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Teoria dello stato stazionario

Questo articolo riguarda l'astronomia. In cinetica chimica stato stazionario viene usato per indicare un'utile approssimazione.


La Teoria dello stato stazionario è uno scenario cosmologico non-standard che fu sviluppato nel 1949 da Fred Hoyle ed altri come alternativa alle teorie che assumono un Big Bang.

La sua base "filosofica" è il cosiddetto Principio cosmologico perfetto, che afferma che il nostro punto di osservazione dell'Universo non solo non è per nulla particolare dal punto di vista della posizione (cioé, l'uomo, la Terra, il Sole o la Via Lattea non sono né al centro dell'Universo né in un luogo comunque privilegiato), ma anche dal punto di vista temporale: su scala cosmologica l'epoca in cui viviamo non sarebbe significativamente differente da ogni altra e l'universo su grande scala sarebbe quindi eterno ed immutabile.

Questo principio può essere conciliato con la cosiddetta Legge di Hubble (cioè con l'osservazione che le galassie si allontanano da noi ad una velocità proporzionale alla loro distanza) solo assumendo che si abbia una continua creazione di materia, in modo da mantenere costante la densità media. Siccome il tasso a cui la materia dovrebbe essere creata è molto basso (per via della legge di Hubble la densità in un dato volume decresce di circa un decimo di miliardesimo ogni anno, per cui essa può essere tenuta costante solo se ogni anno in quel volume si "crea" una quantità di materia pari ad un decimo di miliardesimo di quella originalmente presente), il fatto che questo fenomeno non sia mai stato osservato non costituisce un vero problema per la teoria, anche se alcuni seguaci della teoria (ad es. Halton Arp) hanno ipotizzato che i Nuclei galattici attivi sarebbero i luoghi dove la "nuova" materia sarebbe creata.

Per quanto il Big Bang fosse forse la teoria più accettata, lo stato stazionario rimase una seria alternativa fino alla fine degli anni '60, quando emersero alcune osservazioni che dimostravano che le proprietà dell'universo su larga scala evolvono nel tempo: si osservò infatti che la densità "locale" di quasar e radiogalassie era sostanzialmente inferiore a quella che si poteva osservare ad alto redshift, ovvero a grandi distanze, ovvero (dato che la velocità della luce è finita) nel lontano passato. Questa interpretazione fu contestata da alcuni sostenitori (fra cui, di nuovo, Halton Arp) dello stato stazionario, che proposero un'interpretazione non cosmologica dei redshift dei quasar (cosa che avrebbe "salvato" lo stato stazionario). Un altro serio colpo alla teoria dello stato stazionario venne dalla scoperta della Radiazione cosmica di fondo nel 1964, che era una naturale conseguenza di un Big Bang. Per quanto non fosse in contraddizione con lo stato stazionario (anzi, alcuni seguaci di Hoyle avevano persino predetto la sua esistenza), quest'ultima osservazione convinse quasi tutti ad abbandonare la teoria di Hoyle. Fra le eccezioni ci furono lo stesso Hoyle, Arp, Narlikar e Burbidge, ed alcuni di loro continuano a lavorare a varianti della teoria dello stato stazionario.

Fatte queste poche eccezioni, la controversia sullo stato stazionario ha oggi un interesse prevalentente come un fatto acquisito da quasi tutti gli astronomi, ed il dibattito in campo cosmologico riguarda quale delle sue numerosissime varianti sia la più corretta. In particolare, alcune di queste teorie (ad es. molti modelli inflazionari) vanno oltre il Big Bang stesso e cercano di indagare (perlomente storico. Al giorno d'oggi il Big Bang viene considerato sostanzialmemeno dal punto di vista matematico) quello che molti considerano il principale punto debole della teoria, ovvero che cosa abbia provocato la formazione del nostro universo.

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