre a Parigi alcuni nobili più illuminati, come il La Fayette, il marchese di Condorcet, il conte di Mirabeau, affiancati da alcuni grandi borghesi, davano vita al Partito dei Patrioti che aspirava alla creazione di un sistema monarchico-costituzionale, in provincia la nobiltà e i Parlamenti, gli ecclesiastici e i contadini organizzarono adunanze tumultuose e scoppiarono disordini e sommosse.


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