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Fondazione di Roma

Questo articolo č parte della
serie Storia di Roma.
Fondazione di Roma
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La fondazione di Roma č tradizionalmente datata 21 aprile 753 AC (ed č ricordata infatti come il natale di Roma). Avvenne ad opera dei mitici gemelli Romolo e Remo, da cui deriva il nome della cittĂ .

La data della fondazione venne usata dai Romani per indicare lo scorrere degli anni con la locuzione ab urbe condita (lett. dalla fondazione della cittĂ ).

Probabilmente questa data canonica non si discosta molto dalla realtĂ  poichč, attraverso studi stratigrafici č emerso che esistono testimonianze di una presenza di agglomerati preurbanistici databili intorno all'VIII secolo AC. Inoltre non bisogna dimenticare quali fossero i motivi della reale fondazione di Roma.

Recenti teorie sostengono che essa sia nata grazie alla volontĂ  di interagire di diversi gruppi gentilizi (gens rusticae) situati nella zona dei mitici sette colli laziali. Il contatto tra queste comunitĂ , spinto da esigenze commerciali o di difesa da nemici esterni, ha favorito la creazione di un centro, un punto di incontro dove alcuni di essi si fermarono stabilmente andando a creare quelle che possono essere definite le gens urbane.

Ma la versione tradizionale della fondazione di Roma č invece avvolta nel mito, appunto, fino a Romolo e Remo.

Prima di essere ... Roma

Circa tremila anni fa alcune navi, che da tempo veleggiavano sui mari in cerca di un approdo, giunsero in vista di una terra sconosciuta. Quegli uomini erano i soli riusciti a fuggire dal terribile incendio con cui, dopo una lunga guerra, era stata distrutta la loro città. Apparivano tristi e stanchi, per anni avevano dovuto vagare sui mari alla vana ricerca di un pò di riposo e di un pò di pace... Ed ecco ora davanti a loro stendersi una terra dall'aspetto sereno e accogliente. Giunsero in un luogo dove c'era un maestoso fiume che irrompeva in mare mescolando le sue tumultuose acque gialle con le onde azzurre. Così quando il capo diede l'ordine, fu con vero entusiasmo che essi si accinsero a sbarcare....

Gli uomini che finalmente poterono toccare terra erano i Troiani, ed erano sbarcati nel Lazio, sulle rive del fiume Tevere guidati dal valorosissimo guerriero Enea. Egli, mentre Troia crollava sotto il furioso assalto dei Greci, era riuscito a trarre in salvo il proprio padre e il proprio figlioletto. Ma il padre era morto durante il lungo viaggio; gli restava solo il figlioletto Ascanio. La vita e le imprese di Enea sono narrate meravigliosamente nel poema Eneide, scritto dal grande poeta Virgilio, noi qui riportiamo solo in parte quelli che sono gli episodi piů importanti per procedere nel racconto della fondazione di Roma.

GiĂ  a quei tempi il Lazio era popolato da varie popolazioni: gli Etruschi, i Volsci, i Sabini, gli Equi, i Růtuli e gli Ausoni. La piů importante popolazione, stanziata in un gruppo di cittĂ  organizzate nel territorio pianeggiante lungo le rive del Tevere, era quella dei Latini. I Troiani vennero subito in contatto con questo popolo e con il loro re, il saggio Latino. Egli li accolse con benevolenza, diede loro ospitalitĂ  e, qualche tempo dopo offrì in sposa ad Enea la propria figlia Lavinia giĂ  promessa a Turno, re dei Růtuli che scatenò una guerra per vendicare l'offesa ricevuta. Fu una guerra feroce, che si concluse con un lungo duello fra Enea e Turno, finchč quest'ultimo rimase ucciso.

Seguì un lungo periodo di pace, durante il quale Enea fondò una città, Lavinium, in onore della sposa. Ascanio, il figlio di Enea, diventato grande, fondò a sua volta la città di Albalonga. Molti e molti anni dopo la morte di Ascanio, divenne re di Albalonga il buon Numitore. Egli aveva, però, un fratello molto cattivo ed invidioso di nome Amulio, il quale avrebbe voluto regnare. Per raggiungere il suo scopo, fece imprigionare Numitore, uccise tutti i suoi fugli maschi e costrinse Rea Silvia, la figlia di lui, a farsi sacerdotessa. Amulio poteva, ormai, considerarsi sicuro e tranquillo.

Per molti anni, egli solo sarebbe stato il re. Poco tempo dopo però un giorno, mentre Rea Silvia si recava nel bosco per prendere l'acqua, incontrò un lupo, che la costrinse a fuggire in una grotta poco distante. In tale grotta incontrò Marte che si unì a lei.Rea Silvia partorì i due famosi gemelli, Romolo e Remo. Amulio, adirato,dopo aver seppellito viva la ragazza, ordinò che essi venissero immediatamente uccisi. Ma era destino che egli dovesse ricevere la giusta punizione! Il servo, incaricato del crudele compito, non ebbe il coraggio di commettere un delitto così grave: pose, invece, i due fratellini in una cesta di vimini e li abbandonò nelle acque del Tevere, con la speranza che qualcuno li salvasse. E la salvezza non tardò a venire.

Il ratto delle Sabine

Una volta creata la cittĂ  c'era però il problema di popolarla: Romolo raccolse i pastori dalle zone circostanti, ma mancavano le donne. Come fare? Pensò allora di organizzare una festa, alla quale invitò i Sabini, con mogli e figlie. Mentre il festino si svolgeva fra canti e danze, ad un segnale convenuto, i giovani Romani rapirono le donne sabine e, armati di pugnali, misero in fuga gli uomini. Questi ritornarono, poco tempo dopo, guidati da Tito Tazio, re della tribů sabina dei Curiti, con l'intento di liberare le loro donne e di vendicarsi dell'affronto ricevuto.

Una fanciulla, Tarpea, aprì loro le porte della città: chiese di tradire i Romani in cambio di quello che i Sabini portavano sul braccio (bracciali d'oro) ma pagò immediatamente il suo gesto con una morte atroce, infatti fu schiacciata dagli scudi dei Sabini, che effettivamente essi portavano sulle braccia. Le generazioni future daranno poi il nome di lei alla rupe Tarpea, dalla quale diverrà consuetudine gettare i condannati a morte. Specie i traditori. Penetrati a Roma, i Sabini si lanciarono contro i guerrieri nemici; ma appena iniziò la battaglia, le donne intervennero per ottenere un armistizio: molto fanciulle infatti, si erano già affezionate agli sposi romani e non potevano tollerare la vista di quella sanguinosa battaglia nella quale erano coinvolti i loro padri e i loro mariti.

La vicenda ebbe così una pacifica conclusione: Romolo e Tito Tazio regnarono in comune sulla cittĂ : Sabini e Romani si fusero in un solo popolo. Dal nome della tribů di Tito Tazio, quella dei Curiti, derivò poi ai Romani l'appellativo di Quiriti.


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