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Dante Alighieri

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Dante Alighieri
sommo poeta
Dante Alighieri (maggio/giugno 1265, Firenze - 13/14 settembre 1321, Ravenna), scrittore e uomo politico fiorentino, è considerato il primo grande poeta della lingua italiana, e per questo viene definito tout-court il sommo poeta. Nato a Firenze nel 1265, morì in esilio a Ravenna nel 1321. È l'autore della Divina Commedia1, capolavoro della letteratura di tutti i tempi.

La data di nascita di Dante è sconosciuta, benché egli ci dica che sia avvenuta sotto il segno dei gemelli, quindi in un periodo compreso fra maggio e giugno.

Nacque comunque in una importante famiglia fiorentina (il cui cognome reale era Alaghieri), con legami alla corrente dei Guelfi, un'alleanza politica coinvolta in una complessa opposizione ai Ghibellini; gli stessi Guelfi erano divisi in Guelfi bianchi e Guelfi neri.

Dante diceva che la sua famiglia discendesse dagli antichi Romani (Inferno, XV, 76), ma il parente più lontano di cui egli fa nome è Cacciaguida degli Elisei (Divina Commedia Paradiso, Canto XV, 135), vissuto intorno al 1100.

Table of contents
1 Biografia
2 Devoto a Virgilio
3 Lo "stil novo" e Beatrice
4 Filosofia e politica
5 Opere
6 Link

Biografia

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Suo padre, Alighiero di Bellincione, era un Guelfo bianco, ma non patì vendette dopo che i Ghibellini vinsero la battaglia di Montaperti e questa salvezza rivela un certo prestigio della famiglia o personale.

La madre di Dante era Donna Bella degli Abati; "Bella" corrisponde a Gabriella, ma significa anche "bella d'aspetto" mentre Abati (il nome di una famiglia potente) significa "frati". Ella morì quando Dante aveva 5 o 6 anni ed Alighiero presto si risposò con Lapa di Chiarissimo Cialuffi. (E' incerto se realmente l'abbia sposata, poiché i vedovi avevano limitazioni sociali in materia). La donna mise al mondo due bambini: il fratello di Dante, Francesco e sua sorella Tana (Gaetana).

Quando Dante aveva 12 anni, nel 1277, fu concordato il suo matrimonio con Gemma, figlia di Messer Manetto Donati, che successivamente sposò. Contrarre matrimoni in età così precoce era abbastanza comune ed era una cerimonia importante, che richiedeva atti formali sottoscritti davanti ad un notaio.

Dante ebbe parecchi figli con Gemma. Come accade spesso con la gente famosa, molti bambini finsero di essere figli naturali di Dante; tuttavia, è probabile che solo Jacopo, Pietro ed Antonia fossero i suoi reali figli. Antonia divenne una suora con il nome di Sorella Beatrice. Un altro uomo, Giovanni, reclamò la sua figliolanza da Dante e fu in esilio con lui, ma alcuni dubbi sono stati avanzati circa il suo reclamo.

Dante amò Beatrice (la nobildonna fiorentina Bice Portinari, morta di parto a 25 anni, nel 1290), che vide in tre occasioni, senza mai avere l'opportunità di parlarle. Dante la cantò come donna angelicata e simbolo della grazia divina, prima nella Vita Nova e poi nella Divina Commedia. Le opere di Dante rivelano un'erudizione che copre quasi l'intero panorama del sapere del suo tempo, sembra che intorno al 1287 abbia frequentato l'Università di Bologna.

Durante i conflitti politici dell'epoca, il poeta si schierò con i guelfi contro i ghibellini, partecipando nel 1289 ad alcune azioni militari (a Campaldino contro Arezzo e nella presa di Caprona contro Pisa). Alighieri iniziò l'attività politica nel 1295, iscrivendosi alla corporazione dei medici e degli speziali.

Quando la classe dirigente guelfa si spaccò tra Bianchi e Neri (i Neri, legati al papa per interessi economici ne ammettevano l’ingerenza negli affari interni di Firenze, i Bianchi perseguivano l’indipendenza politica e rifiutavano ogni ingerenza papale), Dante si schierò con i Bianchi, ricoprì vari incarichi e, nel 1300, nominato priore (uno dei sei), per mantenere la pace in città, approvò la decisione di esiliare i capi delle due fazioni in lotta.

Fu uno dei tre ambasciatori inviati a Roma per tentare di bloccare l'intervento di papa Bonifacio VIII a Firenze, non era quindi in città quando le truppe angioine consentirono il colpo di stato dei Neri (novembre 1301). Accusato di baratteria (concussione) fu condannato a morte in contumacia (marzo 1302) e costretto all'esilio (nel quale furono coinvolti anche i figli) che durò fino alla morte.

Alla notizia dell'elezione al trono imperiale di Enrico VII di Lussemburgo, sperando nella restaurazione della giustizia entro un ordine universale si avvicinò ai ghibellini, ma la spedizione dell'imperatore in Italia fallì.

Durante l'esilio Dante fu ospite di varie corti dell'Italia centro-settentrionale. Nel 1312, quando aveva già concluso il Purgatorio, si recò, insieme ai figli, a Verona presso Cangrande della Scala, dove rimase fino al 1318. Nel 1315 rifiutò di accettare le umilianti condizioni di un’amnistia che gli avrebbe consentito di tornare a Firenze. Da Verona  si recò a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta, dove riunì un gruppo di allievi tra cui il figlio Iacopo, che si accingeva alla stesura del primo commento dell'Inferno. 

Morì nel 1321 a Ravenna.

Devoto a Virgilio

Poco si sa circa gli studi di Dante; si presume che egli abbia studiato in casa. Quasi sicuramente studiò la poesia toscana, nel momento in cui la Scuola poetica siciliana, un gruppo culturale originario della Sicilia, stava cominciando ad essere conosciuta in Toscana. I suoi interessi lo portarono a scoprire i menestrelli ed i poeti provenzali e la cultura latina. Evidente è la sua devozione particolare per Virgilio (Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; tu se' solo colui da cu'io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore, scriverà nella Divina Commedia, Inferno, Canto I)

Dovrebbe essere sottolineato che durante il "Medioevo" (Secolo Oscuro), le rovine dell'Impero Romano decaddero definitivamente, lasciando dozzine di piccoli stati, così la Sicilia era tanto lontana (culturalmente e politicamente) dalla Toscana quanto lo era la Provenza: le regioni non condividevano una lingua, una cultura, o collegamenti facili. Possiamo supporre che Dante era per il suo periodo un intellettuale aggiornato, acuto e con interessi, per così dire, internazionali.


Sconvolgente "Comedia"
(poche le vie di fuga)
Per me si va ne la città dolente,
per me si va nell'eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente

Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la Divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore

Dinanzi a me non fur cose create
se non esterne, e io eterna duro:
lasciate ogni speranza,
voi ch'entrate

Dante Alighieri,
La Divina Commedia,
Inferno, Canto III



Lo "stil novo" e Beatrice

A 18 anni, incontrò Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Cino da Pistoia e subito dopo Brunetto Latini; insieme essi divennero i capiscuola del Dolce Stil Novo. Brunetto successivamente fu ricordato nella Divina Commedia (Inferno, XV, 82), per quello che aveva insegnato a Dante.

Altri studi sono segnalati, o sono dedotti dalla Vita Nuova o dalla Divina Commedia, per ciò che riguarda la pittura e la musica. Quando aveva ancora 18 anni incontrò anche Beatrice Portinari, la figlia di Folco Portinari. Si è detto che Dante la vide soltanto una volta e mai le parlò (ma altre versioni sono da ritenersi ugualmente valide).

È difficile riuscire a capire in cosa sia consistito questo amore, ma qualcosa di estremamente importante stava accadendo per la cultura italiana: è nel nome di questo amore che Dante ha dato la sua impronta al Dolce stil novo e condurrà i poeti e gli scrittori a scoprire il temi dell'amore, in un modo mai così enfatizzato prima. L'amore per Beatrice (come in modo differente Francesco Petrarca mostrerà per la sua Laura) sarà apparentemente il motivo per la poesia e per vivere, insieme alle passioni politiche.

Filosofia e politica

Quando Beatrice morì nel 1290, Dante cercò di trovare un rifugio nella letteratura latina. Dal Convivio sappiamo che aveva letto il De consolatione philosophiae di Boezio e il De amicitia di Cicerone. Egli allora si dedicò agli studi filosofici presso le scuole religiose come quella Domenicana in Santa Maria Novella. Prese parte alle dispute che i due principali ordini monastici (Francescani e Domenicani) pubblicamente o indirettamente tennero in Firenze, gli uni spiegando la dottrina dei mistici e di San Bonaventura, gli altri presentando le teorie di San Tommaso D'Aquino. La sua "eccessiva" passione per la filosofia gli sarebbe stata successivamente rimproverata da Beatrice nel Purgatorio.

Dante fu anche soldato, e l'11 giugno1289 combatté nella battaglia di Campadino che vide contrapposti i cavalieri fiorentini ad Arezzo; successivamente, nel 1294, avrebbe fatto parte della delegazione di cavalieri che scortò Carlo Martello d'Angiò (figlio di Carlo II D'Angiò) quando questi si trovava a Firenze. Dante stesso cita Carlo Martello d'Angiò nella Divina Commedia (Paradiso, Ct. VIII, 31 e Ct. IX, 1 - vedi)

Opere

Dante è l’ultimo grande esponente della cultura medievale, che nella generazione successiva (Petrarca e Boccaccio) si stempera nell’umanesimo. La spiritualità di Dante è plasmata dal misticismo medievale, secondo il quale la Provvidenza regola le vicende umane, in vista della redenzione. In politica il poeta resta fedele alle tesi universalistiche (l’imperatore come guida politica, il papa come guida spirituale dell’umanità).

Fin dalle prime prove Dante rivela una marcata tendenza alla sperimentazione, cimentandosi con vari registri; ciò risulta da due testi di non sicura attribuzione: il Fiore (così nominato dal primo editore), una parafrasi in 232 sonetti delle parti narrative del Roman de la Rose e il Detto d'amore, poemetto didascalico, di cui restano 280 versi.

la Vita Nuova

La prima opera di attribuzione certa è la Vita Nuova (1292-1293), scritta poco dopo la morte di Beatrice, in cui si alternano 31 liriche e 42 capitoli di prosa. Le liriche furono scelte fra quelle che il poeta aveva composto (dal 1283) per varie donne e poi per Beatrice, in seguito compose le parti in prosa. Dante rievoca la vicenda del suo platonico amore per Beatrice ed attribuisce all’esperienza una funzione conoscitiva dell'amore (ricerca stilnovista) e funzioni allegoriche e simboliche (secondo il gusto medievale). L'azione si svolge secondo le tappe dell'amore mistico verso Dio ed è la storia dell’interiorizzazione dell’amore di Dante per Beatrice. Dante focalizza l’opera sui motivi guinizelliani, ampliando la “loda†dell’amata, e la sua “gentilezza†(in senso guinizelliano), crea un’atmosfera astratta dalla realtà ed accentua la storia della propria elevazione interiore, rivivendo con mirabile coerenza i canoni dello stilnovismo.
  • Contenuto: a nove anni Dante incontra Beatrice, la rivede a diciotto (1283) e compone una lirica in cui chiede ai poeti la spiegazione di un sogno allegorico. Per non compromettere Beatrice, finge di corteggiare due altre donne (le donne dello schermo). Beatrice, offesa, toglie il saluto a Dante che decide di dedicarle un’opera nei modi del dolce stil novo. Morta Beatrice (1290), dopo un periodo di disperazione, il poeta sta per innamorarsi di una donna pietosa. Una visione gli mostra Beatrice nella gloria dei cieli e il poeta decide di non scrivere più di Beatrice se non quando sarà in grado di parlarne più degnamente.

Le rime (canzoniere)

Alcune rime giovanili furono escluse dalla Vita Nuova. Un gruppo è costituito dalla “tenzone con Forese Donati†(sei sonetti, tre di Dante e tre di Forese), secondo i modi della lirica comico – realistica. Un altro gruppo è costituito dalle “rime pietrose†(1296), due canzoni e due sestine per una donna chiamata Pietra per la sua insensibilità. Si tratta di una difficile esercitazione. Il registro è differente da quello stilnovistico, la passione è sensuale, l’amore pare travalicare nell’odio ed il lessico e le rime sono aspri, i paesaggi raggelati, la natura ostile. Un terzo gruppo è formato da rime “sottili†che trattano di temi filosofici tra le quali la migliore è la canzone â€Tre donne intorno al cor mi son venuteâ€. Dante colloquia con tre donne, personificazioni della Giustizia Divina, della Giustizia Umana e della Legge, esuli anch’esse per la loro integrità morale e ritrova nel proprio caso il destino comune all’umanità.

I trattati dottrinali

Durante i primi anni dell'esilio Dante scrisse due trattati dottrinali rimasti incompiuti.

  • Il Convivio (1304-1307 ca.) - è un'opera in volgare di divulgazione dottrinale destinata al ceto politico e sociale emergente nei comuni del tempo, scritta per la formazione di una classe dirigente adeguata ai propri compiti. Il Convivio doveva essere composto di 15 trattati (uno introduttivo e gli altri quattordici a commento ad altrettante canzoni) ma furono portati a termine solo i primi quattro, che avviarono la prosa filosofica in volgare. La scelta del volgare per un trattato era cosa nuova e funzionale alle finalità e ai destinatari dell'opera, infatti per la prima volta era affermata l’idoneità del volgare a sostituire il latino come lingua della cultura; inoltre Dante, per esporre la complessa materia dottrinale, dovette ricorrere ad una prosa ben diversa da quella poetica della Vita Nuova

  • Il De vulgari eloquentia (1303-1305 ca.) è un trattato in latino (perché destinato ad un pubblico colto, che avrebbe sdegnato un’opera in volgare) sull'uso del volgare come "lingua letteraria". Il progetto originario comprendeva almeno quattro libri con l'analisi dei vari livelli stilistici secondo la retorica medievale; ma l'opera si interrompe al XIV capitolo del secondo libro. Il De vulgari eloquentia, tratta secondo un’ottica tipicamente medievale l'origine delle lingue e la loro tipologia storico-geografica, poi affronta la questione di una lingua letteraria unitaria (apre la questione della lingua) offrendo preziose e specifiche indicazioni sulla realtà linguistica del primo Trecento. Dante classifica i dialetti italiani (volgari municipali) e cerca di individuare quello che ha le caratteristiche per imporsi come lingua letteraria. Il volgare letterario dev’essere illustre (illustra chi lo usa), cardinale (è il cardine intorno al quale ruotano le parlate locali), aulico (parlato in un’ipotetica corte italiana) e curiale (solenne come il linguaggio della giustizia). Nessuno dei volgari italiano presenta tali requisiti.

Il De Monarchia è un trattato politico, completo e scritto in latino; probabilmente risale al 1311-1313, al tempo della discesa in Italia di Enrico VII. L'opera confuta il potere temporale della Chiesa e delinea un modello politico basato sull'armonica collaborazione delle autorità universali, la Chiesa e l'Impero, per assicurare la giustizia e una vita ordinata, prefigurazione di quella celeste. L’imperatore dovrebbe provvedere al benessere ed alla guida materiale dei sudditi, il papa dovrebbe essere la loro guida spirituale. Le due autorità derivano direttamente da Dio e sono autonome (nessuna delle due può accampare diritti sull’altra). È un modello utopico ancora tipicamente medievale, mentre la realtà politica andava verso la formazione degli stati nazionali e, in ambito italiano, regionali.

Altri trattati hanno avuto origine da occasioni specifiche:

  • tredici Epistole, in latino, scritte anche per conto di chi lo ospitava. Di particolare rilievo è l'epistola XIII, scritta tra il 1316 e il 1320, per accompagnare l'invio e la dedica del Paradiso a Cangrande della Scala. Essa contiene le uniche indicazioni offerte da Dante per interpretare la sua opera maggiore e ripropone la teoria (presente nel Convivio) dei diversi livelli su cui si può e si deve intendere la Commedia (come ogni testo letterario).
  • due Egloghe, in esametri latini di tipo virgiliano che riconfermano la dignità della poesia in volgare
  • la Quaestio de aqua et terra (Discussione sull'acqua e sulla terra), una conferenza scientifico-filosofica (tenuta a Verona nel 1320) su un tema che suscitava grande interesse tra i dotti del tempo, cioè come le terre siano emerse dall'acqua. Dante sostiene che le sfere della terra e dell'acqua non sono concentriche.

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vedi anche:
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