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Andrea di Raviscanina

Dopo alcuni anni di conflitti fra i Signori Normanni dell'Italia centrale e meridionale contro Ruggero II di Sicilia appoggiati dal Papa e dall'Imperatore (si veda anche Rainulfo III) Il Papa l'8 aprile 1139 scomunicò Ruggero, ma il 30 dello stesso mese morì Rainulfo che del medesimo Ruggero era il principale oppositore. Di conseguenza Ruggero il 25 maggio 1139 sbarcò di nuovo a Salerno e si impadronì della Puglia.

Nel frattempo le truppe del Papa si riunirono con quelle di Roberto di Capua e Riccardo di Raviscanina e si venne allo scontro presso Galluccio il 22 luglio 1139. Le forze pontificie vennero battute e Roberto, Riccardo ed altri nobili normanni cercarono scampo nella fuga in Germania dove furono accolti dall'imperatore Corrado III.

Seguì un periodo confuso di intrighi e controintrighi finché Corrado III morì nel febbraio 1152 durante i preparativi di una nuova spedizione in Italia. Tuttavia Federico Barbarossa, nuovo imperatore, volle portare a termine i progetti del suo predecessore, ed infatti nella dieta di Wurzburg, presenti i Normanni, i feudatari tedeschi decisero che la spedizione si sarebbe mossa dopo due anni, avendo quale scopo principale l'incoronazione a Roma dell'imperatore.

Resti del Castello di Raviscanina
e del borgo medievale fortificato
Al momento della partenza non era presente Riccardo, morto nel frattempo, ma lo sostituiva il figlio Andrea di Ravisacanina, cresciuto alla corte imperiale, in esilio fin da bambino. Il 18 giugno 1155 il Barbarossa fu incoronato dal Papa Adriano IV, ma i feudatari tedeschi si opposero al proseguimento della spedizione. Tuttavia Roberto di Capua, Andrea di Raviscanina e Roberto di Loritello (cugino in disgrazia di Guglielmo), sostenuti anche dalla falsa voce della morte di Guglielmo figlio e successore di Ruggero, rioccupano le loro terre e tutta la Campania.

Nel maggio dell'anno seguente la reazione di Guglielmo travolse presso Bari le truppe degli alleati ed addirittura catturò Roberto a causa del tradimento di un certo Riccardo di Aquila. Intanto in Puglia proseguiva l'azione vittoriosa di Guglielmo che, dopo aver distrutto Bari e battuto le truppe bizantine a Brindisi, si diresse verso Benevento dove il Papa era rifugiato con Roberto di Militello e Andrea di Raviscanina.

Accampatosi nei pressi della città nel giugno 1156, avviò trattative col Papa che gli accordò il perdono dietro promessa di libertà in esilio per Andrea di Raviscanina, Roberto di Loritello ed altri notabili compromessi nei recenti eventi. Costoro si ritirarono in Abruzzo, donde sollecitarono un nuovo intervento armato dell'imperatore bizantino, desideroso di vendicare la disastrosa rotta di Brindisi. Parte quindi una spedizione al comando di Andrea, ma osteggiata dal Papa, che occupa vasti territori finché agli inizi del 1158 Andrea a Cassino batte le truppe di Guglielmo.

Per ragioni ignote (voleva forse difendere il suo recente feudo nei pressi di Ancona?), Andrea abbandona il monastero di Montecassino e raggiunge Ancona assediata da Rainaldo di Dassel e Ottone di Wittelabach, emissari di Federico Barbarossa.

Dopo la pace stipulata con gli Anconitani nella primavera, Andrea, insieme ai due nobili tedeschi, si diresse verso Milano, già assediata dall'imperatore. Ivi Andrea dovette prestare la sua opera di esperto e valoroso soldato fino alla capitolazione della città, avvenuta il 7 settembre 1158. Nasce a questo punto una nuova congiura a Palermo contro Guglielmo, ed i congiurati chiamano nuovamente in aiuto Roberto di Loritello ed Andrea di Raviscanina. Avvengono nuove battaglie ed occupazioni ma l'esito finale è negativo ed Andrea deve abbandonare le terre occupate in Puglia nel 1161. La fuga del conte Andrea si volse verso Costantinopoli con lo scopo di ottenere soccorso in uomini e denaro, ma la richiesta non fu accolta perché i Bizantini, fin dal 1158, avevano stipulato una pace trentennale col re di Sicilia. Conferma di ciò è il silenzio delle cronache che non ci forniscono più notizie di Andrea fino al 1167 quando al seguito delle truppe imperiali che sostengono l'antipapa Vittore IV, compie l'ennesimo, vano e ultimo tentativo di rientrare in possesso del suo feudo.


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