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Tito Livio

Tito Livio (59 AC – 17 DC).

Tito Livio (il Cognomen č ignoto) nacque a Padova nel 59 AC, trasferitosi a Roma, entrò in relazione con Augusto. I suoi interessi si rivolsero dapprima alla filosofia, ma, tra il 27 e il 25 AC, Livio si dedicò completamente alla sua opera storica, conseguendo un notevole prestigio e ammirazione, tanto che indirizzò gli interessi storiografici del futuro imperatore Claudio. Alternò la vita a Roma con lunghi soggiorni nella natia Padova, dove morì nel 17.

Table of contents
1 Opere
2 Il piano dell'opera di Livio e il suo metodo storiografico
3 Lo stile

Opere

Ab urbe condita libri, storia di Roma dalla sua fondazione fino all'epoca di Livio. Ab urbe condita libri č il titolo dato dai codici, l'autore indica la sua opera come annales o libri. L'opera comprendeva 142 libri di cui si sono conservati i libri 1 - 10 e 21 - 45 (l'ultimo mutilo) e scarsi frammenti degli altri (celebri quelli relativi alla morte di Cicerone col giudizio di Livio sull'oratore, tramandati da Seneca il Vecchio). Si ha inoltre notizia di opere filosofiche e di dialoghi storico-filosofici composti nella giovinezza.

Il piano dell'opera di Livio e il suo metodo storiografico

Scrivendo la sua opera Livio ritornò alla struttura annalistica tipica della storiografia romana, rifiutando l'impianto monografico delle prime opere di Sallustio (Bellum Catilinae, Bellum Jugurthinum, le Historiae, rimaste incompiute avevano un impianto annalistico). La narrazione di ogni impresa si estende per l'arco di un anno, poi č sospesa ed ha inizio la narrazione di altri avvenimenti contemporanei, per l'anno seguente č ripresa la narrazione dei fatti lasciati in sospeso alla fine dell'anno precedente.

La narrazione iniziava dalle origini mitiche di Roma, ossia con la fuga di Enea da Troia, e arrivava, col libro 142, alla morte di Druso figliastro di Augusto, avvenuta in Germania nel 9 AC, o forse anche fino alla disfatta di Varo nella selva di Teutoburgo, nel 9 DC. L'opera, interrotta dalla morte di Livio, doveva comprendere 150 libri ed arrivare fino alla morte di Augusto, avvenuta nel 14 DC. Si sono conservati i libri 1-10 (la "prima decade"), che arrivano fino alla terza guerra sannitica (293 AC) e i libri 21-45 (terza e quarta "decade" e metĂ  della quinta), che coprono gli avvenimenti dalla seconda guerra punica (218 AC) fino al termine della guerra contro la Macedonia, nel 167 AC. Dei libri perduti si sono conservate (tranne che per i libri 136 e 137) le Perìochae, brevi riassunti composti fra il III e il IV secolo DC, forse sulla base di precedenti epitomi (compendi) dell'opera liviana. La perdita di vaste parti dell'opera č probabilmente dovuta alla sua suddivisione in gruppi separati di libri, che andarono incontro a diverse vicende. Alla divisione in decadi si fa cenno per la prima volta verso la fine del V secolo DC, ma la presenza di un proemio in apertura della terza decade (seconda guerra punica) fa pensare che la suddivisione in decadi rispecchi le fasi della pubblicazione dell'opera da parte dello stesso Livio, che pubblicò l’opera per gruppi di libri comprendenti periodi distinti e premettendo dichiarazioni introduttive ad alcuni dei libri che aprivano un nuovo ciclo. Come molti dei precedenti storici latini, Livio dilata l'ampiezza della propria narrazione man mano che si avvicina alla propria epoca, per soddisfare le attese dei lettori, interessati soprattutto alla narrazione della crisi politico-sociale dalla quale era emerso il principato augusteo. A tale interesse del pubblico allude Livio nella praefatio generale all’opera. Le fonti utilizzate da Livio per la prima decade, contenente la storia piů antica di Roma, furono gli annalisti, mentre per le decadi successive, in cui veniva narrata l'espansione di Roma in Oriente, agli annalisti romani affiancò il grande storico greco Polibio, dal quale Livio attinse soprattutto la visione unitaria del mondo mediterraneo, sporadica pare l'utilizzazione delle Origines di Catone.

Livio non sempre attua un attento vaglio critico delle proprie fonti e non tenta di colmare le lacune della tradizione storiografica con il ricorso a documentazione di altro genere, (manoscritti, iscrizioni ed i risultati delle ricerche degli antiquari della precedente generazione, come Attico o Varrone), tuttavia, č uno storico essenzialmente onesto, anche se č meno esperto di Tacito nell'uso delle fonti e non ha il razionalismo, lo scetticismo e la diffidenza verso la propaganda di Sallustio o dello stesso Tacito. Il regime augusteo non operò, nei confronti della storiografia, un tentativo di egemonia simile a quello attuato nei confronti della poesia e Livio non era certamente all'opposizione, ma nemmeno svolgeva una propaganda acritica. Tacito riferisce che Livio ammirava Pompeo e ostentava rispetto verso altri avversari di Cesare (anche per Bruto e Cassio), tanto che Augusto avrebbe affibbiato allo storico l'epiteto scherzoso di "pompeiano", per la nostalgica simpatia verso gli ideali repubblicani. Un atteggiamento del genere non causava fastidi, infatti Augusto preferiva presentarsi come il restauratore della repubblica piuttosto che come l'erede di Cesare, inoltre, su alcuni punti c’era una spontanea convergenza fra il regime e lo storico. Augusto proclamava di avere ristabilito la concordia eliminando i partiti e Livio condanna la demagogia, quando narra i conflitti interni dei primi secoli della repubblica, sui quali proietta problematiche legate alle lotte piů recenti (mancano le parti relative alla storia recente).

Un altro fattore di convergenza col principe era costituito dalla politica augustea di restaurazione degli antichi valori morali e religiosi, una tematica cara allo storico patavino. Il consenso di Livio verso il regime non č acritico, infatti, dalla praefatio generale, traspare un’acuta consapevolezza della recente crisi sociale e politica, che lo storico non considera risolta del tutto. Livio rifiuta quella parte dell'ideologia augustea che presenta il principato come una nuova etĂ  dell'oro e non considera il governo di Augusto la panacea contro la corruzione che aveva provocato il declino dello stato romano. Nell’affermare che la narrazione del passato č un rimedio all’inquietudine causata dalla storia recente, Livio č polemico nei confronti della storiografia sallustiana, che pone la crisi al centro della propria indagine e, pur riconoscendo il carattere non episodico della crisi, rifiuta di concentrare l'interesse su di essa. Probabilmente, l’esaltazione delle gesta degli antichi, č dovuta alla tendenza dello storico, deluso dal presente, ad idealizzare il passato.

Lo stile

Asinio Pollione (76 AC - 4 DC, storico, critico ed oratore di gusto atticista) rimproverava a Livio una certa "patavinitas", ossia un provincialismo padovano, alludendo sia allo stile sia alle nostalgie repubblicane e all’attaccamento al mos maiorum.

Livio rifiuta lo stile di Sallustio (inconcinnitas, antitesi, dinamicitĂ , prosa austera e sentenziosa, essenzialitĂ , paratassi), avvicinandosi alla forma che Cicerone aveva indicato per la storiografia romana (stile modellato sull'oratoria, quindi ipotattico, con varietĂ  di toni, scorrevole, regolare nell'espressione, maestoso e pacato). Lo stile di Livio č ampio, fluido, senza artifici, dotato di duttilitĂ  e varietĂ , ma il periodare, confrontato con quello ciceroniano, risulta spesso carico, quasi impacciato dai troppi particolari importanti concentrati in un unico lungo momento discorsivo. A volte la lingua tende alla pesantezza e diviene, per eccessiva arte, scorretta e innaturale nel rapporto fra la costruzione del periodo e il pensiero.

In effetti, mentre il periodo ciceroniano č fatto per essere ascoltato, quello liviano č destinato ad essere letto. Nella prima decade sono maggiori le concessioni al gusto arcaizzante, consono alla lontananza degli eventi narrati, mentre nelle parti successive predominano i canoni del nuovo classicismo. Livio spesso drammatizza il racconto, senza però alterare la realtĂ . La concezione liviana della storia č moralistica, ossia studia le personalitĂ , non č quindi uno studio politico mirante a spiegare atteggiamenti, eventi, fazioni, ideologie, interessi materiali. Per sua ammissione, Livio antepone alla ricerca della veritĂ  storica, l'esposizione drammatica della storia e mira a mostrare le qualitĂ  mentali e morali che possono influenzare gli avvenimenti, i sentimenti di un popolo o di una folla, i pensieri, i desideri, le incertezze e le congetture di un personaggio. Scrivere la storia per Livio č farne rivivere i protagonisti, tale atteggiamento va a scapito dell’obbiettivitĂ  e del distacco impersonale dello storico. L'autore giudica i suoi personaggi ed essi si giudicano reciprocamente. Livio sa raffigurare grandi scene di massa ed i frequenti discorsi indiretti evocano gli stati d'animo di folle e gruppi di persone, abili discorsi diretti, costruiti con efficace arte oratoria, delineano i pensieri dei personaggi.

Il modello di stile storiografico elaborato da Livio divenne rapidamente un "classico" e rivaleggiò a lungo con quello Sallustiano. Nonostante la prevalenza nell'antichitĂ  del modello sallustiano e poi tacitiano, la fortuna di Livio fu molto grande, a lui attinsero gli storici posteriori greci e romani. L'enorme mole dell'opera fece sì che presto se ne allestissero delle "epitomi". Nelle Perìochae (Sommari) č conservata la tradizione del Livio epitomizzato a scopo didattico. Dopo la fine del mondo antico, Livio continuò ad essere letto, nonostante un certo declino della sua fortuna nel primo Medioevo. Dante lo collocò, nel De vulgari eloquentia, fra i grandi prosatori. Petrarca riuscì ad entrare in possesso della 1ÂŞ, 3ÂŞ, e 4ÂŞ decade di Livio e ne trasse ispirazione per alcuni episodi dell'Africa, una volgarizzazione della terza e quarta decade fu opera probabilmente del Boccaccio. Le storie del repubblica fiorentina composte in latino da Poggio Bracciolini devono molto a Livio, Machiavelli compose in volgare i Discorsi intorno alla prima decade, ossia la prima riflessione moderna sulle vicende di Roma, che si sforza di trarre da esse insegnamenti. Gli umanisti cercarono i libri perduti: nel 1527 furono ritrovati i libri 41-45, nel 1615 il libro 33. In varie epoche numerose tragedie furono tratte in Italia e in Francia dal testo di Livio.


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