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Catullo

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Gaio Valerio Catullo (87 AC - 54 AC) è stato un poeta latino. Nacque probabilmente a Verona (allora Gallia Cisalpina) da famiglia agiata (Cesare fu ospite nella sua casa) e morì nel 54 AC. A Roma conobbe e frequentò personaggi di spicco dell'ambiente politico e letterario (Quinto Ortensio Ortalo e Cornelio Nepote) ed ebbe una relazione con Clodia (Lesbia), sorella del tribuno P. Clodio Pulcro e moglie di Q. Cecilio Metello, console nel 60 AC.

Probabilmente nel 57 AC, il poeta andò in Bitinia, per un anno, al seguito del governatore Gaio Memmio e visitò la tomba del fratello, morto e sepolto nella Troade (carme 101). Di Catullo restano 113 carmi, ma risultano 116 perché 3 carmi priapei (18,19,20) furono inseriti nel liber (contro l'autorità dei manoscritti) nel Cinquecento e ne fecero parte fino all'Ottocento, in seguito la numerazione non è stata corretta. I tre carmi sono inclusi fra i Priapea dell' Appendix Vergiliana.

I carmi sono raccolti in un liber e suddivisi, su base metrica, in tre sezioni. Il primo gruppo (1-60) è costituito da componimenti generalmente brevi e di carattere leggero (nugae, ovvero "bagattelle", "passatempi"), di metro vario, (sono perciò chiamati polimetri, non compare il distico elegiaco). Il secondo gruppo (61-68), assai eterogeneo, comprende i carmina docta, meno numerosi, ma di maggiore estensione ed impegno stilistico.

La terza sezione (69-116) comprende gli "epigrammi", carmi generalmente brevi, in distici elegiaci (esametro + pentametro).Tale ordinamento non segue criteri cronologici o di contenuto, ma unicamente metrici, un canone da filologi, verosimilmente opera di altri, quando, dopo la morte del poeta, fu approntata un'edizione postuma dei suoi carmi (alcuni però devono esser rimasti esclusi, perché restano per tradizione indiretta versi attribuiti a Catullo che non compaiono nei componimenti raccolti nel liber).

Probabilmente il libellus dedicato da Catullo a Cornelio Nepote non corrispondeva esattamente al liber, ma ne costituiva una parte. Le notizie biografiche vengono soprattutto dai carmi. Delle relazioni della famiglia del poeta con Cesare parla Svetonio nella "biografia di Giulio Cesare" contenuta nel De vita Caesarum. Che Lesbia fosse uno pseudonimo per Clodia lo sappiamo da Apuleio e da Cicerone, che ne traccia un fosco ritratto nella Pro Caelio, l'orazione in difesa di M. Celio Rufo, ex amante della donna e da lei più tardi tratto in giudizio con l'accusa di veneficio.

I carmi brevi (1-60 \\ 69-116) (nugae ed epigrammi)

La poesia di Catullo è il documento più importante della poesia neoterica, che rivoluzionò non solo il gusto letterario, ma anche i valori esistenziali, mentre si sfaldavano gli antichi valori morali e politici della civitas e l' otium individuale diventava lo spazio in cui dedicarsi alla cultura, alla poesia, alle amicizie, all'amore.

Il piccolo universo privato, con le sue gioie e i suoi drammi, s'identifica con l'orizzonte stesso dell'esistenza e l'attività letteraria non si rivolge più all'epos o alla tragedia, i generi portavoce della civitas e dei suoi valori, bensì alla lirica e alla poesia individuale, introversa, adatta ad accogliere ed esprimere le piccole vicende personali.

Al progetto di recupero della dimensione intima, dei sentimenti privati, rispondono in modo più evidente i "carmi brevi", ossia l'insieme delle nugae e degli epigrammi, in cui l'esiguità dell'estensione rivela la modestia dei contenuti, occasioni e avvenimenti della vita quotidiana, e favorisce insieme il paziente lavoro di cesello, la ricerca della perfezione formale.

La celebrata spontaneità catulliana è un'apparenza ottenuta grazie a un accurato lavoro di cesello, anche i componimenti che sembrano occasionali, riflesso immediato della realtà, hanno precedenti letterari. Sulla base dei carmi di Catullo, non si può ricostruire la vicenda dell'amore con Lesbia, infatti, nonostante l'insolita importanza che l'esperienza biografica assume in Catullo, la sua poesia è intessuta di cultura, di riferimenti letterari e si deposita nelle forme della tradizione.

Lo sfondo della poesia di Catullo è l'ambiente letterario e mondano della capitale, di cui fa parte la cerchia degli amici neoterici, accomunati dagli stessi gusti, dallo stesso linguaggio, da un ideale di grazia e brillantezza di spirito. Su tale sfondo risalta Lesbia, incarnazione della sconvolgente potenza dell'eros, protagonista indiscussa della poesia catulliana. Il suo stesso pseudonimo, che rievoca Saffo, la poetessa di Lesbo, è sufficiente a creare attorno alla donna un alone idealizzante.

Oltre alla grazia e ad una bellezza non comune, sono soprattutto intelligenza, cultura, spirito brillante, modi raffinati a costituirne il fascino e ad alimentare la passione di Catullo. Gioie, sofferenze, tradimenti, abbandoni, rimpianti, speranze, disinganni scandiscono le vicende di un amore, vissuto da Catullo come l'esperienza basilare della propria vita. L'eros non è più una debolezza giovanile, tollerabile finché non infrange certi limiti e convenienze di ordine sociale, bensì diventa centro dell'esistenza e valore primario, il solo in grado di compensare la fugacità della vita umana.

Catullo resta estraneo alla politica e alle vicende della vita pubblica e si limita ad esternare un generico, sprezzante disgusto per i nuovi protagonisti della scena politica, arroganti e corrotti. Il rapporto con Lesbia, iniziato come adulterio, come amore libero e basato sull'eros, nel farsi oggetto esclusivo dell'impegno morale del poeta tende, paradossalmente, a configurarsi nelle aspirazioni di Catullo come un vincolo tenace.

Le recriminazioni per il foedus d'amore violato da Lesbia sono un motivo insistente nel poeta, che accentua il carattere sacrale del concetto appellandosi a due valori cardinali dell'ideologia e dell'ordinamento sociale romano: la fides, che garantisce il patto stipulato vincolando moralmente i contraenti, e la pietas, virtù di chi assolve i propri doveri nei confronti degli altri e della divinità. Catullo cerca di trasformare una relazione irregolare in un patto eterno, nobilitandola con la tenerezza degli affetti familiari, ma l'offesa ripetuta del tradimento produce in lui una dolorosa dissociazione fra la componente sensuale (amare) e quella affettiva (voler bene) (Odi et amo).

La speranza frustrata di un amore fedelmente ricambiato si accompagna in Catullo alla consapevolezza di non aver mai mancato al patto d'amore con Lesbia: è la sola soddisfazione che l'amore per Lesbia gli ha dato.

I carmina docta (61-68)

Lepidus, novus, expolitus sono i criteri di una nuova poetica ispirata a brillantezza di spirito e raffinatezza formale. Tale poetica rivela apertamente la sua ascendenza alessandrina, anzi, callimachea, soprattutto nel carme 95, vero "manifesto" del nuovo gusto letterario. Brevità, eleganza, dottrina sono i canoni poetici in polemica contrapposizione alla torrenziale faciloneria degli ultimi epigoni di scuola enniana che entusiasmano il pubblico incompetente.

L'epillio, il poemetto breve (poche centinaia di versi) che con le sue stesse dimensioni favorisce il paziente lavoro di rifinitura stilistica, permette al poeta di fare sfoggio della propria cultura. Dottrina e impegno stilistico ed una maggiore ampiezza dei componimenti, sono particolarmente evidenti nei carmi "dotti", in cui Catullo si cimenta nel nuovo genere epico, l'epillio, fornendone quasi il modello esemplare per la cultura latina. Il mito diviene proiezione delle aspirazioni del poeta, del suo bisogno sempre inappagato di ancorare un amore tanto precario ad un vincolo più saldo, ad un foedus duraturo.

Epitalami, cioè canti nuziali, sono i carmi 61 e 62. Il primo componimento riunisce il carattere greco, sul piano formale, di questo genere letterario fiorito da Saffo (VI secolo AC) all'età alessandrina (III secolo AC) e una serie di elementi tipicamente italico-romani per quanto riguarda il rito nuziale, con le sue implicazioni etiche e sociali. L'altro epitalamio, il c. 62, è costituito da una serie di strofe, in esametri, cantate alternativamente "a contrasto" da due cori dì giovani e fanciulle sul tema del matrimonio e della verginità. Non è stato composto, però, per un'occasione reale di nozze e rivela una marcata impronta letteraria e una maggiore adesione ai caratteri formali del genere.

Nel ciclo dei carmina docta è compreso un componimento (66) che è un omaggio al poeta principe dell'alessandrinismo, Callimaco (310 AC – 240 AC), la traduzione in versi latini di un'elegia famosa del poeta greco, nota come Chioma di Berenice. Nel tradurre, liberamente, la vicenda, Catullo introduce o accentua i temi centrali della propria ideologia, particolarmente insistenti nei carmi maggiori: esaltazione della fides, della pietas, condanna dell'adulterio e celebrazione delle virtù tradizionali.

Particolarmente complesso è il carme 68 (è però possibile che il carme, trasmesso come unico nei codici, consista invece di due componimenti). Il carme riassume i temi principali della poesia di Catullo: l’amicizia e l'amore, l'attività poetica, il dolore per la morte del fratello, il ricordo dei primi amori furtivi con Lesbia. Il carme 68, per il largo spazio concesso al ricordo e alla vita vissuta, in un componimento ben al di là delle dimensioni dell’epigramma, appare il progenitore della futura elegia soggettiva latina.

Stile

La cultura letteraria di Catullo è ricca e complessa. Accanto all'influsso dominante della letteratura alessandrina, con la sua eleganza preziosa, è avvertibile anche quello della lirica greca arcaica. La lingua catulliana è un'originale combinazione di linguaggio letterario e sermo familiaris, il lessico e le cadenze del parlato sono filtrati dal gusto aristocratico. Il gusto callimacheo lascia talora spazio alla cruda espressività dei volgarismi, che appartengono alla lingua autenticamente popolare, ma sono riconducibili allo snobistico compiacimento di un'élite colta, che ama esibire il turpiloquio accanto all'erudizione più raffinata, mentre i diminutivi, propri del sermo familiaris sono particolarmente frequenti.

Lo stile di Catullo è composito, con un'ampia gamma di modalità espressive che vanno dallo sberleffo irridente, dall'invettiva sferzante e scurrile alle tenui tonalità del linguaggio amoroso, dalla baldanza alla grazia leggera, alla pacata malinconia, agli abbandoni di certi momenti elegiaci, la scelta di un lessico più ricercato e la presenza di stilemi e movenze della poesia "alta" e della tradizione enniana (arcaismi, composti, clausole allitteranti, ecc.), concorrono a dare ai carmina docta un carattere spiccatamente letterario.

 


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