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Satire (Orazio)

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Le Satire sono un componimento del poeta latino Orazio articolato in argomenti letterario–programmatici, che vanno dal commiato, al proemio, a riflessioni sulla incontentabilità umana e l'avarizia, espressioni contro l'adulterio, financo un diario di viaggio, un ripensamento della propria condizione sociale e un resoconto dei rapporti con Mecenate, cui il primo libro (pubblicato nel 35 AC) fu dedicato. In maniera originale, la satira I, 9 è un vivacissimo mimo nel quale il poeta mette in scena se stesso alle prese con un seccatore (forse il poeta Properzio, a lui inviso). L'autore indica poi in Lucilio l’iniziatore della formula della satira. Il primo libro delle Satire fu pubblicato nel 35 AC, il secondo apparve nel 30 AC insieme agli Epodi.

Table of contents
1 Azione scenica rudimentale
2 Vizi sotto la lente
3 Epicureismo
4 Ricerca morale
5 Diatriba

Azione scenica rudimentale

L'antica satura drammatica (definizione del poeta) era un'azione scenica rudimentale, accompagnata dal flauto, con mimica, danza e interventi buffoneschi. Anche Ennio (239 AC - 169 AC) scrisse satire che, probabilmente, erano caratterizzate dalla varietà di metro, stile, contenuto e che contenevano spunti autobiografici, riflessioni moraleggianti, aneddoti, favole, dialoghi (elementi presenti anche nei poeti satirici successivi), ma Orazio non nomina Ennio.

Lucilio è identificato come colui che ha fissato i tratti costitutivi della poesia satirica, soprattutto per la scelta dell'esametro come forma metrica della satira; inoltre Lucilio aveva usato la satira come strumento dell'aggressione personale e della critica mordace, per rappresentare la società contemporanea, soprattutto il ceto dirigente. Nella sua poesia era presente una grande varietà di temi e di interessi: polemiche letterarie, discussioni filosofiche, questioni linguistiche o grammaticali, lettere, conversazioni, importante era l'elemento autobiografico. La satira luciliana ospitava fatti, personaggi e osservazioni connesse alla vita del poeta, anche in ciò Orazio è consapevole di raccogliere l'eredità del maestro.

Nella coscienza letteraria di Orazio, la sua satira è "luciliana" perché da Lucilio media l'aggressività e l'elemento autobiografico; ma Orazio non sottovaluta le differenze che lo separano dal maestro e rileva soprattutto quelle relative allo stile, criticando in Lucilio la sciatta facilità. Importanti differenze sono presenti però anche nella forma dei contenuti. In Lucilio, che pure dedicava attenzione ai temi della riflessione morale, non era chiaro il rapporto tra diàtriba (dibattito filosofico) ed aggressività, mentre nella satira di Orazio è caratteristico il collegamento di tali componenti, infatti, in Orazio, l'attacco personale è sempre collegato ad una intenzione di ricerca morale.

Vizi sotto la lente

Al piacere gratuito dell'aggressione (vivace in Lucilio) Orazio sostituisce l'esigenza di analizzare i vizi (gli eccessi, la stoltezza, l'ambizione, l'avidità, l'incostanza) mediante l'osservazione critica e la rappresentazione comica delle persone. Orazio non si propone di convertire gli altri a un modello precostituito di virtù, né di riformare il mondo, ma soltanto di individuare una strada per se stesso e per un gruppo ristretto di amici. In questo senso la satira oraziana è intimamente collegata, più ancora della lirica, al circolo di poeti, letterati e uomini politici che si raccoglievano intorno a Mecenate. Lucilio attaccava con asprezza i cittadini eminenti, avversari di cui condivideva la condizione, ciò non sarebbe stato possibile al figlio di un liberto, ma per trarre insegnamento dalla condotta dei propri simili criticandone gli errori non è necessario scegliere bersagli di elevato livello sociale.

Orazio guarda piuttosto a un piccolo mondo di irregolari (cortigiane, parassiti, artisti, imbroglioni, filosofi di strada, affaristi, popolo minuto), impara da chi gli sta vicino, da quelli che incontra per strada. Orazio rivendica con orgoglio la componente italica e contadina della sua saggezza, la sua morale ha radici nel buon senso tradizionale, ma anche nelle filosofie ellenistiche, che giungono ad Orazio anche attraverso il filtro della diàtriba (la tradizione di letteratura filosofica popolare, illustrata da dialoghi e aneddoti).

Epicureismo

L'epicureismo è la tradizione filosofica che ha maggiore autorità nella satira di Orazio. Gli obiettivi fondamentali della ricerca oraziana sono l'autosufficienza interiore, la moderazione, il giusto mezzo. La ricerca morale non caratterizza soltanto le satire in cui è sviluppata, alla maniera della diàtriba, una discussione (con argomenti, obiezioni, esempi, aneddoti) su uno specifico problema, ma anche quelle in cui il poeta, sul modello del Lucilio "autobiografico", rappresenta una scena, racconta un episodio, descrive una situazione. In questi casi, l'interesse morale non è separabile dalla rappresentazione stessa, infatti, è la lente attraverso cui il poeta osserva fatti e personaggi (es.: satira del seccatore), in qualche caso in cui diàtriba e rappresentazione sono coniugate in un medesimo componimento.

Ricerca morale

Nella prima raccolta di satire, il meccanismo fondamentale consisteva nel confronto fra un modello positivo (l'obbiettivo della ricerca morale del poeta) e tanti modelli negativi (i tipi della società romana che sono bersaglio di aggressione comica). La coincidenza fra il poeta e la "voce satirica" (che argomenta e confuta) assicura un punto di riferimento alla ricerca morale. Nella seconda raccolta, invece, si riduce l'elemento rappresentativo-autobiografico e nelle satire argomentative domina la forma del dialogo, inoltre, il ruolo dominante non spetta più al poeta, bensì all'interlocutore.

Ora che il poeta si ritira in secondo piano, tutti gli interlocutori sono depositari di una loro verità, ma il poeta non ritiene più la satira un mezzo ricerca morale atto ad individuare un sistema di condotta soddisfacente. Orazio non rappresenta più la propria capacità di vivere fra la gente senza perdere la propria identità morale e permette ai suoi interlocutori di denunciare le debolezze e le incoerenze delle sue scelte.

La satira è, per Orazio, letteratura vicina alla prosa, distinta da questa solo per il vincolo del metro, ma lo stile delle Satire non è facile improvvisazione. Il linguaggio della conversazione colta, che il poeta si propone di riprodurre, è quello adeguato ad esprimere le confidenze di un uomo di mondo, elegante ed istruito e quindi, esige cure raffinate e pazienti. Tale esigenza è avvertita da Orazio con chiarezza programmatica ed è il solo punto in cui egli tiene a distinguersi da Lucilio. Orazio mira a una lingua disciplinata e semplice.

Diatriba

Di fronte allo stile rigoglioso e "fangoso" (lutulentus) di Lucilio, che dava spazio alla più colta parodia letteraria, ma anche alla durezza del sermo vulgaris, Orazio cerca quindi di ottenere effetti vigorosi con la sobrietà dei mezzi espressivi. Il poeta chiede alla satira concentrazione, duttilità e varietà. Lo stile delle Satire si modella docilmente sui soggetti (familiare, grave e oratorio, solenne e poetico, a volte ironicamente solenne), o mostra un’apparente negligenza prosastica (ripetizioni, costruzioni libere, giustapposizione di incisi).

Per l'andamento complessivo dell'argomentazione, Orazio ha imparato dall'efficace eloquenza popolare della diatriba: coinvolge gli interlocutori, anticipa le obiezioni, introduce scene drammatiche, esempi del mito o della storia, parodie, aneddoti, giochi di parole.


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