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Asinio Pollone

Gaio Asinio Pollione (76 AC - 4 DC) Gaio Asinio Pollione, originario di Chieti (Abruzzo) era stato seguace prima di Cesare e poi di Antonio; console nel 40 AC e proconsole nel 39 AC, successivamente si ritirò dalla vita politica, mantenendo sotto Augusto una posizione di notevole indipendenza.

Asinio protesse i poeti e si dedicò all'oratoria, alla storiografia, alla poesia, alla tragedia e alla critica letteraria. In gioventù era stato amico di Catullo, nell'anno del consolato, Virgilio gli dedicò la quarta egloga (quella del puer). Asinio fu celebre soprattutto come oratore di tendenza atticistica, e mantenne un atteggiamento decisamente ostile, anche a livello personale, verso Cicerone. Nelle Historiae, iniziate nel 35 AC, Asinio Pollione, ebbe l coraggio di affrontare il periodo che dal primo triumvirato (60 AC: Pompeo, Cesare, Crasso) alla battaglia di Filippi (42 AC) ossia il periodo più tumultuoso della storia romana recente, che comprendeva la guerra civile fra Cesare e Pompeo, la dominazione di Cesare e i nuovi conflitti dopo la morte di quest'ultimo, fino alla battaglia di Filippi: a ragione Orazio, nella prima ode del secondo libro, afferma che Asinio non esitava ad avanzare su un terreno incandescente occupandosi dei conflitti che ancora covavano sotto la cenere. Delle Historiae sono rimasti solo scarsi frammenti, ma, probabilmente, l'indipendenza ostentata nei confronti del nuovo principe non prendeva forma di aperta opposizione.

Pollione adottava uno stile attico esasperato, dai frammenti emerge una affettata secchezza, e colpisce per la stranezza dell'ordine delle parole, per l'abbondanza di trasposizioni che lo rendono poco chiaro. Come critico Pollione espresse velenosi giudizi su altri scrittori: Cesare manca, a suo avviso, di riguardo per la verità storica, Sallustio eccede negli arcaismi, nelle oscurità, nell'uso dei traslati, Cicerone accumula troppe metafore, Livio è accusato di "Patavinitas", ossia di provincialismo padovano. La perdita dell'opera di Pollione rende impossibile giudicare fino a che punto egli fosse, come scrittore, all'altezza degli elevati requisiti che pretendeva dagli altri.


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