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Indice dei libri proibiti

L'Indice dei libri proibiti (o Index librorum prohibitorum) fu soppresso nel 1966, circa quattrocento anni dopo la sua istituzione, avvenuta nel 1559, per opera della Santa Congregazione dell’Inquisizione romana (dal 1908 poi trasformata nel Sant'Uffizio). Al momento della nascita dell'index il era Papa Paolo IV, che fu tra l'altro l'istitutore del ghetto ebraico di Roma.

Lo scopo precipuo dell'indice era quello di ostacolare la possibile contaminazione della fede e la corruzione morale attraverso la lettura di scritti il cui contenuto veniva considerato dall'autorità ecclesiastica non corretto sul piano strettamente teologico se non addirittura immorale.

Destinati a finire nell’Indice erano anche volumi (non autorizzati) che trattavano di massoneria o inquisizione, incluse le versioni non cattoliche del Nuovo Testamento. Della prima lista di libri messi all'indice facevano parte il Decameron di Giovanni Boccaccio, Il Principe di Niccolò Machiavelli ed Il Novellino di Masuccio Salernitano.

Nei quattro secoli di vita l'index è stato aggiornato almeno venti volte (l'ultima nel 1948). Secondo la legge canonica le forme di controllo sulla letteratura dovevano essere principalmente due: una prima, di censura preventiva, che poteva concedere il classico imprimatur ai libri redatti da cattolici su tematiche riguardanti la morale o la fede; una seconda, di aperta condanna, per volumi considerati offensivi: quest'ultima prevedeva l'inserimento nell' index dei libri incriminati.

Le competenze per la compilazione e l'aggiornamento dell'index passarono a partire dal 1917 al Sant'Uffizio che nel 1965, sotto Papa Paolo VI, poco prima che l'indice venisse soppresso, prese il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede, sempre con lo scopo di promuovere comunque l'ortodossia cattolica.

L'elenco degli autori di scritti il cui nome è comparso nell' index librorum prohibitorum è quanto mai ampio e variegato e comprende, fra gli altri, nomi della letteratura, della scienza e della filosofia come Honoré de Balzac, Cartesio, Charles Darwin, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas (padre) e Alexandre Dumas (figlio), Gustave Flaubert, Victor Hugo, Immanuel Kant, Montaigne, Montesquieu, Blaise Pascal, Pierre-Joseph Proudhon, George Sand, Stendhal, Voltaire, Emile Zola.

Tra gli italiani finiti all'indice - scienziati, filosofi, pensatori, scrittori - vi sono Pietro Aretino, Cesare Beccaria, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Antonio Fogazzaro, Ugo Foscolo, Giovanni Gentile, Francesco Guicciardini, Giacomo Leopardi, Ada Negri, Girolamo Savonarola, Luigi Settembrini, Niccolò Tommaseo e Pietro Verri. Ultimi ad entrare nella lista sono stati Simone de Beauvoir, André Gide, Jean-Paul Sartre e Alberto Moravia.

Buona parte dei documenti relativi all'istruzione dei procedimenti furono trafugati a Parigi dalle truppe napoleoniche nel periodo che va dal 1809 al 1814 e durante il pur breve periodo della Repubblica Romana (1849); tuttavia, l'archivio della Congregazione della Fede fu ricostruito ed è a tutt'oggi intatto; dal 1998, dietro richiesta motivata, è consultabile pubblicamente.

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