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Cucina afrodisiaca

Cucina afrodisiaca. Si suole distinguere, oggi come in passato, tra sostanze afrodisiache - o afrodisiaci - e cibi dalle virtů afrodisiache: le prime rientrano nella farmacologia; i secondi appartengono alla dietetica.

È convinzione altrettanto antica che radicata che gli alimenti influiscano positivamente o negativamente sugli stimoli e sulle prestazioni sessuali. «Sine Bacco et Cerere frigescit Venus», sentenziavano i romani. San Girolamo, seppure per opposte preoccupazioni, era della stessa opinione: «All’aviditĂ  di cibo s’accompagna sempre la lascivia». Come il satollarsi «scaccia la castità» - aggiungeva sant’Ambrogio - così «la fame č amica delle verginitĂ  e nemica della lussuria». Nei monasteri medievali il consumo della carne era violentemente interdetto, al punto che chi la toccava (di norma i vecchi e i malati) veniva isolato e sottoposto a sanzioni; nelle abbazie piů rigoriste si arrivava a negargli la confessione e la comunione: ciò perchĂ© si riteneva che la carne, e soprattutto quella di quadrupede, attentasse alla continenza.

Le liste di proscrizione degli ordini monastici, incrociate con le raccolte di rimedi e «segreti» per i debilitati e i frigidi (il ricettario di Caterina Sforza, per esempio), ci consentono di redigere il catalogo degli alimenti considerati afrodisiaci - perché rinvigorenti o perché eccitanti - nel Medioevo come anche in età rinascimentale e barocca. Erano ritenuti risuscitatori della carne tutti i cibi «caldi», «ventosi» e «duri da digerire»: tra i vegetali, i ceci, le fave, le cipolle, i porri, i cavoli, le melanzane, le castagne, i pinoli, le mandorle, i fichi secchi, le spezie in genere e soprattutto i tartufi, che - a detta del medico Baldassarre Pisanelli- «aumentano lo sperma e l’appetito del coito»; tra i pesci e affini, le ostriche, i granchi di fiume e le uova di tutti i pesci; tra i grassi, il burro. Particolarmente efficace era giudicato il cervello di qualsivoglia animale, nonché la carne dei piccioni e degli sfrenati passeri, capaci - secondo Aristotele - di «coire» ottantatré volte nel giro d’un’ora; erano reputati autentici toccasana, infine (e s’intende perché), i testicoli di toro e d’agnello, i «granelli» di gallo e il membro del cervo.

Una vera e propria cucina (e non soltanto una dieta) afrodisiaca nasce nella seconda metĂ  del XVII secolo, allorchĂ© si comincia a dar peso, oltre che alle materie prime, alle preparazioni. Mentre l’inventario degli alimenti afrodisiaci si arricchisce di inediti cibi esotici (dai nidi di rondine alle pinne di pescecane) e si afferma la moda di profumare vini e piatti con ambra, muschio e zibetto, gli affaticati e gli insensibili affidano le loro speranze, piuttosto che a singoli alimenti, a un’esasperata alchimia di sapori ed aromi. È soprattutto in Francia, nell’etĂ  delle «favorite», che si stabiliscono e si affinano le regole della cuisine d’amour. Attribuite alle piů celebrate amanti dei sovrani francesi (ma in realtĂ  elaborate, in tempi diversi, nelle cucine regali), sopravvivono numerose ricette che ne immortalano il nome: dalle «Costolette alla Maintenon» ai «Filetti di sogliola alla Pompadour», alla «Suprčme di sogliola alla d’EstrĂ©e», ai vari piatti intitolati alla contessa du Barry, favorita di Luigi XV.

La cuisine d’amour - che accredita la Francia come la patria d’elezione di entrambe le «discipline» - č rinverdita e rilanciata prima da Anthelme Brillat-Savarin e, piů in lĂ , dal sedicente Sire de Baudricourt, il cui fantasioso e fortunato trattatello diverrĂ  il modello di tutti i successivi manuali di cucina afrodisiaca. Tra questi andranno almeno ricordati La cucina dell’amore del catanese Omero Rompini (1926), documento garbato, saporoso e un po’ patetico della stagione del tabarin, e Venere in cucina di Pilaff Bey, pseudonimo dello scrittore inglese Norman Douglas, un ricettario secco e alquanto riciclatorio compilato in Italia, per uso personale, tra il 1902 e il 1936 e pubblicato nel 1951 con la prefazione di Graham Greene. I piů recenti ricettari di cucina afrodisiaca sono le Ricette immorali dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban: un ricettario eclettico infarcito di divagazioni divertenti, sdrammatizzanti e un po' surreali, e Afrodita di Isabel Allende, una chiacchierata alla buona sulla cucina, il sesso e i loro eventuali rapporti, inframmezzata da citazioni storico-letterarie, ricordi personali, consigli di buon senso e fantasie cautamente perverse.


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