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Ugo Foscolo

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Niccolò Ugo Foscolo (6 febbraio 1778, Zante – 10 settembre 1827, Turnham Green, Londra), poeta italiano.

=La vita= Ugo Foscolo nacque a Zante da Diamantina Spathis e Andrea Foscolo (chirurgo di Vascello e dal 1874 direttore dell’ospedale di Spalato), ebbe una sorella e due fratelli, entrambi morti suicidi.

La morte del padre, nel 1788, lasciò la famiglia in difficoltà economiche. Lasciò l’isola natale, con i fratelli minori, nel 1792, per raggiungere la madre a Venezia. L’indigenza impedì al giovane di frequentare studi regolari ma, come autodidatta, egli assimilò una vastissima cultura.

Venezia apparve a Ugo, come una vera patria, ricca di vita intellettuale, fervida di novità e generosa si insospettate occasioni; gli offrì, nello spazio di pochi anni, curiosità ed entusiasmo letterario, facile successo amoroso con la bellissima contessa Isabella Teotocchi.

La contessa amava circondarsi di uomini di lettere: Ippolito Nievo volle chiamarla Temira, dal nome dell’eroina del Tempio di Cnido di Montesquieu, e con quel nome, Foscolo la ricorderà nell’abbozzo Sesto tomo dell’io, quale esperta introduttrice ai misteri dell’amore e attenta, allo stesso tempo, nel non lasciarsi intrappolare in una passione troppo esclusiva.

Arrivarono i primi successi letterari, prima il poemetto La giustizia e la pietà, commissionatogli per celebrare il reggente di Chioggia, poi la tragedia Tieste (rappresentata per la prima volta nel 1797).

Sostenitore delle idee rivoluzionarie venute dalla Francia, Foscolo divenne sospetto al governo della Serenissima e, nel 1796, dovette rifugiarsi sui colli Euganei, dove pose mano, secondo la moda romantica del tempo, ad un romanzo epistolare: Laura e dove compose una tragedia di ispirazione alfieriana: il Tieste. Nei sonetti dello stesso periodo compaiono i primi motivi dell’opera foscoliana. Allontanatosi da Venezia, Foscolo si recò a Bologna, dove si arruolò tra i “cacciatori italiani” della Repubblica Cispadana. Altro piccolo trionfo l’ode A Bonaparte liberatore, pubblicata nel maggio 1797 a spese della città di Bologna.

Una breve traccia-programma stesa nel 1796, ed intitolata Piano di studi ci conferma la serietà degli interessi politici, oltre che letterari, che animavano il Foscolo.

L’estate del 1797, vide la caduta della Repubblica di San Marco, e il ritorno di Foscolo a Venezia, dove assume la carica di segretario della Municipalità, riprese le sue esortazioni con l’ode Ai novelli repubblicani «contro il furore della licenza prima motrice di tirannia», composta proprio nell’ottobre in cui Napoleone Bonaparte cedeva Venezia all’Austria nel Trattato di Campoformio.

Questo “tradimento” costrinse Foscolo a rifugiarsi a Milano, chiedendo la cittadinanza della Repubblica Cisalpina. Ottenne l’incarico di redigere le relazioni dell’Assemblea legislativa sul Monitore Italiano, soppresso dopo pochi mesi (vi conobbe Parini e Monti). S’invaghì senza fortuna di Teresa Pichler, moglie di Vincenzo Monti, e fu spinto persino ad un tentativo di suicidio. Partì per Bologna, forse anche per sfuggire a quel ricordo, dove trovò impiego in tribunale, collaborò al Monitore Bolognese e al Genio Democratico, pubblicò un’opera di ampio respiro: Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Con la vittoria di Napoleone a Marengo (1800), Foscolo tornò a Milano dove fu nominato capitano ed inviato in Toscana. Qui conobbe Isabella Roncioni, già fidanzata al marchese Bartolomei. Tale situazione gli ispirò molte pagine dell’Ortis. Tornato a Milano, il poeta si innamorò di Antonietta Arese Fagnani, per la quale scrisse All’amica risanata, seconda ode celebrativa della bellezza, nella quale la Fagnani diviene dea e la Bellezza appare come unico ristoro della vita infelice.

L’esercito austro-russo invase l’Italia settentrionale, e lui si arruolò come ufficiale, combattendo a Cento, alla Trebbia, a Novi, a Genova assediata. La disgrazia sopravvenuta ad una bella signora, gli ispirò A Luigia Pallavicini caduta da cavallo. Continuò a combattere al Forte Due Fratelli e al Colle della Coronata, seguì il generale Pino in Toscana.

Tra il 1801 e il 1802, a Milano, eseguì il rifacimento di Ultime lettere di Jacopo Ortis e dove fu sottoposto alla violentissima passione per Antonietta Fagnani Arese, di cui rimane a testimonianza All’amica risanata e un fremente epistolario.

Altri lavori lo impegnarono, l’abbozzo di un romanzo autobiografico, l’orazione per il congresso di Lione, gli otto Sonetti (pubblicati nel 1802), la traduzione ed il commento alla Chioma di Berenice di Catullo, testimonianza della ricca cultura del poeta.

Tra il 1804 ed il 1806, Foscolo visse in Francia, come capitano del corpo di spedizione che avrebbe dovuto sbarcare in Inghilterra, nel frattempo studiò l’inglese ed ebbe una relazione con Fanny Emeritt, una signora inglese dalla quale ebbe una figlia, Mary (Floriana). Durante il soggiorno in Francia, Foscolo scrisse l’epistola in versi al Monti e tradusse il Viaggio sentimentale di Yorik di Sterne.

Nel 1806, con lo scioglimento del corpo di spedizione, pot ritornare a Milano, dove, un intento di critica al governo, gli ispirò Dei sepolcri. Nello stesso anno pubblicò l’”esperimento di traduzione dell’Iliade”, in cui sono raffrontate le traduzioni del primo canto realizzate da Foscolo, Cesarotti e Monti. La rievocazione dell’antica armonia della poesia, che perpetua nei secoli figure, passioni e miti, fu il sogno che Foscolo perseguì fino alla morte. Si insediò alla cattedra di eloquenza italiana all’Università di Pavia, con l’orazione inaugurale Dell’origine e dell’ufficio della letteratura nella quale ribadiva il valore civile delle lettere come banditrici della verità. Il suo non allineamento con i potenti, gli fece perdere l’insegnamento, a questo si unirono altri problemi, il mancato matrimonio con Franceschina Giovio, lo scontro con il Monti (si trattò di un malinteso, essendo stata erroneamente attribuita la Foscolo la stroncatura di un poemetto didascalico di un poeta amico del Monti), il fiasco dell’”Aiace”, inducendolo a ritirarsi a Firenze (1812). Nel 1813 pubblico la traduzione Viaggio sentimentale di Yorick e la Notizia intorno a Didimo Chierico oltre ad una terza tragedia, la Ricciarda, e il carme Le Grazie.

Nel 1813, dopo la sconfitta napoleonica a Lipsia, Foscolo tornò a Milano ed indossò nuovamente la divisa, agli ordini di Eugenio Beauharnais. Il 6 aprile 1814, Napoleone abdicò ed il giorno seguente il Beauharnais concluse l’armistizio ed il Regno Italico cadde. Il maresciallo austriaco Bellgarde assicurò Foscolo della propria amicizia e lo inviò a fondare un giornale letterario. Nel 1815, Foscolo, che nel frattempo aveva preparato il programma del giornale, avrebbe dovuto, come ex ufficiale, indossare la divisa austriaca; per evitare di servire il governo austriaco il poeta partì in volontario esilio. Non avrebbe mai pi rivisto l’Italia. Si recò in Svizzera, fermandosi a Zurigo, dove ristampò l’Ortis, pubblicò i Vestigi della storia del sonetto italiano e condusse a termine l’Ipercalisse contro i propri nemici (Didymi Clerici prophetae minimi hypercalipses liber singularis, pubblicato in 104 copie di cui dodici con le chiavi delle allusioni) ed i Discorsi delle servit d’Italia (incompiuti).

Nel 1816, essendo ricercato come disertore, lasciò la Svizzera e raggiunse Londra, dove sperò di aver trovato fama e riposo. Presto sopravvennero difficoltà economiche, ed egli, per superarle, cominciò a collaborare ad alcune riviste letterarie inglesi. L’opera maggiore del periodo inglese Lettere scritte dall’Inghilterra, scritto noto anche come Gazzettino del bel mondo. Notevole fu l’attività critica, di cui sono testimonianze i quattro Saggi sopra il Petrarca (1821) ed il Discorso sul testo della commedia di Dante (1825). A Londra il poeta ritrovò la figlia naturale Floriana (Mary) che lo assistette fino alla morte, avvenuta nel 1827 a Turnham Green presso Londra.

=Le opere=

Table of contents
1 Primo periodo (1796–1803)
2 Secondo periodo (1803–1812)
3 Terzo periodo (1813–1827)
4 Didimo Chierico (1813)

Primo periodo (1796–1803)

Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Romanzo epistolare che si presenta in forma essenzialmente romantica. Emergono le due passioni dominanti in Foscolo: la Patria e la donna, ovvero lo stoicismo eroico e lo spirito idilliaco e sentimentale. L’Ortis , infatti, un romanzo d’amore e di patriottismo, nel quale il Foscolo adombrato dalla figura di Jacopo, mentre le esperienze sentimentali del poeta sono adombrate dall’Amore di Jacopo per Teresa (Firenze - amore per la Roncioni, già fidanzata ) spesso intercorre una stretta correlazione tra l’Ortis e l’Epistolario (lettere alla Arese) il romanzo, pur intessuto di belle pagine e di profonde meditazioni, risulta prolisso e pi simile ad un poemetto in prosa che non ad un vero romanzo, eppure esso costituisce il primo vero romanzo della letteratura italiana. Nuoce all’unità ideale dell’opera il duplice carattere di Jacopo – Ugo che, per un verso, eroico, impetuoso, assetato di libertà, infervorato di amor patrio e, per un altro verso, sentimentale, snervato, idilliaco, pronto ad illanguidirsi, spesso enfatico e declamatorio. Frequente nella critica letteraria e` il confronto con "I dolori del giovane Werther" di Goethe .

Le Odi

  • Per Luigia Pallavicini caduta da cavallo – (1799 - assedio di Genova)
  • All’amica risanata (1802 – per Antonietta Arese Fagnani)
Nelle due odi l’arte del Foscolo si libera degli atteggiamenti romantici e si orienta verso la contemplazione della Bellezza. In tale considerazione, però, il Classicismo domina pi come scuola che come spirito ed , quindi, puramente formale. La prima ode (alla Pallavicini) ha immagini di plastica bellezza, come nel pauroso impennarsi del cavallo, che immagine pi scultorea che dinamica, pur nella potenza figurativa (vedi commento). L’altra ode, dedicata alla Fagnani Arese, pi matura e, pur presentando ancora riferimenti mitologici, rivela una sincera sensualità, mentre la donna vagheggiata dal poeta vibra nella sua procace, pur se composta, bellezza ed i sensi ne sono turbati.

I sonetti

Al primo periodo appartengono anche i sonetti, alcuni dei quali assai modesti, come quello Per la morte del padre e Per la sentenza capitale contro la lingua latina, altri hanno una compostezza classica, come A Firenze e Alla Musa, altri ancora esprimono il travaglio profondo dell’anima del Foscolo: A Zacinto, Per la morte del fratello Giovanni, Alla sera. I dodici pi importanti sonetti segnano il trapasso al secondo periodo artistico del Foscolo e negli ultimi quattro (a Zacinto, alla Musa, in morte del fratello Giovanni, alla sera) v’ già la sconsolata mestizia del Byron e del Leopardi. Il culto della bellezza, ellenica, proprio delle Odi, nei sonetti si stempera nel rimpianto desolato dell’uomo moderno, esule di terra in terra, tormentato e scontento di se stesso. Nel sonetto a Zacinto il tema del desiderio struggente per la patria lontana svolto con una tenue nota di rimpianto e con prospettiva nettamente romantica, mentre il sonetto alla sera nel quale effonde l’inimitabile poesia del silenzio e dell’infinito, certamente precorre la malinconia leopardiana.

Secondo periodo (1803–1812)

I sepolcri – (1806–1807)

Il carme, dedicato ad Ippolito Pindemonte, prese occasione dall’editto di St. Cloud (1804), con il quale si ordinava che le sepolture fossero poste fuori dell’abitato (prima erano accanto alle chiese) e con lapidi tutte uguali. Foscolo interpretò tale editto come una profanazione del culto antico degli antenati e del significato civile delle tombe. L’opera racchiude l’intera visione filosofica del Foscolo e profonde meditazioni sulla storia, sulla vitae sulla morte. Idee, ricordi, immagini del passato si fondono in un lirismo venato di scetticismo, che prelude alla sconsolata negazione leopardiana, pur se corretta dall’ammirazione per la virt e l’eroismo e dalla piena coscienza delle passate grandezze della Patria, nonché dalla speranza di un risveglio dell’Italia dal suo sonno secolare.

La concezione della vita in chiave materialistica e scettica, propria del Foscolo, nel carme diviene una lirica figurazione dell’umano destino e sono esaltate come realtà della vita quelle che la ragione chiama illusioni (la fede nell’aldilà, il culto dei sepolcri, la carità di patria, l’amore, la gloria), poiché, senza di esse, resterebbero solo la certezza della morte e il dubbio (tale concezione la base filosofica del carme). Per Foscolo il sentimento stimolo all’animo umano. Il poeta, non credente, dà un contenuto prettamente laico e civile al suo pensiero, che ha un preciso significato storico e politico. L’Italia, culla della civiltà e del diritto, ancora unita e potente nell’anima e nel pensiero dei suoi figli migliori e a ridarle la libertà, non sarà una potenza straniera (la Francia) bensì il risorgere delle pi gloriose tradizioni di un superbo passato. Il poeta costruisce una religione laica delle illusioni in cui la poesia svolge una funzione purificatrice, eternatrice, immortalatrice. Particolarmente importante e` la funzione immortalatrice della poesia che consegna i posteri la memoria del poeta che in qualche modo continua a vivere nel loro ricordo; e` di conforto al poeta pensare che le proprie idee saranno condivise da altri, che gli scritti e le opere di una vita non andranno perduti ma saranno letti anche in futuro, e che qualcuno terra` memoria di noi. Anche il dubbio che questo avverra`, la sola illusione e` di conforto; percio` il poeta scrive "la tomba non serva al morto,serve al vivo per illudersi che quando sara` morto anche lui verra` ricordato".

Tragedie (Tieste, Ajace, Ricciarda)

Falliscono per l’incapacità dell’egocentrico Foscolo a dar vita a caratteri credibili e complessi. La tragedia Ajace, rappresentata alla Scala, fu proibita, poiché vi si ravvisarono allusioni a Napoleone ed al suo governo. L’opera pi poesia che dramma e, pur avendo pagine bellissime, che Foscolo traspose nelle Grazie, piuttosto noiosa, i caratteri sono freddi ed il dialogo lento, anche se la verseggiatura magistrale. Ricciarda piacque ancor meno dell’Ajace: i fatti si accavallano e la vicenda, soffocata dalle unità aristoteliche, alquanto inverosimile.

Tieste (1797)

È una tragedia di stampo alfieriano nello stile e nello spirito antitirannico.

Trama - Atreo fa bere al fratello Tieste, che ha sedotto la cognata Ippodamia, il sangue del figlio nato dall’illegittima unione.

Ajace (1811)

Nell’Ajace foscoliano i caratteri dei personaggi sono assai lontani da quelli tratteggiati da Sofocle e da Omero, infatti sono rappresentativi dell’autore e del suo tempo. Ajace il Foscolo stesso, nel suo atteggiamento verso il potere e la tirannide, nella sua pietà verso i vinti, nel suo orrore per le discordie fratricide, nel suo fiero carattere. In Agamennone vi sono il cinismo e l’ambizione di Napoleone e l’odio del condottiero per chi osa contrariarlo. Nel campo greco rappresentata l’Italia discorde, asservita al despota e sacrificata alla volontà di questi. Ulisse appare assai meschino ed eccessivamente malvagio e rappresenta i detrattori perfidi e calcolatori che invidiano la fama del Foscolo. Calcante simboleggia la voce dell’umanità, solenne, dolorosa, colma della saggezza dei secoli. L’azione della tragedia povera, i personaggi non sono uomini, bensì tipi morali, privi di sfaccettature. Non mancano di contraddizioni: Ulisse estremamente meschino, moralmente inferiore, eppure ambisce alla gloria; Teucro ingenuo fino alla stupidità; Agamennone eccessivamente invidioso di Ajace ed inutilmente crudele verso i prigionieri. Anche il suicidio di Ajace che nell’antico dramma di Sofocle motivato dalla vergogna per la pazzia e dal timore ce essa torni a verificarsi, nell’opera del Foscolo trova pretesti esigui.

Trama – la tregua, stipulata fra Greci e Troiani per seppellire degnamente Achille, sta per finire. L’esercito vorrebbe che le armi dell’eroe fossero assegnate ad Ajace Telamonio il quale era stato l’unica difesa dei Greci, durante il periodo in cui Achille, irato, si era tenuto lontano dal campo di battaglia. A favore di Ajace parla il fratello Teucro. L’indovino Calcante, invece, teme che tale eredità, se concessa ad Ajace, contribuisca a dividere i Greci, infatti aspirano al possesso delle armi di Achille anche altri eroi, tra i quali Ulisse, appoggiato da Agamennone. Con il pretesto di attuare una diversione in vista dell’attacco finale alla città, Ulisse riesce ad allontanare Teucro ed i suoi dal campo, poi ottiene che Agamennone convochi un consiglio dei re, presieduto dal saggio Nestore, per aggiudicare le armi. L’assemblea incerta fra Ajace ed Ulisse, e quest’ultimo propone che i prigionieri troiani, esperti del valore dei capitani, decidano a chi destinare le armi contese. L’Itacense infatti convinto di poter facilmente imporre ai prigionieri il volere proprio e di Agamennone. Aiace si oppone ad ogni violenza sui prigionieri, suscitando la diffidenza di Agamennone che già lo sospetta a causa del suo animo altero ed insofferente della tirannide cagione delle sue nozze con la principessa troiana Tecmessa, fatta prigioniera dai Greci. Agamennone chiede come ostaggi Tecmessa ed il figlio nato dalle sue nozze con Ajace e minaccia di incendiare le tende dei prigionieri che sospetta essere traditori. La resistenza di Ajace, un residuo di lealtà in Agamennone e l’intervento di Calcante, pacificano gli animi e l’esercito riceve l’ordine di attaccare Troia. Nel frattempo Teucro ritorna al campo greco con molti prigionieri troiani, ma Ulisse riesce a convincere i Greci che Teucro ha tradito e che torna per attaccare i Greci con un manipolo di soldati troiani. L’ira dei Greci si volge contro Teucro, contro i prigionieri e contro Ajace: le armi di Achille sono assegnate ad Ulisse. Ajace, convinto dell’innocenza del fratello e non volendo provocare la strage dei suoi, si suicida, dopo aver affidato ai pi fedeli dei suoi uomini Tecmessa ed il figlio, perché li conducano in patria, a Salamina, dal padre Telamone. Teucro presso il fratello moribondo e chiarisce i fatti, raccontando che Ulisse ha fatto uccidere un messo da lui inviato al fratello. Ajace spira esortando alla concordia ed alla rassegnazione.

Ricciarda (1813)

Il dramma, che ripete il mondo sentimentale dell’Ortis, anche se con minor vigore, ebbe scarsa fortuna, ma gli giovarono le invettive di Averardo contro le discordie che dividono l’Italia. Ricciarda uno dei tanti drammi d’amore della scuola romantica, anche se imprigionato nelle unità classiche.

Trama - l’amore di Ricciarda, figlia di Guelfo, principe di Salerno per il cugino Guido, figlio dello zio Averardo, avversato dal padre. Guelfo preferisce uccidere la figlia, piuttosto che vederla sposata al figlio dell’odiato fratello, poi si uccide. Anche Guido si suicida (Guido resta per tutti e cinque gli atti nascosto in un sotterraneo del castello, ufficialmente per non abbandonare Ricciarda, in realtà per rispettare l’unità di luogo, aristotelica).

Terzo periodo (1813–1827)

Le Grazie

Il carme, nelle intenzioni del Foscolo, doveva ispirare l’opera omonima del Canova. L’opera, concepita e progettata negli anni tra il 1803 ed il 1812, non giunse mai a compimento. La fantasia del poeta riviveva in quel periodo il mondo mitico come rifugio per il proprio spirito travagliato. Nel 1813, fu pubblicata la prima redazione del carme, in un solo inno. Nel frattempo, Foscolo modificò il disegno del carme, progettando tre inni. Nel 1814, il Foscolo stese tre “sommari” che, dopo la sua morte, servirono come guida per ordinare i frammenti. Una ricostruzione fu effettuata dall’Orlandini, essa risultò però arbitraria a causa del tentativo di rendere completo il carme. Il Chiarini, invece, si convinse che il poema era rimasto incompiuto e ne rispettò la stesura frammentaria. L’opera manca, in realtà, di un legame ideale tra le parti. Il carme doveva essere composto di tre inni (a Venere, a Vesta, a Pallade) e da una preghiera conclusiva, che la sola parte compiuta. Esso celebra il mito della bellezza, concepita come simbolo di una superiore, perfetta armonia, regolatrice delle passssioni umane: l’opera espressione di un’arte finissima e formalmente perfetta, anche se frammentaria e, poiché consiste di una serie di visioni plastiche e di quadri “pittorici” slegati, risulta priva di passionalità.

Studi eruditi

Già nel primo periodo di attività, Foscolo aveva tradotto in eleganti versi sciolti la Chioma di Berenice, di Catullo, unendovi un dotto commento. Pi tardi tradusse il primo canto dell’Iliade e, qualche anno dopo, Viaggio sentimentale di Sterne. Del 1809, la prolusione al corso di eloquenza presso l’ateneo pavese L’origine e l’ufficio della letteratura con la quale sostenne la funzione educatrice della letteratura. Lo spirito del poeta, arguto, brillante, scettico e lirico insieme, si rivela nell’Hypercalipses, satira in latino biblico, pubblicata sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico e diretta contro i letterati contemporanei.

Prose e critica

Le prose pi importanti del Foscolo sono quelle letterarie, nelle quali diede alla lingua una mirabile architettura sintattica ed un gusto modernissimo. In prosa il Foscolo fu romanziere (Ortis), autobiografo (lettere, epistolario, Ortis), oratore (prolusione), critico (Discorso sulla Divina Commedia, Studio sui poemi narrativi romanzeschi italiani). Le critiche letterarie del Foscolo aprono la via alla critica moderna e da esse derivano l’opera del De Sanctis e quella del Carducci, in quanto il Foscolo fu in tale campo un pensatore veramente nuovo ed originale. Le prose del periodo inglese (scritte a scopo di guadagno collaborando con varie riviste) contribuirono a far conoscere all’estero la civiltà ed il pensiero italiani. Foscolo ebbe profonde intuizioni sull’uomo, sull’arte, sulla storia, sulla politica, sulla morale, sulla religione e fu uno dei rinnovatori della teoria della storia e della storia letteraria.). L’epistolario tra i migliori della nostra letteratura, anche se l’autore indulge eccessivamente ad un tono favoleggiante. Le prose oratorie giovanili contengono qualche compiacimento classicheggiante, mentre quelle politiche, risalenti in massima parte al periodo inglese, sono austere e di buon gusto.

Didimo Chierico (1813)

Foscolo, con i sepolcri, mira ancora d una poesia "civile", ma già matura la fase successiva nella quale il poeta supera l'ambito storico e mira ad una poesia trascendente, tale aspirazione trova riscontro nella notizia intorno a Didimo Chierico e poi nelle Grazie. Foscolo alla luce della propria esperienza esistenziale e rifiutando il ruolo di poeta del sistema, accettato dal Monti, comprende di non potersi realizzare compiutamente nell'ambito socio - politico e si volge, quindi alla poesia pura (scelta simile a quella di Montale). Didimo Chierico figura composita: Didimo pagano e letterato (filologo del I sec. a.C.), Chierico cristiano e sacerdote. Tale figura composita un nuovo alter ego del poeta, con i suoi dubbi e le sue incongruenze. Didimo un Ortis maturo, ormai giunto al disinganno: ideali e sentimenti non sono cambiati, ma l'intellettuale Didimo filtra l'esperienza del mondo attraverso la propri vicenda personale, la distanzia e, pur avvertendo la dissonanza fra sé ed il mondo, considera questo con disincanto: non freme pi per i propri ideali, bensì si limita a constatare. Alla luce di tali premesse si vede come le grazie, nate con un preciso intento didascalico, approdino ad una poesia che rifugio da tutto ciò che mediocre ed il loro mondo armonioso la risposta alla coscienza didimea della frattura fra il poeta - individuo e la società. La dimensione psicologica di Didimo opposta a quella di Jacopo: tanto l'Ortis era passionale ed emotivo, altrettanto Didimo misurato, ironico, disincantato, pur nella tensione interiore.


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