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Lucano

"Dietro una maschera di temerarietà spesso si nascondono grandi paure" - (Lucano)

- Lucano -
Marco Anneo Lucano - (39 – 65) - Nipote del filosofo Seneca, nacque a Cordova, in Spagna, nell'anno 39. Nel 40 si trasferì con la famiglia a Roma dove ebbe come maestro lo stoico Anneo Cornuto, alla cui scuola conobbe Persio, con il quale strinse amicizia. Intellettuale brillante, entrò alla corte di Nerone, e per un certo periodo fu intimo amico del principe. Per concessione del principe, il poeta ricoprì la questura prima dell'età minima prevista, entrando a far parte del collegio degli auguri.

Ai Neronia del 60 Lucano recitò delle laudes del principe, composte per l'occasione e, forse nello stesso anno, pubblicò i primi tre libri del poema Bellum civile (oPharsalia o anche Farsaglia). Il nostalgico repubblicanesimo che Lucano esprimeva nel suo poema causò una brusca rottura con l'imperatore. Il poeta, caduto in disgrazia, fu coinvolto nella congiura pisoniana, fu scoperto e ricevette, come molti altri, l'ordine di darsi la morte. Lucano si tolse la vita il 30 aprile del 65, a meno di ventisei anni.

Il nome di Lucano viene talvolta accostato anche alla filosofia dei druidi, gli antichi sapienti celti, se è vero che egli ebbe modo di esprimersi così riferendosi a loro:

"A voi solo è dato sapere la verità sugli dèi e sulle divinità del cielo... Vostra dimora sono le macchie più riposte delle foreste più remote. Voi insegnate che le anime non cadono nelle silenti sedi dell'erebo o nei pallidi regni del sotterraneo Dite, ma che lo spirito passa a reggere altre membra in un altro mondo: la morte, se è vero ciò che insegnate, è il punto intermedio di una lunga esistenza".

Table of contents
1 Opere
2 Pharsalia
3 L'elogio di Nerone e l'evoluzione della poetica di Lucano
4 I personaggi del poema
5 Lo stile
6 Link

Opere

Di Lucano resta l'opera principale, il poema epico in esametri Pharsalia1, in dieci libri, rimasto incompiuto per la morte dell'autore: il libro X infatti, è molto più breve degli altri e si interrompe bruscamente. Nerone progettava un poema epico sulla storia romana, ma il modo in cui Lucano trattò l'argomento (la guerra civile fra Cesare e Pompeo) si risolse in un'esaltazione dell'antica libertà repubblicana e in un'esplicita condanna del regime imperiale, ponendo il poeta in una situazione ambigua.

Opere perdute: restano i titoli e scarsissimi frammenti di opere quasi certamente anteriori al poema Pharsalia: Iliacon (componimento in versi sulla guerra di Troia), Catachthònion (carme sulla discesa agli Inferi, forse un epillio su Orfeo di cui si ha notizia); De incendio urbis; una tragedia incompiuta, Medea; i Saturnalia; Silvae (raccolta di poesie di vario genere in dieci libri); le Laudes Neronis; epigrammi, libretti per pantomime, declamazioni.

Il numero e la varietà delle composizioni di cui si ha notizia indicano un’eccezionale precocità artistica, unita a una notevole versatilità. Dai titoli delle opere perdute trapela l’adesione ai gusti e alle direttive neroniane: antichità troiane e poesia di intrattenimento, ricca di spunti occasionali e raffinata nella fattura.

Pharsalia

Libro I - Dopo l'esposizione dell'argomento del poema, e un lungo elogio di Nerone, Lucano passa ad esporre le cause della guerra. Segue la narrazione del passaggio del Rubicone da parte di Cesare, e del terrore che si diffonde a Roma alla notizia del suo avvicinamento. Una serie di presagi annunzia la catastrofe incombente.

Libro II - Lamenti dei Romani che ricordano il precedente conflitto civile tra Mario e Silla e giungono alla consapevolezza che quello fra Cesare e Pompeo sarà ben più terribile. Dibattito notturno fra Bruto e Catone: è giusto astenersi da un conflitto che comunque si risolverà col dominio assoluto del vincitore, o è invece consigliabile schierarsi dalla parte di Pompeo, nella speranza di condizionarlo? Catone persuade Bruto a scegliere la seconda alternativa. Sotto la pressione delle legioni di Cesare, Pompeo fugge dall'Italia.

Libro III - Appare in sogno a Pompeo l'ombra della sua prima moglie, Giulia, figlia di Cesare, per minacciargli terribili sciagure. Cesare entra in Roma e si impadronisce del tesoro pubblico. Pompeo raduna gli alleati, soprattutto orientali, del quali Lucano fornisce un lungo elenco, alla maniera del cosiddetto catalogo delle navi dell'Iliade. Il teatro della guerra si sposta quindi a Marsiglia assediata da Cesare. Battaglia navale fra i Marsigliesi e l'esercito di Cesare.

Libro IV - Azioni di Cesare in Spagna. Eroismo di un pompeiano, che a capo di una esigua coorte sostiene l'attacco di molti nemici. Morte in Africa di Curione, un giovane partigiano di Cesare, sconfitto dalle truppe numidiche.

Libro V - Il senato, esule da Roma, si riunisce in Epiro. Un pompeiano, si reca a consultare l'oracolo di Delfi, ma il responso resta ambiguo. Dopo aver domato un tentativo di ribellione, Cesare porta le proprie legioni in Epiro. Irritato per gli indugi di Antonio, che tarda a seguirlo con la restante parte dell'esercito, Cesare cerca di raggiungerlo passando di nuovo il mare in incognito, su una barchetta, ma una furiosa tempesta lo risospinge a terra. Pompeo mette al sicuro la moglie Cornelia nell'isola di Lesbo: dolore dei due sposi per la forzata separazione.

Libro VI - Pompeo è rinchiuso e assediato a Durazzo col suo esercito. Gli eserciti di Pompeo e di Cesare raggiungono la Tessaglia, che sarà teatro dello scontro definitivo. Sesto, uno dei figli di Pompeo, si reca a consultare la maga Erittone richiama in vita un soldato caduto in battaglia, il quale rivela a Sesto Pompeo la rovina che incombe su di lui, sulla sua famiglia, e su tutto l'ordinamento politico di Roma.

Libro VII - Pompeo rivede in sogno i trionfi del suo passato. Si tiene il consiglio di guerra: Pompeo sconsiglia il combattimento, ma è sopraffatto dalla volontà dei suoi partigiani, tra cui Cicerone. Preparativi della battaglia di Farsàlo: Cesare e Pompeo arringano i soldati. Svolgimento della battaglia, e vittoria di Cesare; eroica morte del pompeiano Domizio Enobarbo, antenato di Nerone. Pompeo fugge. Cesare rifiuta gli onori funebri ai caduti. Durante la notte funeste visioni turbano il suo sonno.

Libro VIII - Ripresa con sé Cornelia, Pompeo suggerisce ai suoi di proseguire la lotta con l'aiuto dei Parti, ma la proposta viene respinta. Pompeo fugge in Egitto, dove spera di trovare rifugio, ma il re Tolomeo, dietro consiglio dei suoi cortigiani, lo fa uccidere al suo arrivo. Il corpo decapitato di Pompeo è abbandonato sul litorale.

Libro IX - Dopo la morte di Pompeo, Catone assume il comando dell'esercito repubblicano, e attraversa il deserto libico affrontando pericoli di ogni sorta. Cesare arriva in Egitto, dove gli è offerta la testa di Pompeo; il generale vittorioso finge un cavalleresco sdegno per la proditoria uccisione del rivale.

Libro X - Ad Alessandria Cesare visita la tomba di Alessandro Magno, quasi un suo "maestro" di tirannide. Fastoso banchetto alla presenza di Cleopatra e lunga discussione sulle sorgenti del Nilo col sacerdote egiziano Acòreo. Gli Alessandrini tentano una sollevazione contro Cesare: a questo punto il poema s’interrompe bruscamente.

La critica antica, ha deplorato nel poema di Lucano una serie di innovazioni all'interno del genere epico: l'abuso di sentenze, che avvicina lo stile del poema a quello oratorio, la rinuncia agli interventi delle divinità ed un ordine della narrazione quasi annalistico, tipico più delle opere storiche che di quelle poetiche. La perdita delle fonti storiografiche di Lucano (i libri di Livio sulle guerre civili e le Storie di Seneca il Vecchio) impedisce di verificare se egli abbia seguito le proprie fonti fedelmente o se il rispetto scrupoloso della fonte storica sia stato sacrificato alle deformazioni della verità a fini ideologici, soprattutto per quel che riguarda Pompeo, Cesare e i rispettivi sostenitori.

La critica a Lucano presuppone, da parte degli antichi come dei moderni, un confronto con l'Eneide poiché la Pharsalia è quasi un’anti-Eneide. Il poema epico di Lucano stravolge le caratteristiche proprie della tradizione letteraria del genere fin dai tempi di Nevio (270 AC-201 AC}}) e di Ennio ([[239 AC - 169 AC), infatti, da esaltazione delle glorie dello Stato, l’epica diviene indignata denuncia della guerra civile, dell'ingiustizia e del sovvertimento di tutti i valori morali.

L'introduzione di contenuti radicalmente nuovi avviene attraverso il confronto polemico con il passato. Lucano confuta il modello virgiliano mediante una sorta di ribaltamento delle sue affermazioni, una ripresa in chiave polemica d'espressioni e situazioni virgiliane. È come se Virgilio, nell'Eneide, avesse perpetrato un inganno, coprendo con un velo di mistificazioni la fine della libertà romana e la trasformazione dell'antica res publica in tirannide.

Lucano sembra proporsi di smascherare l'inganno, di scrivere un poema che non giustifichi il potere del principe ricorrendo ad antiche favole religiose, ma mostri al contrario come il regime imperiale sia nato dalle ceneri della libera res publica. La via che Lucano sceglie per sconfessare Virgilio è in primo luogo il mutamento dell'oggetto: non si tratta di rielaborare racconti mitici, ma di esporre, con sostanziale fedeltà, una storia recente e ben documentata e conosciuta. Tale scelta programmatica di fedeltà al "vero" storico spiega la rinuncia agli interventi delle divinità che indignò la critica antica.

In ogni caso, l'opera innovatrice di Lucano conobbe subito vasto favore. Tuttavia il rapporto di Lucano col modello è molto più complesso, poiché lo stesso Virgilio presentava aspetti ambigui e contraddittori: quel Virgilio che a Lucano poteva apparire come il cantore, compromesso e convinto, dell'"ottimismo" ideologico augusteo, era lo stesso che nelle Georgiche aveva lamentato l'orrore delle guerre civili, mentre, nell’Eneide, alla concezione provvidenziale della storia s'accompagna la commiserazione per le vittime innocenti del fato. In Lucano fino dai primi versi della Pharsalia ogni illusione provvidenziale appare irrimediabilmente crollata.

L'elogio di Nerone e l'evoluzione della poetica di Lucano

È probabile che il pessimismo di Lucano sia maturato progressivamente nel corso della stesura del poema: in una fase iniziale, con l'avvento al potere di Nerone, Lucano forse sperò in un rinnovamento politico-sociale. La polemica antivirgiliana incomincia a delinearsi già dai versi immediatamente successivi al proemio, dove le allusioni a Virgilio hanno una valenza negativa. Nell'epos di Virgilio il tema storico delle guerre civili è proiettato in un passato mitico e solo adombrato nel remoto conflitto fra Troiani e Latini, destinati, però, a fondersi in un unico popolo.

Lucano, invece, ripropone il conflitto nella realtà storica, presentandone le deleterie conseguenze sulla storia successiva. Nonostante ciò, nel proemio, la comparsa di Nerone è interpretata come una compensazione per le sciagure provocate dal conflitto civile. L'elogio di Nerone riprende da Virgilio una serie di motivi rivolti alla glorificazione dei principe. L'attribuzione a Nerone di tratti augustei era diffusa nella letteratura del tempo, per Lucano, tuttavia, il nuovo Augusto è migliore del primo e tesserne l'elogio implica una velata polemica con Virgilio.

Nel resto dell'opera Nerone non è più nominato. L'impostazione dei primi tre libri del poema (i soli pubblicati dall'autore) presenta analogie con il De clementia e l' Apokolokyntosis di Seneca dove la conciliazione del principato e della libertà è ancora considerata possibile con un ritorno alla politica filosenatoria di Augusto. L'elogio di Nerone suona come una nota stridente, anche se Pompeo conquista progressivamente la saggezza, mentre l'avversione nei confronti di Cesare è costante fin dall'inizio del poema.

Nel seguito del poema il pessimismo di Lucano diviene estremo, e approda ad un  "antimito" di Roma, il mito del suo tracollo, della inarrestabile decadenza, che si contrappone a quello virgiliano dell'ascesa della Città da umilissime origini. La Pharsalia si articola intorno a una serie di profezie che rivelano non le future glorie di Roma, ma la rovina che l'attende. Lucano rovescia sistematicamente il modello virgiliano. La scelta di Sesto Pompeo a destinatario della rivelazione si spiega col fatto che Lucano ha inteso collegare la stirpe di Pompeo al mito della rovina di Roma, come Virgilio aveva collegato la gens Iulia a quello della sua ascesa gloriosa. Per di più Sesto Pompeo, figlio degenere ed empio, rappresenta per molti rispetti un rovesciamento del pio Enea.

I personaggi del poema

La Pharsalia non ha, come l'Eneide, un personaggio principale. L'azione del poema ruota soprattutto intorno alle personalità di Cesare, di Pompeo e, nell'ultima parte, di Catone Uticense. Cesare domina a lungo la scena con la sua malefica grandezza, spesso guidato dalla temerarietà, egli assurge a incarnazione del furor che un'entità ostile, la Fortuna, scatena contro l'antica potenza di Roma.

Cesare, l'"eroe nero" del poema, rappresenta il trionfo di quelle forze irrazionali che nell'Eneide erano domate e sconfitte: furor, ira, ferocia, crudeltà e una colpevole volontà di farsi superiore allo Stato sono le passioni che maggiormente agitano il suo animo. Sono i tratti tipici del tiranno, presenti già nella tragedia romana arcaica e riproposti nel teatro di Seneca. Nella Pharsalia Lucano spoglia Cesare del suo attributo principale, la clemenza verso i vinti, a costo di stravolgere la verità storica (come quando gli fa decidere di lasciare insepolti i caduti di Farsàlo).

Alla frenetica energia di Cesare si contrappone una relativa passività di Pompeo: un personaggio in declino, affetto da una sorta di senilità politica e militare. Tale caratterizzazione serve tuttavia, in modo abbastanza paradossale, a limitare le responsabilità dì Pompeo, infatti, la smodata brama di potere di Cesare è la principale responsabile della catastrofe che porta Roma alla rovina. Lucano fa di Pompeo un alter ego di Enea, ma a Pompeo il destino si mostra avverso ed egli diviene una figura tragica, l'unica che, nello svolgimento del poema, subisce una evoluzione psicologica.

La Pharsalia rappresenta, infatti, il precipitare di Pompeo dai vertici più alti, mentre la Fortuna, un tempo favorevole, gli si rivolge contro. Alla progressiva perdita di autorevolezza in campo politico fa riscontro, in Pompeo, un ripiegamento nella sfera del privato, degli affetti familiari, in contrasto con l'atteggiamento egocentrico di Cesare. Lucano insiste nel mostrare l'attaccamento di Pompeo verso i figli e soprattutto verso la moglie. Alla fine, abbandonato dalla Fortuna, Pompeo va incontro a una sorta di "purificazione": diviene consapevole della malvagità del fato e comprende che la morte in nome di una causa giusta è l'unica via di riscatto morale. Tale consapevolezza, che per Pompeo è frutto di una lunga e dolorosa conquista, costituisce invece per Catone un solido possesso fin dalla sua prima apparizione nel poema.

Lo sfondo filosofico della Pharsalia è indubbiamente di tipo stoico, ma nel personaggio di Catone si consuma la crisi dello stoicismo tradizionale, che garantiva il dominio della ragione nel cosmo, e della provvidenza divina nella storia. Di fronte alla consapevolezza della malvagità del fato, che vuole la distruzione di Roma, diviene impossibile, per Catone, l'adesione spontanea alla volontà del destino (o degli dei) che lo stoicismo pretendeva dal saggio. Matura così la convinzione che il criterio della giustizia risiede esclusivamente nella coscienza del saggio. Catone non si sottomette più alla volontà del destino, il saggio non mantiene la propria tradizionale imperturbabilità di fronte agli eventi e si impegna nella guerra civile, con piena consapevolezza della sconfitta alla quale va incontro e della conseguente necessità di darsi la morte, l'unico modo che gli resta per continuare ad affermare il diritto e la libertà.

Intorno ai tre personaggi principali si muove una serie di figure minori, la cui caratterizzazione è condizionata dall'appartenenza all'uno o all'altro degli schieramenti in lotta: molti dei pompeiani e dei catoniani sono presentati come combattenti valorosi anche se sfortunati. Spicca fra le altre la figura di Domizio Enobarbo, che Lucano caratterizza come un eroe, in contrasto con la realtà storica (a Farsàlo fu ucciso durante la fuga), ma non è chiaro se questa deformazione corrisponde alla volontà dì adulare Nerone, il quale era un discendente di Enobarbo. L'esercito di Cesare è, al contrario, costituito per lo più da esseri crudeli, assetati di sangue, legati al loro capo da un asservimento psicologico e dall'avidità di bottino e anche quando ne presenta singoli atti di eroismo, il poeta non manca di sottolineare l'ingiustizia della causa per cui essi combattono.

Tra i personaggi femminili si distingue Cornelia, la moglie di Pompeo, la quale incarna il ritratto dell'assoluta fedeltà e devozione al marito, con cui condivide fino in fondo le avversità della sorte.

Lo stile

La Pharsalia è caratterizzata da un'incalzante ritmo narrativo dei periodi, che si susseguono lasciando debordare parti della frase oltre i confini dell'esametro (enjambement): così l'urgenza concitata dei pensieri si rispecchia nel continuo enjambement e la sintassi delle parole aspira ad uscire dai vincoli dello schema esametrico imprimendo un'eccezionale tensione espressiva al verso. Per la ricerca continua del pathos e del sublime, lo stile di Lucano ha molti punti di contatto con quello delle tragedie di Seneca, inoltre Lucano è incline ai paradossi e la fluidità del verso è spesso sacrificata alla sentenziosità. Il poeta è onnipresente, per giudicare e, spesso, per condannare, da ciò deriva l'inusitata frequenza, nella Pharsalia, delle apostrofi e degli interventi personali del poeta a commento degli eventi.

Lo stile di Lucano di rado conosce dominio e misura, ma non è solo frutto dell'adesione alle mode letterarie del tempo, né intende solo compiacere il gusto delle sale di declamazione, infatti, l'epica di Lucano nasce dall'impegno e dalla passione del giovane poeta. La tradizione epica aveva costruito un linguaggio complesso per narrare i grandi ideali di Roma: tenacia, equità, forza d'animo, resistenza, capacità di sacrificio, rispetto per la divinità e per la giustizia, culto dello Stato e lealtà alle sue leggi. Valori fondamentali che, interpretati dal linguaggio epico-eroico, si trasformavano in emozionanti racconti poetici, dove gli eroi, che impersonavano quei valori, diventavano veri e propri modelli di virtù. Lo stile solenne di tali poemi, che significativamente si servivano di una lingua dalle coloriture arcaiche, faceva dell'epos la più alta forma di espressione poetica.

Le imprese conservate nel ricordo collettivo, o quelle più recentemente vissute, diventavano i momenti culminanti di un racconto edificante che sapeva accordare il mito con la storia, ma lo sviluppo degli eventi aveva tradito quel mondo ideale e tolto credito alle forme letterarie che lo raccontavano. Lucano più che tentare una rifondazione del linguaggio epico, cerca un rimedio nell'ardore ideologico con cui ne denuncia la crisi, la presenza di un'ideologia politico-moralistica diventa assillante, invade il suo linguaggio, è gridata e ostentata, fino a ridursi ad una retorica che non è vana artificiosità ornamentale, bensì ricerca per ritrovare la sua autenticità.

Link

link esterno:

1: il testo indicato (nella versione originale in latino) è disponibile su biblio-net.com

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(Vedi: Portale Filosofia | Progetto Filosofia)


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