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Cesare Pavese

Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, Cuneo 9 settembre 1908 - Torino 27 agosto 1950) č stato uno fra i principali scrittori italiani del '900. Per tutta la vita, cercherĂ  di vincere la solitudine interiore, sentita come condanna e vocazione.

Studioso e pensatore che si riconosceva nella sinistra italiana, morì suicida a quarantadue anni di età. Il suo grande amico e scrittore Davide Laiolo bene descriverà in un libro intitolato non casualmente Il vizio assurdo il malessere esistenziale che sempre avvolse la vita dello scrittore piemontese.

Importante fu l'opera di Pavese scrittore, traduttore e critico: oltre all'Antologia americana curata da Elio Vittorini, comprenderĂ  la traduzione di classici della letteratura da Moby Dick di Melville, nel 1932, ad opere di Dos Passos, Faulkner, Defoe, Joyce e Dickens.

La sua attività di critico in particolare contribuirà a creare - verso la metà degli anni ’30 il sorgere di un certo mito dell’America. Lavorando nell’editoria (per la Einaudi) Pavese propose alla cultura italiana scritti su temi differenti, e prima d'allora raramente affrontati, come l'idealismo ed il marxismo, inclusi quelli religiosi, etnologici e psicologici.

Table of contents
1 Opere e biografia
2 La poetica di Pavese

Opere e biografia

Lavorare stanca

Le poesie di Lavorare stanca (
1936) furono fortemente innovative e, insieme alle sue opere di narrativa, attraggono ancora un vasto pubblico. Pavese nacque a Santo Stefano Belbo, nelle Langhe, dove il padre, cancelliere di tribunale a Torino, aveva un podere. Sono questi i luoghi e le esperienze infantili mitizzati successivamente dal Pavese scrittore.

Nel 1914 muore il padre e questo gli causa un primo trauma. La madre infatti si sostituirĂ  al marito defunto nell'allevare il figlio in maniera quanto mai rigida. Pavese compie gli studi liceali a Torino con Augusto Monti, collaboratore di Godetti, narratore, studioso di problemi della scuola. È il primo contatto con il mondo degli intellettuali e con personalitĂ  come Leone Ginzburg, Tullio Pinelli, Vittorio Foa, studioso di problemi politici e sociali, Norberto Bobbio).

Ma č durante gli anni dell'universitĂ  che Pavese matura l’interesse per la letteratura americana; in quegli anni, intanto, alterna il lavoro di traduttore all’insegnamento della lingua inglese (si era nel frattempo laureato con una tesi sul poeta americano Walt Whitman).

Nel 1935 viene inviato al confino per attivitĂ  antifascista (in realtĂ  si era limitato a prestarsi come recapito per lettere compromettenti per un'attivista comunista di cui era innamorato); mentre č al confino pubblica Lavorare stanca (iniziato nel 1928) e, nello stesso periodo, inizia la stesura de Il mestiere di vivere, diario letterario ed esistenziale che continuerĂ  a scrivere fino alla fine dei suoi giorni.

Il mestiere di vivere

Ritornato dal confino, Pavese scopre che la donna da lui amata si č sposata (e questo gli causa un secondo trauma); da quel momento Pavese č angosciato dal timore che quanto giĂ  accaduto possa ripetersi.

La sensazione angosciosa del fallimento, complicata pare da disturbi della sfera sessuale, lo accompagnerà fino alla morte. Buon per lui che, nel 1938, il rapporto con la Einaudi diviene stabile. Nel 1940 può terminare così La bella estate ed iniziare Feria d’agosto; nel 1941, pubblica Paesi tuoi

L'adesione al PCI

Richiamato alle armi, č congedato a causa dell’asma che lo affligge. Dall’8 settembre 1943 alla Liberazione si rifugia dapprima presso la sorella, poi in un collegio dei padri Somaschi a Casale Monferrato, estraniato rispetto alle vicende del Paese, mentre molti suoi amici entrano nella Resistenza. Tale esperienza č narrata ne La casa in collina (scritto tra il 1947 ed il 1948). Nell’opera č espressa la conflittualitĂ  tra la sua scelta e quella degli amici, molti dei quali in seguito a tale risoluzione sono morti. A guerra finita, tuttavia, e quasi per riscattare la scelta precedente, Pavese entra nel PCI.

La luna e i falò

Nel 1947, vince il Premio Strega con Il compagno e, nel 1950, con La luna e i falò.

La delusione amorosa per la fine del rapporto sentimentale con l'attrice americana Constance Dowling - cui dedica gli ultimi versi VerrĂ  la morte ed avrĂ  i tuoi occhi - ed il disagio esistenziale lo inducono al suicidio il 27 agosto del 1950, a Torino.

La poetica di Pavese

Dal 1936 al 1941

Pavese esordisce come poeta nel
1936, con Lavorare stanca. La raccolta č ripubblicata nel 1943, con l’aggiunta di trentun poesie e la soppressione di sei. In piena cultura ermetica Pavese imbocca la via della poesia – racconto (ritmi narrativi, toni del parlato, osterie, cittĂ  etc.). L’esperienza narrativa produce un verso allungato e dalla cadenza ampia (decasillabo allungato a tredici sillabe).

Nel saggio Il mestiere di poeta Pavese sostiene la necessità dell’aderenza delle parole alle cose e rifugge la musicalità fine a se stessa. Tali primi canoni di poetica sono poi modificati per evitare che la poesia – racconto diventi bozzettismo naturalistico. Pavese teorizza una poesia che si risolve in immagini. Poesia – racconto e poesia – immagine coesistono in Lavorare stanca, opera in cui sono già presenti i topoi pavesiani: solitudine come condanna esistenziale, incapacità di dialogo, vagheggiamento della donna, campagna come mito da cui originano le prime impressioni e l’identità dell’individuo, la figura dell’espatriato che torna al luogo di origine, cercando la propria infanzia, alla ricerca della propria identità.

Pavese alla capacitĂ  affabulatoria unisce una precisa consapevolezza critica. Il carcere costituisce la sua prima prova narrativa valida (carcere della solitudine). Il protagonista vive l’esperienza del confino ma si tratta soprattutto di un’autobiografia spirituale: la vicenda dell’intellettuale che cerca di rompere la solitudine, ma che da questa č risucchiato. Di lĂ  delle implicazioni politiche il romanzo č caratterizzato dall’analisi esistenziale.

Nel 1941, pubblica Paesi tuoi attirando l’attenzione della critica che lo interpreta come una manifestazione di realismo. In realtà la descrizione di una campagna primitiva ed i temi della passione, del sangue, nonché un linguaggio che attinge al dialetto ed al parlato e l’apparente oggettività naturalistica conferiscono una dimensione mitica e rituale alla narrazione, una lettura del reale in chiave simbolica, attinta dagli studi di antropologia e del sacro.

La sua consacrazione del mito deriva dall’idea secondo la quale nell’infanzia si creano miti e simboli che formano una specie di memoria atavica. Pavese č lontano da ogni rappresentazione realistica in quanto ha, come principio di poetica, la necessitĂ  di focalizzare il fondo mitico ed irrazionale che č patrimonio di ogni individuo e che ne determina la personalitĂ  ed il destino.

L'ultimo decennio

Nell’ultimo decennio, dal ’40 al ’50, Pavese produce opere eterogenee per tematica e stile. La riflessione sul mito orienta Pavese in due direzioni, apparentemente lontane, ma che hanno lo stesso obbiettivo.

Da un lato recupera il fondo mitico della propria personalità, distanziandosi dalla realtà e rifugiandosi nell’intellettualismo (Dialoghi con Leucò) per un altro verso indugia al neorealismo, all’osservazione dell’ambiente e degli uomini (Il compagno, 1946).

La stessa coesistenza di interessi diversi si trova nel 1949 in La luna e i falò e in Tre donne sole. I due motivi si integrano, poiché mettono a fuoco l’uomo, alienato nel contesto cittadino, che cerca le proprie radici mitiche. La narrativa di Pavese non si distingue per la complessità della trama, bensì si identifica in brevi capitoli potenzialmente evocativi.

I due testi esemplari sono La casa in collina e La luna e i falò. La casa in collina fu pubblicato insieme a Il carcere. Il titolo del volume era Prima che il gallo canti (Vangeli: Monte Uliveto, Cristo a Paolo: prima che il gallo canti mi rinnegherai tre volte) che chiarisce l’accostamento dei due romanzi: il protagonista de Il carcere č schiavo della solitudine fino ad amarla.

Corrado, protagonista del La casa in collina, mentre i suoi amici partecipano ala lotta partigiana, si estranea nella propria solitudine finchĂ© giunge alla consapevolezza che il suo isolamento č stato un tradimento. Pavese approfondisce oltre al tema mitico, anche quello sociale e di classe. La solitudine diviene da stato d’animo, condizione esistenziale e sociale.

Anche La luna e i falò č un romanzo – bilancio, atemporale, nel quale Pavese cala i propri temi e i propri principi teorici. Il ritorno all’infanzia č il percorso obbligato per conoscersi ed avere consapevolezza del proprio destino. La novitĂ  del romanzo č costituita dal fatto che il pellegrinaggio ai luoghi mitici dell’infanzia si conclude nella constatazione che tutto č perduto: sono scomparse le persone e cambiati i luoghi č la lucida e dolorosa constatazione che la morte č connaturata all’uomo.


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